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American Life

Regia di Sam Mendes vedi scheda film

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La recensione su American Life

di Paul Hackett
6 stelle

I "thirty and something" Burt e Verona stanno per avere una bambina: amareggiati per l'egoismo dei genitori di lui e resisi conto di non avere legami che li trattengano, si mettono alla ricerca del luogo ideale in cui vivere per un viaggio che, tra incontri spiazzanti e delusioni assortite, alla fine gli regalerà una maggiore consapevolezza e serenità. Fondamentalmente, il tema di "American Life" è la dissoluzione dei rapporti affettivi e l'inferno di interni familiari, a volte drammatici, altre solo grotteschi o persino surreali (e a questo proposito è significativo come Verona, pur giurando amore eterno al suo Burt, continui a ripetergli che non lo sposerà mai, ribadendo in questo modo una secca condanna nei confronti del sistema di valori familiari tradizionali che viene chiaramente bollato come fallito, fallimentare e in grado di generare mostri, come i bizzarri parenti ed amici incontrati da Burt e Verona durante la loro quest). Lo scrittore Dave Eggers e la moglie Vendela Vida, responsabili dello script, utilizzano l'espediente del road-movie per mostrare i mille volti di un'America in crisi, ma il loro ritratto, sebbene piacevolmente intimo e dimesso, raramente risulta davvero convincente e tutto si riduce in una piatta ed un po' noiosa elencazione di poco credibili macchiette. Confesso, poi, una certa idiosincrasia nei confronti delle pellicole di Sam Mendes, che trovo mediamente pretenziose e sopravvalutate: in questo caso "American Life" ha il pregio di volare basso e di scegliere la strada di un gradevole minimalismo formale che da' vita ad un risultato globale che, se non convince del tutto dal punto di vista dei contenuti, perlomeno intrattiene piacevolmente, anche e soprattutto grazie alla bella colonna sonora (composta in prevalenza da struggenti brani del menestrello anglo-scozzese Alexi Murdoch, che spesso evocano il pallido fantasma del grande Nick Drake). Buona la prova del cast: bravi ma un po' male assortiti (lei ha ben sette anni più di lui e si vede) i protagonisti John Kasinski (marito della bella Emily Blunt, la celebre serie "The Office" nel suo curriculum) e Maya Rudolph (moglie del regista Paul Thomas Anderson, davvero incinta durante la lavorazione del film e, repetita juvant, davvero incinta nel successivo "Un week-end da bamboccioni", nel quale interpreta nuovamente una donna in avanzato stato di gravidanza). In parti di contorno da segnalare nomi di un certo pregio come Jeff Daniels, Catherine O'Hara e Maggie Gyllenhaal. Censurabile, infine, la scelta dell'edizione italiana di imporre al film un titolo che nulla ha a che vedere con quello originale ("Away we go") e che, come al solito, risulta allo stesso modo banale e fuorviante (oltre che assolutamente inesatto: perché parlare di "American Life" se Burt e Verona, nel corso del loro viaggio, toccano anche Montreal e quindi il Canada francese? NorthAmerican Life? American/Canadian Life? Oppure per noi Stati Uniti e Canada sono la stessa roba, sempre America? E poi ci lamentiamo quando gli yankees raccontano l'Italia per stereotipi). Nell'insieme una pellicola gradevole ma non del tutto risolta: tre stelle.

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