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Attenberg

Regia di Athina Rachel Tsangari vedi scheda film

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La recensione su Attenberg

di OGM
8 stelle

Una rivoluzione ha saltato a piè pari gli stadi intermedi dell’evoluzione. È accaduto in Grecia, un Paese che è passato direttamente dai pastori ai bulldozer, da una cultura rurale ad un’economia basata in buona parte sull’edilizia, senza transitare per l’era industriale. È come se la nostra specie venisse catapultata dalla primitività degli istinti all’intellettualismo più spinto, dalla schiavitù del corpo alla libertà della mente, senza attraversare il secolare conflitto tra la carne e lo spirito, tra la percezione sensibile e la speculazione astratta. I concetti possono superare la fisicità delle leggi naturali, come quelle che governano l’attrazione sessuale, la riproduzione, l’invecchiamento, la morte, la decomposizione. Marina crede di poter viaggiare oltre gli impulsi, per sottrarsi alla zoologia dell’esistenza, fino a dichiarare il proprio disgusto per tutto ciò che ci è imposto dal nostro atavico patrimonio genetico. Trova ripugnante l’idea di essere toccata da un uomo, esattamente come suo padre, malato terminale di cancro, non sopporta la prospettiva di essere sepolto nella terra e mangiato dai vermi.  Per questo motivo si accorda con la figlia, in modo che questa si rivolga ad un’agenzia specializzata per spedire il suo feretro all’estero, dove – seguendo una procedura non ancora consentita in territorio ellenico – potrà essere cremato. Lui, che di professione è architetto, preferisce la progettualità attiva, rispetto all’abbandono alle meccaniche universali, ripetitive ed uguali per tutti. Anche Marina, che ancora non conosce l’amore, lo vuole affrontare come un esperimento tecnico al quale ci si prepara con un’opportuna introduzione didattica all’argomento: per cominciare, chiede a Bella, la sua amica, di darle lezioni sulle dinamiche del bacio. Il suo piano è acquisire una competenza scientifica  su una questione che la turba a livello emotivo, con l’intento di riuscire a dominare anche quella sua irrazionale avversione. Del rapporto tra maschio e femmina ha una visione meramente strutturale, il cui tenore ricalca quello delle descrizioni fornite dai documentari sugli animali di “Attenberg” (storpiatura del cognome di David Attenborough). Anche quando alla teoria decide di far seguire la pratica, accettando l’invito dell’ingegnere Spyros a raggiungerlo nella sua camera d’albergo, il suo approccio alla questione rimane rigorosamente metodico, e si concretizza in un’esplorazione graduale ed attenta, programmata istante per istante, ed accompagnata da didascalici commenti verbali.  In questo modo il sogno, incantevolmente affacciato sull’ignoto, viene squallidamente sostituito dal disegno preordinato, studiato apposta per arrivare a conoscere, uno dopo l’altro, tutti i dettagli, impedendo il formarsi di quel margine di indeterminatezza che è l’anima dell’incoscienza giovanile,  oltre a racchiudere il segreto della seduzione. Marina ha ventitré anni, ma non ha mai provato il brivido dell’adolescenza, quando la realtà, con i suoi allettanti misteri, si presenta come un invito a tuffarsi nel domani, col cuore e col pensiero,  per poter accogliere le meravigliose sorprese che la vita certamente ha in serbo per noi. Per quella ragazza, il momento iniziale dell’avventura, quando si guarda con gioiosa trepidazione al lungo cammino che ci attende, si trasforma in un punto d’arresto, che pone fine alle sue insicurezze di bambina, per spalancare, proprio davanti ai suoi piedi, il baratro del nulla, in cui ogni cosa si manifesta in una veste mortifera, perché pesantemente ammantata di definitive certezze. In sottofondo, la voce di Françoise Hardy rievoca il palpito sentimentale della pubertà cantando Tous les garçons et les filles de mon âge, però Marina, nel frattempo, si diverte con Bella ad imitare il passo delle galline, delle oche, dei gabbiani, e di altre creature immaginarie, vittime delle goffe coreografie imposte dai rituali del corteggiamento.  Per lei, impulso e desiderio vivono in modi separati, dato che si può nutrire una forte simpatia per le donne senza con questo sentire il bisogno di giacere con loro. Questa scissione della sfera affettiva è una sorta di schizofrenia causata precisamente da quell’anello mancante che non ha potuto far da ponte tra il passato e il futuro, tra l’infanzia e l’età adulta. Attenberg è un film essenziale, nel quale l’assurdo è un assunto spoglio, e nel quale quella discontinuità di base ha fatto crollare lo stesso impianto logico, che non collega più premesse e conclusioni, ma si trascina, giorno dopo giorno, in un nonsenso da centellinare con distaccata sobrietà.

 

Questo film ha rappresentato la Grecia al premio Oscar 2012 per il migliore film straniero.

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