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Pietro

Regia di Daniele Gaglianone vedi scheda film

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La recensione su Pietro

di lao
8 stelle

 
Nell'appartamentino fatiscente lasciato in eredità dai genitori ai due fratelli, Francis  e Pietro, le tracce del degrado sono ovunque, nel frigo vuoto, nella brande sfatte in camera, nella sporcizia e nei vecchi mobili a pezzi.  Restano deboli segni di una vita comune i rudimentali disegni appesi alle pareti fatti da Pietro e una copia ingiallita di "Michele Strogoff", il libro di Verne, il cui eroe “prima non ci vede, poi ci vede”. Le avventure di Pietro in una scalcinata  metropoli del Nord Italia assomigliano a quello del personaggio principale del libro che sta leggendo: anche lui vivendo pagina per pagina il romanzo della sua esistenza di derelitto, prima perde l'uso degli occhi e  lo riacquista poi in una confessione fuori scena, un monologo teatrale recitato dal primo attore, quando il teatro si è svuotato. Analogamente   in "Pietro" di Gaglianone lo spettatore viene lasciato in balia della mancanza di una visione nitida delle realtà e l’effetto è voluto, perseguito tramite uno stile di regia al limite dell’artigianale: egli vede cose e persone sfocate, prive di contorni e di identità, esattamente come le percepisce il fragile protagonista. Pietro non è cieco, deve diventarlo per sopportare il peso del marciume che gli sta attorno:  a fare da collante in una città in rovina fisica e morale   è la brutalità gratuita dei gesti e l'assenza  di pietà umana. Eppure Pietro è l’esploratore guida ideale, anzi l’unico possibile, all'interno degli inferni urbani contemporanei: Torino o Milano  sono tragicamente identiche alla Napoli di "Gomorra", un universo frantumato senza gerarchie di valori dominato dalla barbarie per il quale l'analisi critica dell'artista neorealista non sarebbe che anacronistica utopia. Il j’accuse  non risveglierebbe più coscienze tramortite: il volo con il paracadute o con l’eroina è la grottesca degradazione dell’aspirazione ad un mondo di emozioni più autentiche.  "Che c'è da sapere?" dice Pietro alla ragazza incontrata che vorrebbe raccontargli di sé:  le storie  o la Storia sono sepolte chissà dove in agglomerati umani senza futuro, nei quali il passato è il malinconico motivo di una fisarmonica sotto i portici del centro e non ci sono che i ritardati mentali a fermarsi incantati credendo al miracolo di un crepuscolo romantico sulla discarica.  http://spettatore.ilcannocchiale.it

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