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Road to Nowhere

Regia di Monte Hellman vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Road to Nowhere

di alan smithee
8 stelle

E' bello e insolito finire l'anno guardando con la propria compagna e i due micetti assonnati un film prezioso, raro, enigmatico, indecifrabile come questo ultimo lavoro di Hellman. Prezioso innanzi  tutto perche' segna il ritorno alla regia del leggendario Monte Hellman dopo 22 anni da quell'Iguana altrettanto invisibile, sensuale e passionale; enigmatico (fin dal titolo) e indecifrabile perche', in stile un po' lynchano (penso a "Strade perdute" in cui non solo Patricia Arquette si sdoppia in due versioni - bionda e bruna, ma il suo geloso marito in cella si trasforma da Bill Pullman a Balthazar Getty senza un precisato auspicabile motivo) ci parla di film nel film, di due identita' che si rincorrono tra due dimensioni differenti e parallele, quella del film mentre viene girato e quella del film (o di parte di esso) gia' girato.  
Mitch Haven e' un regista giovane ma gia' molto apprezzato che, ossessionato dalla vicenda di corruzione che coinvolse un politico del North Carolina,e la sua giovane amante Velma Duran, si convince che la storia dovra' essere il soggetto del suo prossimo lungometraggio. Impegnato alla ricerca del cast, l'autore si sofferma soprattutto nel disegnare e sfaccettare il personaggio femminile, che lo affascina piu' di ogni altro. Quando incontra una giovane e bellissima attrice alle prime armi, Laurel Graham, vede in lei la reincarnazione della defunta vera protagonista e fa di tutto per convincerla ad accettare la parte. Ma non sara' davvero lei la vera Velma Duran? e il suicidio della coppia dopo il tentativo di corruzione messo in atto, non sara' tutto un trucco escogitato dal losco personaggio per truffare l'assicurazione dopo un incidente aereo dai contorni piuttosto misteriosi?
Mah...chi puo' dirlo...intanto il regista (Hellman ma anche e soprattutto Mich) segue con la macchina la sua musa (una splendida e luminosa Shannyn Sossamon), la pedina, non le da' tregua, ossessionato dalle sue fattezze perfette e dalla sua straordinaria somiglianza con la vera Velma. Un film cosi' complesso ma cosi' sentito non si puo' non amare, rispettare, prenderlo con rispetto come una merce preziosa e delicata, lasciandosi trascinare dalla passione di uno sguardo che si sdoppia in due dimensioni, due film, due titoli di testa, due elenchi di attori, regista e maestranze, ma in fondo unico grande maestro dietro a tutta questa finzione e gioco di specchi. Grande come il nome proprio ("Monte") che comunica platealmente un'idea di immensita', per un uomo schivo che, come qualche altro autore prezioso suo coetaneo (mi viene in mente il pur grande Bob Rafelson) fa film solo quando e se ne avverte l'urgenza; un uomo chiamato da Coppola per aiutarlo a districarsi nel montaggio di un'opera monumentale come Apocalypse Now; un soggetto taciturno ma determinato grazie al quale uno sconosciuto di nome Tarantino pote' esordire con il capolavoro "Le iene" ad inizio anni '90; un regista che si prende la briga di coinvolgere, senza una necessita' vera, ma piu' per sfizio, per senso di amicizia e dei bei tempi che furono, un attore come Fabio Testi e coinvolgerlo nella trama gia' intricata di per se', girando alcune scene tra Roma e la villa dell'attore italiano sul Garda, circostanza che contribuisce non poco a rendere il film un rompicapo ancora piu' misterioso, indecifrabile e seducente ma che festeggia nel contempo un attesissimo ritorno che speriamo possa essere seguito presto da ulteriori nuovi stimoli creativi. 

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