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La donna che canta

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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La recensione su La donna che canta

di deepsurfing
6 stelle

L'agnizione, nel teatro greco classico, è uno dei topoi principali: “consiste nell'improvviso e inaspettato riconoscimento dell'identità di un personaggio, che determina una svolta decisiva nella vicenda” (wikipedia). L'esempio più famoso - topos, archetipo, prototipo della nostra cultura e della nostra psiche – è quello di Edipo che si scopre parricida e incestuoso.

In questo film di agnizioni ce ne sono addirittura quattro, quanti sono i personaggi principali.

La storia (tratta dalla pieces Incendies di Wajdi Mouawad) è ambientata in un medioriente volutamente imprecisato, in cui divampano gli odi etnico-religiosi e le crudeltà più efferate; ed è messa in moto da un testamento e dalla ricerca dei destinatari di due lettere: un padre e un fratello. Per trovarli, una ragazza canadese segue le tracce della madre, la cui storia scopriamo anche noi attraverso una serie di flashback: era una donna coraggiosa che aveva superato le prove più dure, oltrepassato i confini tra fedi e fazioni, seguendo soltanto il suo cuore e il suo senso di giustizia.

Ma quando, alla fine, le agnizioni si manifestano, una dietro l'altra, in un cupo intreccio di legami di sangue, vendetta, amore, violenza, incesto, l'impressione è di un grand guignol emotivo fin troppo esibito e forzato. Che la sanguinosa faida mediorientale sia una delle grandi tragedie dei nostri tempi è vero. E che la violenza si insinui anche dentro i legami più intimi è uno degli aspetti più truci dell'odio etnico. Probabilmente l'autore voleva rendere nel modo più forte e concentrato proprio questo aspetto. Tuttavia l'intreccio risulta così straordinario e melodrammatico da invalidare la denuncia e trasformare un dramma reale in un iperbolico congegno teatrale cha sa troppo di finzione.

 

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