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Scott Pilgrim vs. the World

Regia di Edgar Wright vedi scheda film

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La recensione su Scott Pilgrim vs. the World

di iosif
4 stelle

La forma compiuta e specifica del cinema degli anni ’00 sembra arrivare a fine decennio, e sembra non essere granché. Se The Social Network è tutto sommato un film “classico” che racconta la storia di un ragazzo che ha contribuito ad influenzare le più recenti applicazioni di concetti come “cultura” e “socialità”, Scott Pilgrim vs. The World è invece l’incarnazione di ciò che le persone 2.0 (definizione raccolta da un bell’articolo di Zadie Smith riportato dall’Internazionale n. 873) dovrebbero aver voglia di vedere. Il condizionale è d’obbligo perché il film non ha avuto un grande successo commerciale, ma incarna comunque una serie di tratti narrativi ed estetici disseminati nel cinema più mutato degli ultimi anni, fino a diventare un modello. I motivi della scarsa affluenza di pubblico posso essere tanti: la mancanza di nomi realmente di richiamo, l’aver individuato un pubblico di riferimento nella realtà meno vasto di quanto si pensasse, l’aver pescato dal calderone dei ventenni per poi eccedere nelle sfumature adolescenziali, non so. Quel che so è che mi trovo a confermare il giudizio istintivo della maggioranza: questo è un film tranquillamente evitabile.
 
Scott Pilgrim è il giovane bassista di una giovane band di indie rock, inizia una relazione con una irresistibile ragazza che cambia colore di capelli ogni settimana, ma presto scopre di dover affrontare i suoi sette ex ragazzi malvagi, ognuno un personaggio dotato di poteri particolari; la disintegrazione dell’antagonista comporta un premio in punti e monete. 
 
Il film di Edgar Wright denuncia immediatamente la discendenza da un fumetto (“Scott Pilgim”, del canadese Brian Lee O’Malley) inserendo scritte onomatopeiche in corrispondenza dei rumori, in maniera piuttosto accademica e fastidiosa (a due minuti dall’inizio il campanello fa ding dong, e cominci a capire che qualcosa non va). Del fumetto ha anche la forte caratterizzazione dei personaggi e la ricorrente divisione del quadro attraverso split screen. Il riferimento privilegiato è però ai videogiochi, in un percorso segnato da lunghi scontri, armi speciali, esplosioni, pugni che fanno crollare i muri, scrittine che regalano una vita o segnano Scott vs. Un Altro. Tutte stupidaggini che purtroppo non riescono a raggiungere un accettabile livello di assurdità, ma si limitano a citare testualmente le proprie fonti e a ricrearle attraverso un digitale diligente quanto sterile, limitato in sé. Gli scontri di Scott si susseguono ad un ritmo ininterrotto quanto monotono, accompagnati dalla presentazione del nuovo avversario, delineato da un sarcasmo poverissimo d’inventiva. Il vegano biondo e scemo coi superpoteri  derivanti dalla superiorità morale della sua scelta, l’aitante attore action che se la tira, ecc. La dinamica è quella dei peggiori manga e anime giapponesi, ma senza quella idiozia naif che a volte li fa risultare simpatici. 
 
Scott Pilgrim è la citazione assunta a valore assoluto che diventa immediatamente autocitazione, è la tecnica che celebra se stessa e contemporaneamente ammicca in malo modo ricordandosi sempre di dover essere cool, è la convinzione di poter dare valore ad ogni cosa inserendola in un nuovo contesto ma senza le capacità che occorrono a costruirne uno interessante, è sostanzialmente la simulazione di un film.

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