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Rapunzel. L'intreccio della torre

Regia di Byron Howard, Nathan Greno vedi scheda film

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La recensione su Rapunzel. L'intreccio della torre

di lao
6 stelle

 La Disney al suo cinquantesimo lungometraggio, dopo le raffinatissime sperimentazioni di “Wall’E” ed “Up”, non rinuncia alla fiaba tradizionale, anzi, legandovi il proprio marchio di fabbrica,  ribadisce la fede nell’universalità e di conseguenza nella flessibilità del genere: la fonte ispiratrice del film è infatti un classico della letteratura per l’infanzia, “Rapunzel” dei fratelli Grimm che fonde archetipi e motivi del folclore popolare, quali il rapimento e la segregazione di una sventurata principessa in una torre ad opera di una strega malvagia, le virtù magiche di una chioma d’oro capace di regalare l’eterna giovinezza,  le peripezie della coppia di innamorati per superare gli ostacoli e raggiungere il “vissero felici e contenti”. Sotto la supervisione di Lasseter, Greno e Howard hanno però rivitalizzato o, a seconda dei punti di vista, depauperato la fonte letteraria, estirpandone radicalmente il tono cupo e gli insistiti riferimenti agli aspetti più inquietanti dell’animo umano: l’ironia  è infatti la chiave di lettura  sottesa ai bellissimi sfondi, ispirati alla pittura rococò di Fragonard, cornice faunesca e floreale bizzarra entro cui si svolgono le avventure di “Rapunzel”. La religione assoluta della forma elegante seleziona rigorosamente i contenuti: ogni quadro sgorga spontaneo e veloce, labor limae e citazioni colte restano ben celati nell’intarsio leggero. Del resto non è un tradimento, giacché la filosofia di casa Disney qui è la stessa dei tempi lontani del miracoloso “Fantasia”: il compito dell’artista/artigiano è rendere visibile agli occhi infantile bellezza e  bontà nascoste della natura. Rapunzel  così non viene abbandonata nella mani della subdola Madre Gothel che la tiene prigioniera nelle torre mentendole sulla pericolosità del mondo di fuori: le lanterne luminose inviate nel cielo notturno nel giorno del  compleanno dai suoi veri genitori  la invitano ad oltrepassare la soglia e a scoprire l’incanto di un’esistenza libera. La strada della fanciulla  non è mai sbarrata  dalla rassegnazione, incertezze e paure  hanno in lei, disegno animato più che persona,  vita precaria: ella è l’eroina sfrontata e mai inerte di un musical, dove il crimine con il volto simpatico è disponibilissimo a scambiarsi le parti in commedia; il rapinatore sexy diventa il principe innamorato, salvatore e salvato, i truci banditi nella locanda si convertono al pianoforte e alla danza,  e la tristezza di vedersi invecchiare davanti a uno specchio  trilla, dimentica di sé, e  nel momento tragico della   verità tace finalmente.   “http://spettatore.ilcannocchiale.it

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