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Hereafter

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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Enrique

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La recensione su Hereafter

di Enrique
6 stelle

Nel mare magnum delle menzogne pagate a caro prezzo, di teatrali sedute spiritiche di gruppo, delle risposte facili purchè concilianti e consolatorie, una voce si staglia nell’ombra; non squillante, nitida e chiarificatrice, anzi: sibilata, circospetta, ma, autentica: voce che sussurra parole le quali, benché un po’sconnesse, sono astrattamente in grado di dar forma ad una risposta; la risposta alla domanda delle domande. Ebbene, ci si può or dunque chiedere: è questo quello che Clint (rectius, lo sceneggiatore P.Morgan) ci vuole dire? Quale sia la risposta alla più tormentata delle domande (quella che nessuno fa per scaramanzia, ovvero per esorcizzare la paura): che una spiritualità laica sottende un destino comune all’umanità intera, con buona pace di dottrine religiose e credenze personali? No, non credo. Clint/Morgan non hanno avuto questa presunzione. Semplicemente, sanno che qualcuno (molti per la verità) ha sperimentato l’incredibile esperienza c.d. di “pre-morte” e che questa valeva la pena di essere raccontata, ma non per dare una qualsivoglia risposta alla domanda evocata, bensì, anzi, proprio allo scopo di dirottare curiosità/interesse per la morte e l’aldilà, verso orizzonti ben più terreni, contingenti e attuali. E per far ciò, si è optato per qualcuno (la coppia George Lonegan/M.Damon-Marie LeLay/C.de France), che godesse di quel minimo di credibilità (perché, rispettivamente, il primo, un sensitivo, rifugge la strumentalizzazione commerciale di quella che lui percepisce come una condanna, mentre la seconda ha vissuto sulla propria pelle la sciagura dello tsunami del 2004, scampando alla morte per miracolo) necessaria per dare una parvenza di senso alla storia. Solo una parvenza, però, perché il giorno in cui questo acquisterà totale, esaustiva pienezza è in là da venire e, nel frattempo, c’è ancora tutta una vita da vivere intensamente (a partire da un cordiale incontro mattutino, davanti alla vetrina di un bar londinese).

E bravo Clint! Sarà stato pure un tema poco in sintonia con la sua storia cinematografica, ma, così come è evidente che ad una certa età certe riflessioni (comunque già intraprese in alcuni dei suoi film precedenti) si fanno inevitabilmente più insistenti di altre, è altrettanto evidente che, ancora una volta, da indomito duro quale è sempre stato (e ancora è), nonostante la veneranda età, non ha saputo resistere all’idea di vivere i suoi ultimi sgoccioli di vita (beh, speriamo non proprio gli ultimi) pienamente, da protagonista: impugnando la sua “arma” preferita (da quando ha definitivamente riposto la colt nella fondina, è chiaro).

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