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Hereafter

Regia di Clint Eastwood vedi scheda film

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La recensione su Hereafter

di LAMPUR
4 stelle

Tre storie intrecciano le umane vicende ed un possibile Aldilà (Hereafter appunto) sul quale, checché ne scrivano illustri e meno illustri, il buon Clint non lascia da pensare proprio per nulla: l'Aldilà esiste punto.

E pure bello affollato.

Se non vi sta bene quella è l'uscita.

Ed intanto abbiamo messo i famosi puntini sulle i... dicevamo delle tre storie:

una giornalista francese scampata allo tsunami indonesiano con intervallo di morte apparente che la turberà non poco.

Un sensitivo oppresso dai propri poteri che non gli lasciano margine per una vita “normale”.

Un ragazzino che ha perso per un incidente il proprio amato gemello e cerca un tramite nell'oltre per (ri)contattarlo.

I primi due hanno avuto, ed hanno, esperienza diretta con un certificato aldilà. Il terzo la cerca e ne sarà anche beneficiato in corso d'opera sfuggendo ad eventi nefasti.

Ma nonostante la considerevole carne al fuoco, Clint viaggia a velocità ridotta; dopo l’accenno di disaster movie, con i primi dieci minuti di efficace e scioccante , dobbiamo dirlo, tsunami digitalizzato, le storie dei protagonisti vagabondeggiano a corrente alternata e la gestione filmica rimane dalle parti di una diligente commozione (a parte quella cerebrale della tsunamizzata) a buon mercato, affine ad una discreta parte del cinema eastwoodiano, senza mai un guizzo deciso. La moral guidance si scrive da se anche la colonna sonora, come col pezzo di chiusura di Gran Torino, propinandoci un refrain anche gradevole se non fosse reiterato all’infinito…

Le tre storie viaggeranno parallele fino all’epilogo ad incrocio, come di moda negli ultimi tempi. La giornalista francese l’aldilà mica se l’è sognato, e metterà in discussione la sua carriera rampante dedicandosi ad un libro sui “contatti” post mortem..

Il sensitivo (Matt Damon sempre più a suo agio nei ruoli simil pesce lesso) sfugge il suo dono, che gli impedisce un quieto vivere, s’iscrive ad un corso di cucina italiana (ma guarda un po’!..) dove incontra una fanciulla garzullina (Bryce Dallas Howard), ma se la gioca ben presto spiattellandole segreti fin troppo delicati (e qua, caro il mio sensitivo, te le vai cercando da solo le “incomprensioni” col mondo normale…).

Il gemello inglese della terza storia vive in simbiosi col fratello, ed è tenerissimo come proteggano amorevolmente la mamma (alcolizzata e tossicodipendente, ma di una delicata sprovvedutezza materna) dai servizi sociali e da un cupo destino. La morte improvvisa del fratello maggiore (di 12 minuti) lascia il superstite spiazzato ed in cerca di un (ri)aggancio con l’ignoto tramite frequentazione di personaggi improbabili e fin troppo fasulli con sequela di bozzetti stile “incontrerai l’uomo dei tuoi sogni”, ma anche il bimbo si dimostrerà ultrasensibile puntando alle calcagna proprio il sensitivo “buono”, con ostinata determinazione, fino a raggiungere il suo scopo.

Alla fine preferisco di gran lunga l’aldilà shyamalaniano de Il sesto senso, dove gli ultracorpi non sono evanescenti o lattiginosi, ed appaiono anche meno saputelli, ironici e sentenziosi di questi hereafteriani.

I primi sono fantasmi che ispirano tenerezza nella loro indifesa incoscienza, in quello sbandato disadattamento che li rende complici e senz’altro meno lontani, facendoceli percepire con un sesto senso magari grezzo ma autentico. Differente da quello scientifico evocato da Clint sia per l’aldilà che per l’aldiquà.

Vivono di imperscrutabile dubbio, i fantasmi di Shyamalan, e si rendono decisamente più simpatici senza pretendere di esserlo (e scusate la parentesi pro Sixty Sense ma ci stava…).

Saranno probabilmente gli ottanta compiuti che stuzzicano Clint a sporgersi per un’occhiatina verso l’oltre… speriamo almeno che, hereafter, l’omaggio sia gradito (oltre che, ovviamente, avvertito…)

   

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