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La bellezza del somaro

Regia di Sergio Castellitto vedi scheda film

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La recensione su La bellezza del somaro

di FilmTv Rivista
8 stelle

Si potrebbe andare tutti a vedere il somaro, per vedere l’effetto che fa. Vien da cantare Vengo anch’io del maestro Jannacci, in quel casolare in Toscana dove l’ex meglio gioventù si raduna per specchiarsi e accarezzarsi, reciprocamente, nel proprio narcisismo gauche caviar. Strano e anarchico l’ultimo film di Sergio Castellitto, che si ritaglia il ruolo di un architetto “figaccione” e, dopo il Fantastichini di Maselli, ci regala un altro simil Fuksas: radical con interni in radica. Ci sorprendono Castellitto e Mazzantini, lui dirige e lei scrive con libertà incredibile, sempre sopra le righe, costantemente alzando i toni, non negandosi nulla e non negandoci alcun (pre)giudizio su tutti i mali della nostra società. È un salotto buono dove siedono tre generazioni che ruotano attorno alla coppia Castellitto & Morante, lui snob e bizzarro, con l’amante (Lola Ponce, irresistibile), lei psicologa, attratta da cause perse e casi improbabili (tra cui la Bobulova, incontenibile). Coppia perfetta: di Sinistra, illuminata, equa e solidale. E dedita alla figlia 17enne bella, brava e un po’ stronzetta (Nina Torresi, la migliore di questo cast infinito). Sono maestri della tolleranza e del politicamente corretto. Almeno finché non cozzano con il tabù della vecchiaia (Jannacci, appunto). Attorno a loro, in un tranquillo weekend di paura, lo squalo della finanza anglofono, pardon anglofobo, Gianfelice Imparato e il cardiologo Marco Giallini, playboy fuori tempo massimo: perdenti di successo. Amici dal liceo, cantano i New Trolls e rincorrono la gioventù che ha saputo solo bruciare ogni idealismo. E con loro tanti caratteri pescati, c’è da giurarci, dalle “ombre rosse” del buonismo veltronvendolianoantiberlusconiano che gli autori conoscono (troppo?) bene. Alla fine si rimane divertiti e spossati, si perdonano gli errori - troppa carne al fuoco, il saggio Jannacci fuori ruolo e fuori sincrono anche rispetto a se stesso, una certa spocchia - in favore di un affresco schizzato e acuto: 107 minuti di elenco faziosavianesco. Da Vengo anch’io a Vieni via con me.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 51 del 2010

Autore: Boris Sollazzo

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