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Noi credevamo

Regia di Mario Martone vedi scheda film

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La recensione su Noi credevamo

di lamettrie
8 stelle

Un film meritevolissimo sul Risorgimento. Ce n’é pochissimi su un argomento così importante per la vita degli italiani; e, tra questi, quelli seri si contano sulle dita di una mano (invece su porcherie, piene di violenza gratuita, gli italiani possono vedere migliaia di pellicole in più, per una scelta volontaria e nient’affatto necessaria operata da Rai, Mediaset, Sky…). Il film mostra l’unificazione d’Italia per quegli aspetti per cui essa può venire a buon diritto criticata, per le basi che ha avuto e per come è stata portata avanti.

In particolare, mostra come sono state tradite le aspirazioni della stragrande maggioranza di coloro che hanno lottato, e spesso sono morti, per avere questa unità: i repubblicani e i democratici. Per costoro l’unità doveva servire per cancellare la secolare, scandalosa ingiustizia aristocratica, che da sempre aveva trovato, in modi gravissimi,  l’appoggio interessato della Chiesa cattolica. Questi, che hanno lottato per l’affermazione dei diritti umani, ne vedevano garanzia preliminare anche nella liberazione dalla sudditanza da qualunque straniero: per questo cercavano l’indipendenza e l’unità, perchè queste erano funzionali almeno alla repubblica, e all’abbattimento dell’oltraggiosa ingiustizia dei nobili, come detto.

Tutto questo è stato negato: certi potenti, i piemontesi, hanno preso il posto di altri potenti, ma senza intaccare la sostanza: l’iniquità, che ha visto perdere i democratici, e quindi i poveri , e quindi gli interessi di ben oltre l’80% della popolazione.

Tra i grandi pregi: la fotografia (i garibaldini che cantano sull’Aspromonte al buio, a la Goya…); la recitazione (Servillo, Lo Cascio…, ma comunque di tutto un cast quanto mai variegato ed eterogeneo, e ciononostante all’altezza), la resa verosimile della realtà del tempo. La vita dei terroristi è fatta vedere per quella che era: per quanto tremendi, e ovviamente criticabili, questi avevano più ragione degli altri; tanto che, da morti, si sono visti intitolar le piazze e le strade (il motivo per cui certi terroristi, perseguitati ieri, poi sono potuti diventare gli eroi di oggi, dovrebbe già essere noto, per quanto paradossale; quindi non ci si può dilungare qui nei dettagli, anche per ragioni di spazio e di equilibrio complessivo della recensione).

Tra gli altri pregi: l’abilità nel rendere le scene corali (in carcere…, ma certo non solo lì); l’approfondimento psicologico dei protagonisti; la loro ricerca di verità, che informa la loro prassi, spesso contrassegnata da scelte affascinanti, ma anche estreme, financo eccessive.

Soprattutto, tra i pregi bisogna sottolineare questo: la violenza, e la ugualmente grave falsificazione, operate dal potere ufficiale, non vengono taciute, ma mostrate per quel che sono. Con tutti i danni che da ciò consegue, per chi cerca i diritti umani, e quindi una condizione imprescindibile per la propria felicità. Tra questi combattenti per avere diritti umani, di cui poi tutti godono, ci sono anche tanti “sognatori”, “idealisti” del Risorgimento: siamo anche a loro debitori se, almeno fino ad ora, godiamo di una costituzione (arrivata circa un secolo dopo la loro attività, e anche grazie alla loro attività, appunto) che ci permette di essere almeno relativamente liberi, e non proprio soltanto servi della gleba (e di tal enorme vantaggio ha goduto ben più dell’80% della popolazione cui facevamo riferimento prima).

 

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