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Venere nera

Regia di Abdellatif Kechiche vedi scheda film

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La recensione su Venere nera

di barabbovich
6 stelle

All'inizio dell'800 una ragazza 25enne ottentotta di origine boscimana (Torrès) viene portata a Londra ed esibita come fenomeno da baraccone per via delle sue inusitate fattezze, in primis la dimensione delle natiche assolutamente fuori dall'ordinario. Una parte dell'opinione pubblica si interessa al suo caso e porta a processo il suo sfruttatore (Jacobs), accusato di vessare oltremodo la donna, costretta a un finto ruolo di selvaggia, sebbene non sia chiaro dove finisca il suo ruolo di vittima e dove cominci quello di complice. Vinto il processo ma con la stampa ormai schierata contro di lui, l'uomo porta il suo lugubre spettacolo a Parigi, in accordo con un domatore d'orsi (il dardelliano Gourmet) che peggiora le sorti della ragazza di colore, fino a indurla alla prostituzione. Nel frattempo, alcuni scienziati si stanno interessando al caso della donna, in barba a qualsiasi rispetto etico.
Giunto al suo quarto film, l'autore franco-algerino di Cous cous, Abdellatif Kechiche, colloca ancora una volta al centro della scena una donna, rivestendo il racconto di immancabili ricami antropologici. Prossimo al documentario, tanto puntuali sono le ricostruzioni della travagliata vicenda della protagonista, il film risente di una certa prolissità (quasi tre ore di durata), proponendoci una sociologia del corpo in ambientazioni dickensiane che fa larghissimo uso di obiettivi medi, sempre a ridosso dei personaggi, molto spesso in interni, ma che sembra voler rimanere ancorata a una dimensione asettica incapace di alzare lo sguardo oltre il mero racconto dei fatti, all'insegna del più esasperato voyeurismo e oscenità fino ai titoli di coda. Da questi apprendiamo che il corpo della donna, fatto letteralmente a pezzi dalla scienza (con i genitali conservati in formaldeide…) verrà restituito al Sudafrica soltanto nel 2002, quando trovò finalmente riposo.

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