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Non lasciarmi

Regia di Mark Romanek vedi scheda film

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La recensione su Non lasciarmi

di M Valdemar
8 stelle

Invitati alla vita, dalla Vita vengono smembrati, svuotati d'umana essenza, privati dell'(in)esistenza. La Scienza è servita. Essi, involucri di carne, lacrime e sangue, sono contenitori di organi, delle organiche sacche che hanno il fine, unico ed ultimo, di "completarsi". Il completamento attraverso la sistematica e corruttibile induzione a realtà deviate, a verità ammantate di una mistificatrice coltre, a consacrarsi alfine all'illuminato lettino del chirurgo, che coi suoi strumenti d'affilata conoscenza e defilata iniquità, incide su pelli d'innocenti estirpando, armato della furia cieca ed incontrovertibile del progresso, ogni senso della natura di uomo, della sua linfa vitale, del suo animo, assurgendolo a insignificante fornitore di pezzi di ricambio.
Dare vita, ricevere Morte.
Coltivati in serre travestite da collegi, ove danno, a loro insaputa, prova di (non richiesta) umanità, di capacità di creare arte, di abbracciare sentimenti, questi (non) esseri sono sin dalla loro artificiosa "creazione", designati, per mezzo di un diabolico indottrinamento, a compiere l'Indicibile, secondo i piani irreversibili e immondi disegnati dalla Scienza; essa esige sacrifici, non sa (voler) fermarsi di fronte a nulla e, nella sua distorta e distorcente concezione di tale condizione, nulla (non) sono questi individui, nulla provano, nulla sentono, dal Nulla vengono e nel Nulla saranno inghiottiti. 
Essi non esistono, sono stati prodotti ed innaffiati come piante non senzienti, la loro volontà è asservita ad una causa "alta", la salvezza dell'uomo, ad ogni costo. Il naturale svolgimento delle cose, del ciclo vitale, è piegato all'arroganza distruttrice e divoratrice del Sapere.
Così ebbe Edgar Allan Poe a presagire nel pregevole Il colloquio di Monos e Una: "L'uomo, che non poteva ignorare la grandezza della Natura, si tuffò in una sorta di infantile esultanza per avere acquisito un crescente predominio sui suoi elementi.".

Non lasciarmi
è un film che, immerso nei tipici paesaggi della campagna inglese, autunnale e accogliente, dai colori soffusi e avvolgenti, apparentemente scorre, per via di un andamento non sussultante, placido e semplice. Ma è una sensazione effimera, che lascia il posto a un abbandono, completo e doloroso, a una discesa interminabile nelle viscere, dilaniate e corrose, è come un virus che s'instilla nella infetta corteccia cerebrale. Ti entra dentro, non viene più fuori. In questo senso il regista, Romanek, riesce ad elaborare, e proporre, senza l'ausilio di usuali e abusati stratagemmi, ed anzi con un personale rigore non fine a se stesso, un percorso che scarnifica la nostra attitudine al disinteresse che nutriamo nei confronti di grandi temi, quale è l'evoluzione/degradazione delle pratiche scientifiche, della prepotente astrazione del Progresso, il quale diviene sistema perverso e autoritario e, soprattutto, autoreferenziale.
Non si può fare finta di niente, come non si può non provare empatia per i protagonisti del film: il loro angosciante (e scritto) destino c'affligge e ci tormenta, i loro sguardi, ora ingenuamente speranzosi, ora tristi, ora disperati, ci perseguitano nel buio dei nostri confortevoli rifugi mentali e materiali; irradiandoci, d'ira non manifestabile e non sopportabile, quando anelano l'Amore, desiderosi di un prolungamento della Vita, pensando di aver compreso l'Arte. AVE vita, addio vita. Addio amore, addio invidia, addio rabbia. Addio.
L'urlo, straziante e impossibile, come proveniente da un altro mondo (possibile), di Tommy, ci sconquassa fin nell'intimo, ci spolpa di vani pensieri, ci eleva ad entità consce della fugacità e della fragilità del vivere. Indubbiamente tutta la tragicità della storia, poggia su Kathy H.: i suoi occhi, coperti d'un immalinconente velo di serena rassegnazione, sono occhi di chi è consapevole della pesantezza del proprio destino, che deve avere attuazione; i suoi silenzi che "parlano" più di mille inutili parole, desideri soffocati che mai si sopiscono; e il suo struggersi al risuonare di una musicassetta (l'immaginaria canzone "Never Let Me Go", come il titolo originale del film), pensando al suo (non corrisposto) amore, si conficca come un pugnale arroventato nei nostri cuori. 
Non lasciarmi è inquietante, destabilizzante e penetrante, provoca un senso di malessere fisico che, per l'animo malandato e annoiato, vizioso e ammansito, si rivela benefico. Da rivedere più volte.
Ottimi fotografia e musica (ad opera di Rachel Portman), come la recitazione di tutti gli attori: in particolare, magnifica Charlotte Rampling, con le labbra serrate in una morsa raggelante come a proteggere e trattenere l'Inconfessabile, e gli occhi, infuocati d'un avviluppante gelo rabbrividente. Impossibile quasi descrivere l'immensità e l'intensità dell'interpretazione di Carey Mulligan, il suo aderire, esemplare e privo di furbeschi abbellimenti, è perfetto e concretato per sottrazione. Sublime.

Darling
hold me
hold me
hold me

And never (never)
never (never)
never (never)
let me go.
Darling
kiss me
kiss me
kiss me
And never (never)
never (never)
never (never)
let me go.
Mark my heart
throw away the key
fill my love
with exthasy.
Bind my heart
with your
warm embrace
and tell me
no one
will ever take my place
Darling
tell me, tell me, tell me
You'll never, never, never,
never, never, never,
never, oh never ...

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