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Rango

Regia di Gore Verbinski vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Rango

di scandoniano
10 stelle

C’era una volta il lungometraggio animato: linguaggio, colori e situazioni erano indirizzati ai bambini, coi genitori che si approcciavano al film solo per togliere il VHS e chiudere il tv (mettendo già in conto i pianti isterici del mini-utente). Oggi la storia è cambiata: i messaggi dei film animati sono diretti, le allusioni si sprecano, insomma il film è indirizzato anche agli adulti, che ne fruiscono ben volentieri. In questo processo di cambiamento “Rango” rappresenta una nuova frontiera, perché riesce definitivamente ad essere un film per tutti. Un esempio a caso: l’incontro con Clint Eastwood è per gli adulti un geniale omaggio all’attore, mentre per il bambino quell’uomo con poncho, sigaro e cappellone incontrato dalla lucertola nel deserto, pur non capendo il citazionismo di sorta, risulta comunque un incontro non solo funzionale alla storia, ma anche divertente. Gore Verbinski, già guru Disney, dirige una pellicola confezionata ad arte dalla magnifica scrittura di John Logan (coadiuvato in fase di sceneggiatura dallo stesso Verbinski e da James Ward Byrkit), che crea un eroe cialtrone in salsa western, foriero di speranza grazie alla suerte, ma soprattutto al coraggio che trova dentro se stesso.

Ci sono due film dunque: uno che narra di una lucertola che vive un’avventura mitica nel deserto, incontra personaggi buffi, e nonostante i pericolosi cattivoni alla fine riesce a trionfare, ed un altro film in cui Rango è metafora di speranza, richiamo alla possibilità per l’uomo comune di creare riscatto e redenzione, perché, come dice lo stesso protagonista “abbiamo bisogno di credere in qualcosa”. Ma per qualcuno Rango è anche una evidente allegoria del cinema (e in questo senso il citazionismo esasperato di cui il film è impregnato aiuta), in quanto personaggio portatore di sogni, amante della rappresentazione scenica, latore di mistero, centro d’affabulazione per le masse.

Riguardo la visione/versione “adulta” del film, un elemento fondamentale è rappresentato dall’acqua, bene primario per gli esseri viventi, ma un’allegoria dei quattrini divenuti bene primario per gli esseri umani: anche prima del finale, in cui l’arrivismo del sindaco e della sua cricca ed il manicheismo tra gente comune e uomini d’affari si palesa, le dinamiche di una società improntata al profitto e ricca di disparità sociali è chiaramente ben rappresentata.

Esteticamente il film è adorabile: la tecnica utilizzata per la rappresentazione (esordio col botto della Industrial light and magic di George Lucas), la conformazione dettagliatissima dei personaggi, la fotografia e le scenografie meravigliose ed in particolare i coprotagonisti (i 4 gufi messicani con violino, chitarra, fisarmonica e trombetta che tanto ricordano “I tre caballeros”), con la doppia funzione di voce narrante intradiegetica (omaggio a un certo cinema d’animazione) e accompagnatori musicali, sono quanto di meglio si possa chiedere ad un film del genere. Oscar meritatissimo. 

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