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Rango

Regia di Gore Verbinski vedi scheda film

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La recensione su Rango

di Mathiasparrow
8 stelle

Ecco la bestia strana di cui l'animazione aveva bisogno. Né Pixar né Dreamworks, solo in parte (e)motion capture e miracolosamente non in 3D, per giunta western. Una sorprendente anomalia che implica rinnovato approccio al genere cartoonesco, reduce da un periodo favoloso dovuto a vecchie certezze e belle sorprese, ma leggermente impreparato ad una novità come Rango. "Un progetto fra amici", così lo descrive il proprio autore: nato per gioco libero da pressioni produttive, realizzato con passione esente da vincoli contrattuali. Poca paura e un pizzico di delirio guidano Verbinski e l'Industrial Light & Magic in questo semi-esperimento dal target illimitato, intuitivamente parlando non abbastanza "oltre" per offrire novità vere e proprie eppure azzardato a sufficienza per riuscire a sorprendere, senza mai perdere l'autocontrollo. Lo strambo protagonista vive il western come un gioco in cui improvvisare per sopravvivere, assecondato da una regia giocherellona che non lesina citazioni e trovate notevoli; ma il viaggio dell'eroe ha sempre una svolta e quello di Rango non fa eccezioni: nell'attimo in cui il pericolo si materializza all'improvviso, costringendo il piccolo rettile ad un brusco ritorno alla realtà, il film muta impronta e comincia a snocciolare i propri assi. Verbinski mantiene la strategia improntata all'evocazione e rispolvera le paure crepuscolari, lavorandole con intelligenza nel costante rispetto delle distanze che lo separano dai maestri citati. I paralleli sono sempre quelli: western di ieri e western di oggi, cineasti d'epoca e aspiranti seguaci moderni. Rango sta nel mezzo: il desiderio lo spinge a cercare somiglianze col passato, la consapevolezza di essere un cartoon cronologicamente distante lo mantiene con i piedi per terra, fermamente vincolato alla sua missione odierna. Fra intuizioni oniriche ed eccellente caratterizzazione dei personaggi - tutti, nessuno eslcuso - il film trova la sintesi perfetta; non inventa o reinventa nulla né si blocca al classico giochino di richiami. Un'opera perspicace e fieramente "indipendente", come testimonia la rinuncia al 3D e conseguenti incassi facili in favore di una bidimensionalità sempre più vintage a cui qualche cineasta tiene fortunatamente ancora molto, perfino in quel di Hollywood.

Sulla trama

spolvera uno schema abbondantemente testato per ridipingerlo e riempirlo di creatività nuova.

Sulla colonna sonora

graziosissima, uno dei punti di forza

Su Gore Verbinski

Dimostra ancora una volta di non essere semplice regista "da Bruckheimer" e vince una scommessa delicatissima. Davvero in gamba

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