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The Social Network

Regia di David Fincher vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Social Network

di arkin
10 stelle

“La cosa più interessante che ho trovato del film è che io avrei inventato Facebook solo per rimorchiare le ragazze. Al tal proposito, un dettaglio importante da ricordare è che io, all’epoca, 10 anni fa, ero già fidanzato con quella che è attualmente mia moglie: noi ci frequentavamo ben prima della nascita di Facebook”

                                                               Mark Zuckerberg.

 

La citazione riportata non è casuale. Nel porsi davanti a “The social network” di David Fincher dobbiamo ricordare che di un film e di una storia parliamo, non della proiezione fedele della vicenda reale del creatore di Facebook, e nemmeno quella delle persone che ruotavano attorno a lui, e che lo hanno aiutato.

Quello che interessa al regista di “Zodiac” e “Seven” come allo sceneggiatore Aaron Sorkin(e probabilmente anche all’autore del romanzo, che però io non ho letto, Ben Mezrich) non è tanto riportare le vicende di Zuckerberg fedelmente, ma neanche spettacolarizzare la sua storia a fini di lucro e guadagno come alcuni critici hanno asserito: in quel caso il film sarebbe diventato molto più sentimentale, brillante, pietistico, e non un copione a strati da decodificare, dove le emozioni sono portate sempre ad un livello bassissimo, e l’empatia nei confronti dei personaggi-a parte forse Saverin- è davvero quasi inesistente…non sarebbe stato un film che il pubblico, spesso, non capisce affatto.

Ciò che avete visto o state per vedere…no, non è tutto vero.  Intanto… la derivazione letteraria-quel “Accidental Billionaries” di Mezrich, è una storia romanzata dell’ideazione di Facebook, basata-pare- su conversazioni avute dall’autore con Eduardo Saverin(direttore finanziario, primo socio e co-fondatore di FB)e quindi ideata su eventi accaduti, ma già passabile di “visione relativa” personale… ma basterebbe leggere altre fonti-come articoli o interviste- per trovare descrizioni di  Zuckerberg ben diverse da quello presentato nel film ispirato al libro: uno Zuckerberg che “no, non è affatto arrabbiato”, che “no, non ha mai avuto alcuna ossessione per club elitari di Harvard” e “no, non ha mai voluto farne parte”; che è “equilibrato”, “timido” e “tutt’altro che scostante”…

La stessa cosa, cercando informazioni on line, o leggendo articoli, si potrebbe dire per altri dettagli che riguardano tutti i protagonisti della vicenda: da Eduardo Saverin, che secondo Zuckerberg non sarebbe mai stato il suo migliore ed unico amico, e al quale sarebbe stata data eccessiva importanza rispetto a persone a lui più vicine, come Dustin Moskovitz-qui appena un’ombra in sottofondo, o Adam D’Angelo, compagno di corsi di Mark…e che non avrebbe mai subito alcun accusa di “maltrattamento ad animali” -anche se  l’articolo sul club dei Phoenix sarebbe davvero apparso, ma senza nominare Eduardo…per finire con Sean Parker, che festaiolo lo era, ed è anche stato arrestato come ci viene mostrato nel film, ma che quasi certamente non è mai stato causa della rottura tra Zuckerberg e Saverin…

Tutto questo per sottolineare, ancora una volta, che…

…Quello che avete visto o state per vedere è una realtà manipolata. Divenuta storia. Rielaborata e portata a noi per…avere un significato. Una storia messa insieme dalle ombre del romanzo, da informazioni disponibili a tutti quelli che vogliono cercarle, dal “parlare in prima persona con gli individui coinvolti” come dice in un’intervista Sorkin, ma specificando “Con le persone che son diventati personaggi del film”…A volte mantenendo i loro nomi, a volte riassumendo in un'unica voce due persone…ma pur sempre tenendo presente il racconto. L’idea. Il senso finale.

Ma in definitiva di che cosa parla/come’ è strutturata l’opera di Fincher?

La risposta, per quanto mi riguarda, è “una narrazione a strati che tratta molti argomenti”. Una storia che apre “finestre” su “finestre”, su “finestre” e che si spiega davanti all’osservatore su vari livelli:

1)      Abbiamo la vicenda base-con tutte le sue possibili concessioni “non reali”, che è un racconto di ambizione personale. Una scalata al potere senza armi, fatti a colpi di astuzia e raggiri: una tragedia del tradimento, dove il protagonista si vendica della ragazza che lo ha lasciato, portando la sua vendetta a livelli sempre più alti, e finisce col perdere ogni umanità quando accoltella alle spalle l’amico, scegliendo un villain che gli propone un mondo di ricchezza, ma al prezzo della solitudine e del tradimento. La scalata al potere, come accade quasi sempre nelle tragedie, genera anche qui lotte fratricide e duelli mortali, nei quali gli elementi più deboli finisco col “versare sangue” (anche se non in senso letterale).

2)      Abbiamo un tela tessuta da un personaggio-Trickster(ricordiamoci che Zuckerberg probabilmente non è affatto così), di cui Mark ha tutte le caratteriste, anche se in senso caotico e opportunista: il protagonista mente, fa il doppio gioco, ruba(soprattutto idee), crea disordine su vasta scala(Facemash), sfida l’ordine costituito, si burla dei potenti e delle istituzioni accademiche, odia essere comandato. Anche se il Mark del film ha momenti di ripensamento e sofferenza, è indubbio come il suo carattere basilare, il suo archetipo, sia quello di un trickster, o “demiurgo trasgressivo”, impegnato a sovvertire ordini e crearne di personali.

3)      Abbiamo la vicenda reale della creazione di Facebook, dunque gli elementi biografici, le vicende reali, per quanto tutte da considerare attentamente e valutare di conseguenza con le dovute precauzioni.

E poi, abbiamo forse gli elementi fondamentali di “The social network”, i significati e le riflessioni più importanti, quelle per le quali è stata anche “piegata la realtà dei fatti”:

Il lato oscuro del capitalismo attuale- un capitalismo nuovo, i cui membri non sono gli squali feroci che abbiamo visto in film come “Wall Street”, o “Il lupo di Scorsese”, e non somigliano agli “American Psycho” di Ellis, esperti predatori che cadono in buchi oscuri della nevrosi, ma possono essere elementi che compiono scalate improvvise e spaventose come Mark Zuckerberg o lo Sean rappresentato da Timberlake: giovani universitari, nerd solitari, esseri inesperti colti in giochi più grandi delle loro intenzioni…nuovi imprenditori che non finiscono la scuola(sempre Sean, almeno nella narrazione, che ha fatto solo le elementari), e diventano miliardari in un secondo, poi colano a picco(oppure no)…

Nel film, vi è un filo conduttore che lega che questi personaggi (e sottolineiamo personaggi, questo sono): sono esseri privi di emozioni forti, spesso apatici, che hanno bisogno di alcolici per svolgere un compito/ avere coraggio o parlare o intavolare un’ombra di relazione sociale; che non amano e non si fidano e non hanno relazioni solide, legami stretti(nessuna famiglia appare anche lontanamente nel film), giovanissimi, che parlano di idee e soldi e non socializzano mai davvero. Degli anti-eroi americani, che non hanno sogni o ideali, slegati dal passato e dalle radici, slegati dal mondo degli adulti, senza alcun collegamento a forme di valori precedenti…

 

E poi, c’è forse l’elemento fondamentale della narrazione e del suo significato: il parallelo tra la creazione di Facebook, con il suo “mondo sociale virtuale”, e le sue regole, e la sua “altra realtà” che per alcuni è più reale di quella fisica, e il personaggio di Mark Zuckerberg e le sue relazioni(asociali), come un parallelo tra il modo in cui il film si sviluppa, nei dialoghi e le situazioni, e il modo in cui siamo abituati a relazionarci nei social…nel mondo virtuale.  Ad iniziare dalla conversazione tra Mark ed Erica…la scena d’apertura.

Posto che tale sequenza non rispecchia strettamente i fatti reali-ovvero che non esiste relazione causa-effetto tra la Erica della realtà(che non si chiamava comunque Erica)che avrebbe scatenato la vendetta misogina di Mark e il primo modello per la successiva creazione di Facebook( anche se la sera in questione Zuckerberg ce l’aveva davvero con una ragazza, della quale ha postato sul suo blog, e Sorkin ha copiato parti del testo originale di Mark sul medesimo, compresi i riferimenti all’ “essere troia della ragazza”, “volersela togliere dalla testa”, e “mettere a confronto le foto dell’annuario della Kirkland con quelle di animali”-ma comprese quelle degli uomini, va detto…)…ebbene, posto che la nostra sequenza sia comunque modificata ai fini delle intenzioni, che cosa vediamo e sentiamo nel dialogo tra Erica-Mara e Mark-Eisenberg? Quella che sembra la replica di una conversazione tipica di Facebook, da post ma forse ancor più da chat privata: una ragazza, un ragazzo…parlano di canottaggio, ragazzi del canottaggio…lei dice che le piacciono. Lui, ferito nell’orgoglio maschile, è irritato(provate a dire on line ad un uomo che vi piace un attore, e vedrete “la magia” all’opera…), deve replicare con qualcosa di cattivo, ma che ristabilisca anche la sua importanza…e le fa notare che “le farà incontrare gente che da sola non potrebbe conoscere”, quando entrerà in un club esclusivo  di Harvard…si pizzicano, insomma, e questo forse sarebbe anche normale tra ragazzi, se ad un tratto lei non lo lasciasse con la facilità con la quale si toglie un “like” su un social, o si toglie l’amicizia su FB. Unlike. Anche la velocità è la stessa di un clic. “Ti tolgo l’amicizia, ti blocco…”. E Mark, come accade spesso nei tempi odierni, non corre a parlarne con un amico, faccia a faccia…no, corre al computer. Per parlare male di lei. Non con una persona, ma con la tastiera…ripetendo una serie di idiozie che un ragazzo un po’ immaturo, appena mollato, direbbe quasi sicuramente ad un amico davanti ad un mucchio di birre…facendo finire lì la cosa. Ma qui il pubblico di Mark, come detto, è nel web…il ragazzetto arrabbiato, immaturo e ubriaco mollato dalla ragazza crea on line una vendetta che si spande a macchia d’olio. Vendetta che dalla singola Erica si dirige anche verso le altre ragazze dell’università…e arriva Facemash. Ovvero, e sempre tenendo conto che parliamo di un’azione con un preciso significato e non necessariamente di un fatto avvenuto (anzi, sicuramente no): nell’epoca in cui il web non c’era, Mark sarebbe andato a lamentarsi con gli amici…avrebbe avuto il loro supporto, e magari sarebbe finito a fare qualche brutto scherzo contro “le cattive ragazze” (chi lo sa, nei dormitori?), mentre nell’epoca di internet…complici amici e alcol…la burla alcolica e vendicativa diventa un casino virale. Manda in crash la rete alla Kirkland. Raggiunge i 22.000 contatti. Genera attenzione esagerata…genera discussioni. Odi. Conseguenze. Provate ora a pensare a quello che in effetti può generare qualcosa postato su internet, oggigiorno, anche parlando di un semplice video…e come tale “cosa”possa diventare di dominio pubblico, girare il mondo, generare dibattiti, portare a conseguenze drammatiche…oppure destare attenzione.

A partire da questa sequenza, con il suo tono velocissimo, anaffettivo, asettico…appare chiaro come nel film di Fincher a predominare sia la riflessione su questo mondo: la vita in rete. Quello che vi accade, il significato che ha assunto nelle vite reali della gente (per alcuni ha lo stesso valore), il modo in cui ha modificato i rapporti e le relazioni a cominciare da aspetti importanti e vitali come le relazioni (“Perché il tuo stato su Facebook dice che sei single?” urla la ragazza di Saverin ad Eduardo, come se fosse fondamentale, qualcosa di oggettivo e concreto, mettere “impegnato” in tale stato…qualcosa di più importante della persona fisica che si ha davanti…)e l’amicizia( chiedere e togliere l’amicizia…fatto a distanza, fatto in un attimo, fatto con un clic…Erica e Mark, Mark e Eduardo…).

Mark stesso, all’interno di “The social Network”, è un paradosso simile alla sua creatura: il creatore del network sociale… è solo, incapace di rapportarsi in modo maturo e diretto con amici, donne e persone; arrivato al successo attraverso azioni di vendetta e inganni, a suon di amicizie messe e tolte, di rapporti superficiali, di conversazioni davanti allo schermo di un PC…il mondo con cui si rapporta al di fuori è simile alle connessioni di una rete dove far risuonare un “Ego” al di sopra di tutti. Il tipico prodotto delle relazioni da web, dove la socialità è solo mera apparenza, e dove ad essere importante è invece proprio il suono della propria…”voce”-o meglio: le proprie parole, individualità, Ego…e nel quale le amicizie sono protesi della propria voglia di emergere e apparire(non sempre, sia chiaro) e dove il termine amicizia viene svilito dalla stessa opzione che consente di togliere/dare l’amicizia con un gesto del dito…

Il più umano dei personaggi del film (ribadisco personaggi, non persone) è Eduardo Saverin. Quello che prende parte all’impresa per amicizia (l’algoritmo), quello che vi si tuffa per passione nell’idea (“In un mondo dove la struttura sociale è tutto, era il centro”) e che, a conti fatti, rappresenta l’unico rapporto umano sincero e sano di Zuckerberg-personaggio. Colui con il quale ha un confronto reale. Quello che quando agisce in modo impulsivo non lo fa “per togliere l’amicizia con un clic”, ma per attirare l’attenzione di un amico che sta perdendo…

Mark e Eduardo sono l’unica eccezione ad una costruzione che ricalca il tipo di relazioni del Web che vediamo nascere su Facebook ma non solo, e nelle quali-per fare un altro esempio- Zuckerberg diventa “voce importante” nella sua comunità quando è baciato dal successo, creando una serie di proseliti, finti-amici, potenziali soci e soci-amici che corrono per prendersi una fetta di notorietà, anche se spesso non conoscono neanche il senso della cosa che desiderano, il suo “volto”(significativo lo studente che dice a Mark “l’ultimo oratore ha detto che qui potrebbe esserci il nuovo Bill Gates, ma non so chi fosse l’oratore”…ed era proprio Gates).

Alla fine, dunque, il film diventa un mezzo per parlare più della creatura e di ciò che ha creato, che del creatore…del Mostro di Frankenstein, e non di Frankenstein. In “The social network” tutto pare evidenziare questo, e in modo chiaro: Internet e i rapporti modificati che ha creato…e il nuovo tipo di socialità, di modi di interagire, di immagine personale…l’immagine che nel web può essere sempre più alterata, simulata, smussata dalle asperità, isolata, aliena rispetto alla persona(Mark gradualmente ne diventa un esempio nel film)…resa “il meglio di sé”, o “un altro sé”, o “mille sé”…Senza conflitti, senza le alterazioni del mondo fisico e reale, senza le debolezze proprie dell’individuo…Un social network dove il sociale creato dai suoi utenti vive secondo nuove regole. E in pochi hanno cercato di osservare tali regole da vicino, specie all’interno di un film, riportandone l’immagine…questo prova a fare Fincher, generando probabilmente (le critiche?) un momento di irritata “lesa tranquillità” nella mente del suo spettatore…

Anche nel suo alterare alcuni fatti, “The social Network” risponde all’esigenza di tener fede all’aspetto appena discusso: nel mondo dei social la persona non è (quasi?) mai solamente se stessa: è ciò che decide di mostrare al pubblico, ciò che decide di raccontare, l’immagine che forma per se stessa; è ciò che dicono gli altri nelle chat, nei post, alle sue spalle(nel film lo vediamo capitare spessissimo); è ciò che gli altri mettono in rete per far apparire la persona colpevole di qualcosa, o meritevole di qualcosa(Saverin e la gallina, Sean arrestato, con Mark che si preoccupa dell’immagine di FB…); è ciò che gli amici dicono di lei e mettono nei commenti o mettono nel suo blog, o dicono sul sito di X; è ciò che viene raccontato da Y in un libro o un’intervista, alla quale il soggetto replica, e poi un altro replica, e poi un altro…

La struttura di “The social Network” riflette questo coi sui strati di interpretazione e le infinite piccole “finestre” di input che si aprono ovunque: narrazioni che celano altro, narrazioni che cambiano punto di vista, azioni e dialoghi che aprono riflessioni, riflessioni che si riallacciano ad opinioni e che si gettano in altre opinioni e che si agganciano a repliche, sentito dire, interviste, manipolazioni…

L’affresco di Fincher, scritto da Sorkin è qualcosa di così complesso che probabilmente per parlarne, e per toccare ogni punto del suo significato, per metabolizzarlo…ci vorrebbero pagine e pagine, letture critiche su letture critiche, e molte revisioni…

Dal punto di vista tecnico…la struttura narrativa articolata, “a strati”, stimolante dal punto di vista mentale come un labirinto di connessioni su vari livelli è resa meno pesante e intellettualmente gravosa da un montaggio spesso veloce, dinamico; da un incedere tra flashback, presente e ricostruzioni dei due processi(alcuni dialoghi sono ispirati a reali scambi tra Zuckerberg e Saverin), con una fotografia limpida, e una musica che non soffoca e non si intromette(di Trent Reznor e Atticus Ross), dialoghi rapidi, cambi scena ben gestiti che non creano mai confusione….rarissimi istanti di tensione drammatica(soprattutto la sequenza in cui Eduardo si scaglia su Mark) posizionati in modo calibrato per “turbare” l’andamento cerebrale e la meditazione che scaturisce da quanto vediamo…

Impeccabile il cast: dal Sean Parker di Justin Timberlake, l’apparente maschera socievole, sorridente e vitale di un vuoto interiore privo di legami; all’umano Saverin di Andrew Garfield, che dona al suo personaggio dolcezza e spontaneità, fino al meraviglioso Zuckerberg di Jesse Eisenberg, che alterna i discorsi logorroici alla velocità di un battito di dita esperte su tastiera-anche quando i discorsi sono fatti per “ferire” e “uccidere”, momenti di silenzio in cui il suo personaggio sembra irradiare fragilità, paura, dolore, rimorsi…in un movimento, uno scatto, un fremito di ciglia, uno spalancare gli occhi…

Per me, capolavoro.  

 

 

 

 

 

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