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Il cigno nero

Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film

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La recensione su Il cigno nero

di ROTOTOM
8 stelle

L’amata camera a mano, un viso aggraziato dallo sguardo infinito raddoppiato da uno specchio. Coagulato nella sgranatura del digitale. Il buio si smembra nel digitale spinto, mostra i suoi fantasmi. La luce non riesce quasi mai a trovare appigli per rendersi bella, i colori si stemperano in gradazioni di bianco. Il bianco e il nero sono protagonisti assoluti de Il lago dei cigni di ?ajkovskij,  favola di Odette, ragazza mutata in cigno e tradita dal suo principe che dovrebbe liberarla e che invece si fa sedurre dalla gemella malvagia, portando la fanciulla alla morte.  Sembra un film semplice Black Swan, e invece non lo è affatto. Ha la struttura di un thriller paranormale e invece c’è altro, sarebbe riduttivo anche classificarlo solo come film sulla danza. Film di opposti speculari e di contrapposizioni, simbolico e disseminato di sottotesti non palesi che formano gli indizi per comprendere a livello emotivo il senso della storia. Un continuo attraversare quello specchio che moltiplica l’immagine di Nina – Natalie Portman -  fino a confondere l’immagine con la realtà.

Una piccola Alice senza alcuna meraviglia, ballerina in procinto di divenire la nuova stella del coreografo Thomas Leroy, il mefistofelico Vincent Cassel, per la nuova rappresentazione del Lago dei cigni. Nina, come succedeva a Randy “The ram”, in The wrestler (2008), viene seguita e violentata dallo sguardo del regista. Ossessivo e onnipresente come la madre della protagonista che riversa sulla figlia le ambizioni frustrate bloccandola in un limbo roseo di mutilata post-adolescenza , Aronofsky schianta l’immagine della sua piccola bambina sulle pareti riflettenti moltiplicandola e disperdendola al fuori di essa in attesa della mutazione. Cassel è l’alter ego di Aronofsky, entrambi lavorano sulle tensioni per provocare la rottura definitiva della personalità della ragazza, spiata tra i corridoi spogli del  teatro, della casa-prigione, dei camerini affollati.  Una macchia di rorschach che trova l’intero nella somma delle immagini che vengono riflesse dall’immenso specchio che domina la sala delle prove. La stessa macchia di rorschach compare raffigurata come quadro nell’appartamento del coreografo. Giochi e illusioni, rimandi e costruzioni arabescate che rappresentano la mente di Nina sconvolta dalla rivalità verso  la procace e disinibita Lily -Mila Kunis - , cigno nero per natura e proiezione di propri desideri più intimi, tenuti a freno e pronti a erompere.

 

Black Swan è un film sul corpo, la grazia e la forza come energie contrapposte e coesistenti in continuo conflitto, il corpo di Natalie Portman viene scandagliato in ogni frammento di fragilità, ogni debolezza. Il montaggio stesso del film non concede alla protagonista nessuna fluidità nella scena, soprattutto nel ballo. Continuamente interrotta, spezzata, ricomposta, Nina è  carne da rimodellare e anima da liberare. A costo della vita. Il corpo di Nina è la storia stessa, plasmato e sconvolto, ferito e costretto a mutare sotto il controllo di una psiche sconvolta. Il corpo obbedisce e si trasforma.

Il film è potentissimo ed emozionante, capace di instillare vero terrore  nel momento in cui la mente produce il suo incantesimo e il cigno nero comincia a manifestarsi. Black Swan fa dell’immagine e sulla sua natura voyeuristica il perno sul quale muovere la storia. Allo spettatore nulla viene negato così da provocarne lo stesso spaesamento  messo di fronte all’inconsapevole deriva psicotica della protagonista. Il grande spettacolo della mente è qui rappresentato premendo sui territori oscuri cari al regista, l’horror,  ma anche se ampiamente annunciato fin dalle prime scene risulta spiazzante e brutale ma non eccessivo.

Emozione allo stato puro, Aronofsky per questo sacrifica un po’ di equilibrio che rendono il film imperfetto. Concentrato lo sguardo su Natalie Portman che regge in modo sublime le pressioni del doppio imposte dalla sceneggiatura, e per questo premiata con il Golden Globe, i personaggi di contorno sono abbozzati in modo didascalico, funzionali al progredire degli eventi.

 Barbara Hershey a parte che da sola regge le sorti della follia nella parte dell’inquietante madre di Nina. Sono tuttavia imperfezioni che rendono ancora più affascinante la visione del film accordandosi in pieno con il tema.

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