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The Tourist

Regia di Florian Henckel von Donnersmarck vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Tourist

di Spaggy
2 stelle

C'era una volta Hollywood con le sue dive disposte a tutto pur di farsi osannare, ritrarre e essere sulle copertine delle riviste di mezzo mondo per meriti non artistici: le sorelle De Havilland litigavano in diretta televisiva durante la Notte degli Oscar, Bette Davis cercava lavoro con inserzioni sui quotidiani, la Crawford picchiava chiunque le capitasse intorno (familiari compresi) mentre Liz Taylor cambiava mariti a ritmo del cambio della biancheria intima. Di tutto ciò è rimasto un ultimo baluardo che si chiama Angelina Jolie. La Jolie a differenza delle su elencate soffre di un grave handicap: nonostante il suo Oscar (rubato) per "Ragazze interrotte" non ha mai brillato in bravura, riempie le copertine dei magazines grazie alla sua liason con l'attore Brad Pitt, considerato ormai uno dei migliori attori della sua generazione. Come e cosa fare per riempire il gap allora? La risposta è semplice: farsi cucire addosso delle pellicole che provino a coniugare il suo eterno spirito da Lara Croft a quello di attrice alla ricerca di un posto nella memoria collettiva della Settima Arte. E per riuscirci si imbarca in progetti che sulla carta sembrano promettere bene, passando tra le mani di registi come Eastwood, Winterbottom, Noyce e von Donnersmarck in questo "The Tourist".

C'era una volta Hollywood con i suoi "belli e dannati", una schiera di giovani e bravi attori che alla carriera univano una vita alquanto spericolata, per usare un'immagine ai più conosciuta: James Dean e la sua gioventù bruciata, Rock Hudson e i suoi mille amori segreti e proibiti, River Phoenix e il suo tunnel stupefacente. E Johnny Depp fino a qualche anno fa, prima di metter su famiglia, rientrava a pieno nella categoria. Attore feticcio per Tim Burton con una serie di interpretazioni destinate a fare storia, trovava la pubblica approvazione con il ruolo di Jack Sparrow nella saga/sega (mentale) dei "Pirati dei Caraibi" di disneyana produzione. E sarà proprio la Disney a trasformarlo in un cartone animato (nel senso di sagoma di cartone con vita propria) in "Alice in Wonderland", percorso verso gli inferi che trova il suo apice proprio in "The Tourist": si dirà che recita per "sottrazione" per celare il fatto che non recita per nulla, interpretando il ruolo più insulso della sua carriera, come se lo scontro tra realtà e fantasia fosse per lui deleterio, come se senza l'estro e le visioni di Tim Burton non esistesse neanche l'estro e le interpretazioni sublimi di Depp.


C'era una volta Hollywood che per rendersi ancora più immortale reclutava i migliori registi da ogni parte del mondo, allettandoli con la promessa di soldi facili e opere impegnative, esaltandone i pregi o denaturandoli portandoli ad un grado zero da cui risulterà poi sempre più difficile riemergere. E il grado zero si raggiunge facilmente quando, per un progetto rifiutato da altri, si chiama un regista impegnato a cimentarsi con un progetto dal budget illimitato da spendere a spandere, a dispetto della globale crisi economica. Ed è quello che è successo al titanico (per statura) tedesco von Donnersmarck che nel 2006 aveva impugnato lo "zio Oscar" per quel piccolo capolavoro che è e rimane "Le vite degli altri".

C'era una volta Hollywood che puntava sulle sceneggiature per costruire storie che appassionavano e impegnavano gli spettatori: i film di Hitchcock, Capra, Hawks, Coppola o Cimino non sarebbero stati tali se non avessero avuto alle spalle ottimi copioni su cui adagiarsi dolcemente. E per "The Tourist" il lavoro di sceneggiatura era importante tanto che tra gli sceneggiatori viene chiamato Christopher McQuarrie, che aveva stupito pubblico e critica con "I soliti sospetti" e che si ritrova a lavorare ad un soggetto originale (?!) basato su un insieme di elementi provenienti da "Intrigo internazionale" e "Caccia al ladro" di Hitchcock, da "Sciarada" di Donen (stupisce che proprio questo titolo non venga mai citato ma il richiamo è forte, sin dal far partire "The Tourist" da Parigi, città in cui termina il film di Donen) e da un film francese sconosciuto a noi italiani, "Anthony Zimmer".


C'era una volta Hollywood con l'universo dei suoi produttori, gente che osava e si esponeva al rischio investendo di tasca propria su progetti formidabili ma contrastanti, difficili. E a produrre "The Tourist" viene chiamato Graham King, colui che ha investito nelle ultime produzioni di Martin Scorsese ("The Departed" su tutti) e in piccoli progetti indipendenti ma interessanti, come il film "The Young Victoria" o la serie televisiva "Traffic", tratta dal film cult di Soderbergh.

C'era una volta Hollywood.... e queste erano le premesse per questo film, definito "thriller romantico", ma che finisce con l'essere una mera opera estetica, tesa a sottolineare le location veneziane e l'attrice protagonista con il suo trucco e i suoi costumi, unici elementi apprezzabili.


Ma dov'è il problema di questo che doveva essere il successo commerciale dell'anno per via della storia e del cast? Semplice appare la risposta: la realizzazione, il passaggio dalla carta alle immagini è stato purtroppo devastante, producendo un film freddo, scontato, piatto e a tratti noioso. Prendiamo ad esempio la trama: possibile che in fase di produzione e postproduzione nessuno si sia reso conto che il film era finito dopo i primi 40 minuti in cui non accadeva praticamente nulla? Addirittura nella scena sul treno (è un Frecciarossa quello? Finalmente ne vedo uno, funzionante e che rispetta gli orari) lo stesso Depp/Frank/Alexander rivela alla Jolie/Elise quello che accadrà: lei rischierà di morire alla fine del secondo capitolo (o secondo tempo cinematografico) e la stessa Jolie/Elise dirà a Depp/Frank/Alexander: "Che brutto nome che ti sei scelto, dobbiamo trovartene un altro": altro che colpo di scena finale, tutto chiaro sin dall'inizio.


E poi... è mai possibile che nessuno si sia accorto di quanto fosse poco credibile la Jolie nei panni dell'agente di Scotland Yard, innamorata dell'evasore fiscale/ladro di turno, che va in giro griffata dalla testa ai piedi e in continuo andamento sculettante? Proprio nessuno che si sia preoccupato di rendere credibili le immagini che sembravano rubate ad uno shooting fotografico della rivista glamour "Vanity Fair"? La Jolie nella sua spettrale magrezza va in giro mostrando come un'oca il suo sederino (rimarcato da un'inquadratura a tutto piano e da un nastro rosso sul vestito rosa perla, a mo' di cadeau natalizio), pronunciando in fuori le sue labbra canotto rosso fuoco e i suoi occhioni da cerbiatta truccati con un tratto nero pesante, manco se fosse la mamma di "Kung Fu Panda".

Nessuno che si sia chiesto a che servono tutte quelle inquadrature sui particolari anatomici dell'attrice? Bocca, mani e piedi: immagini perfette per tutte le perversioni onanistiche dello spettatore deluso dal film. 

Nessuno che abbia ricordato alla Jolie attrice che non basta esibirsi con le proprie ossa per lasciare il segno? L'interpretazione è monocorde, mai un guizzo o un'espressione azzeccata... paradossalmente nel cartoon "Lady Oscar" (venutomi in mente durante la scena del ballo che fa da apripista al finale pasticciato) c'è più trasporto e pathos. 

Nessuno che abbia notato come il film fosse "joliecentrico" nelle scene con più comparse? Scene che si caratterizzano per le sfilate da passerella dell'attrice (per recarsi in metropolitana, sul treno, sugli scafi che da brava "Capitan Bastoncino" conduce stando eretta come le Madonne delle processioni marittime, all'Interpol italiana, al ballo) accompagnate da sguardi maschili in preda all'ingordigia e sguardi femminili stracolmi di astio e invidia. Nessuno che le abbia detto che non era un film sull'essere la Jolie e il "non darla a nessuno"?

Ma anche l'interpretazione e il personaggio di Depp non sono da meno, anzi. Nessuno che abbia detto a Johnny che per interpretare "l'uomo comune" (?) non necessitava mangiarsi Edward con tutte le forbici e trasformarsi in un tacchino ripieno servito durante i pranzi del giorno del Ringraziamento? 

Nessuno che gli abbia sottolineato come il cliché della fuga sui tetti in pigiama da notte sia stato già usurato negli episodi di tutti i telefilm action? 

Nessuno che abbia fatto notare alla costumista (due volte premio Oscar) Colleen Atwood che durante la scena del gran ballo alla corte della nobiltà veneziana i colori degli abiti dei due attori, per esigenze sceniche e fisiche, avrebbero dovuto essere invertiti? E invece ci ritroviamo durante la scena della "quadriglia" con lei, magrissima, vestita in nero e lui, pienotto, in bianco. 

Nessuno che abbia notato come l'interpretazione di Depp faccia già capire chi sia in realtà Frank nella scena del primo salvataggio in motoscafo, quando prima di dedicarsi al "face boarding" Depp (ammanettato ai bordi dello scafo) per difendersi da un criminale russo fa virare l'imbarcazione guidando il volante con i piedi?

Nessuno che si sia accorto che tra i due attori protagonisti non c'era alchimia? Nella scena in cui si scambiano il primo bacio sembra che entrambi siano affetti da paresi facciale per non parlare del suddetto ballo, la loro sensualità fa sudare freddo e rimandare giù i conati.

Il cast, ovviamente, è molto ricco e la presenza di Paul Bettany e Timothy Dalton dovrebbe garantire una sorta di continuità con i thriller alla Brown o i film di spionaggio alla "007" (lo stesso Dalton ha interpretato l'agente di Sua Maestà britannica due volte sullo schermo). Ma nessuno si è posto l'interrogativo del "già visto" sulla ricerca del criminale per evasione fiscale? O forse era un altro omaggio celebre, questa volta ad Al Capone? Ed è mai possibile che si debba necessariamente ricorrere all'ossessione tutta americana del "tutti ci spiano", in un vortice tra "Grande fratello" di orwelliana memoria e scazzi alla Wikileaks? Sarebbe poi possibile che un agente dei servizi segreti (Bettany) conduca un'operazione da 8 milioni di sterline per ben due volte solo perché in realtà spinto da motivi personali legati al ladro/evasore Alexander che gli ha rubato la donna (ovviamente sempre la Jolie, solo lei nel film ce l'ha)?

E come in piena guerra fredda il nemico comune è sempre il russo. Sarebbe perdonabile se il personaggio interpretato da Steven Berkoff fosse realmente russo... e invece Reginald Show (questo è il nome del personaggio) è solo un britannico che parla russo e si circonda di assassini russi... Forse è un omaggio alla "Promessa dell'assassino" di Cronenberg? 

Ed ancora... nessuno che abbia fatto notare al regista che non ci sono inquadrature che durano più di dieci secondi e che fanno venire il mal di mare? E nessuno che lo abbia rimproverato per avere speso "cento milioni... cento, signor regista!" (per dirlo alla d'Urso) per girare a Venezia e poi non mostrare nulla della città? Sembra che il vero "turista" del titolo sia il regista...

Unica nota interessante che si poteva utilizzare per i vari Paesi in cui si programma il film: usare attori locali per stuzzicare lo spettatore addormentato in un gioco caratterizzato dall' "Indovina chi è". Essendo girato a Venezia, il regista ha scelto la creme de la creme dei nostri attori: Christian De Sica che alle soglie dei 60 anni si regala il ruolo del commissario italiano (colluso con la criminalità e corrotto, of course) da cui ci si aspetta un peto o una parolaccia da un momento all'altro (ma, ahimè, si rimane delusi); Alessio Boni, Daniele Pecci (Daniele chi?), Giovanni Guidetti (mi suggerisce la signora Marisa seduta a due posti di distanza che "era quello di "Incantesimo", telenovela di Rai1"!) e Bruno Billotta come membri dell'Interpol (sempre pronti ad agire, a sparare, arrestare, in pieno stile "Venezia spara, Londra assolve"); Nino Frassica nel ruolo del carabiniere quasi "annegato" a Rialto (sono già stracult le sue due battute rivolte a Depp: "No Butt" e "Cornuto!"); Neri Marcorè nel ruolo del concierge dell'albergo pronto ad apostrofare ironicamente l'americano che non capisce nulla; Maurizio Casagrande cameriere, Raul Bova nobile veneziano "pomicione", Giancarlo Previati come coordinatore del ballo, Giovanni Esposito come traduttore dal russo e Renato Scarpa come sarto. Più che dei ruoli sembrano dei consigli su una seconda attività a cui pensare, considerando che come attori qui non valgono granché.

Risultato finale? Per dirlo con le parole dei due protagonisti, "Vorace" e "Procace"... per dirlo con parole mie: "cinepanettone" è troppo. Il termine "cinelenticchiacontornodellozampone" sembra più appropriato: inutile e "arioso".

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