Espandi menu
cerca
Buried. Sepolto

Regia di Rodrigo Cortés vedi scheda film

Recensioni

L'autore

mc 5

mc 5

Iscritto dal 9 settembre 2006 Vai al suo profilo
  • Seguaci 119
  • Post 1
  • Recensioni 1059
  • Playlist 57
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Buried. Sepolto

di mc 5
6 stelle

Lo si dice ormai d'abitudine di molti film che escono: "un film che ha diviso la critica". E invece in questo caso è proprio vero: raramente ho letto per una stessa  pellicola recensioni così diverse ed opposte. Provate a cercare in rete e verificate se non ho detto la verità: ci sono critici che hanno stilato recensioni esaltate che parlano di novità geniale ed altre di pochezza e delusione. Beh, confesso che io pure mi sono scisso in due nel giudicare un film che ha forse il difetto di voler essere troppo originale e troppo estremo e di non possedere il talento visionario e la follìa creativa necessari per esserne all'altezza. Cast e sceneggiatura più minimali di così si muore. Un unico personaggio rinchiuso per un'ora e mezza dentro una bara sepolta sottoterra. Stop. E allora chiaro che diventa indispensabile spremersi le meningi per inventarsi ostacoli, problemi e difficoltà per far soffrire il più possibile questo povero cristo. Bisogna insomma tirarla per le lunghe il più credibilmente possibile, perchè un'ora e mezza, se uno comincia a guardare l'orologio, non passa più. Ma occorre farlo inventandosi qualcosa che provochi con intelligenza, che coinvolga lo spettatore procurandogli ansia costante (ansia peraltro già "in dotazione" ad un prodotto che di per sè è un inno alla claustrofobia). Insomma, è una situazione talmente estrema che dovrebbe stimolare negli autori una vena particolarmente vivace e creativa: quella che si definisce un'autentica SFIDA. Io qua non è che voglio bastonare lo sceneggiatore, tale Chris Sparling, ma non credo che il suo lavoro abbia saputo sfruttare in modo sufficientemente intrigante la condizione estrema del protagonista. Devo altresì ammettere che era una "missione impossibile", persa in partenza. Sarà che di claustrofobìa ne soffro un pò anch'io, ma uno scenario come quello delineato nel film mi genera angoscia. Che probabilmente era poi uno degli obbiettivi perseguiti dal regista, ma io intendevo angoscia non nel senso intrigante o "maledetto", bensì nel senso che una situazione simile tende ad infastidirmi, ad annoiarmi, a rigettarla. Tuttavia in qualche modo ero incuriosito, infatti la curiosità è stata forse la sola molla che mi ha indotto alla visione. Intanto va detto che la partenza è entusiasmante: mi riferisco a dei titoli di testa strepitosi, che riportano a certe produzioni hitchcockiane, con una grafica stupenda accompagnata ad una musica assolutamente accattivante. E subito dopo quei titoli, due o tre minuti di buio e silenzio assoluti. Poi un ansimare nervoso e angosciante che è il biglietto da visita del povero Paul Conroy. Sapremo poi, a poco a poco, di come è finito là dentro. Sapremo che si tratta di un camionista del Michigan, sposato e con un figlio, che si trovava in Iraq per trasportarvi merci e che è caduto vittima di un agguato, da parte di terroristi oppure forse criminali sbandati locali, che stanno cercando di ricavare da quel prezioso ostaggio il massimo possibile del guadagno economico. Questo l'assunto di base. Sul quale verranno poi impiantate diverse "varianti di percorso", del tipo un serpente che si aggira allegramente all'interno della bara. Ma ciò che costituisce il nervo del racconto, è il singolare rapporto (nervoso, acido, disperato, malefico) che si viene a creare tra Paul e il suo telefonino. Che diventa uno strumento di notizie (tutte negative) e di attese ( tutte deluse), in definitiva uno strumento che annuncia la morte. Ma qui mi fermo  per evitare il rischio spoiler. Solo sappiate che il film inizia con l'angoscia e finisce con l'angoscia. La domanda è: "come si fa a mantenere viva l'attenzione dello spettatore con un ambaradàn del genere?". Si fa quel che si può. Cioè poco. Si cerca soprattutto di inventarsi dialoghi telefonici con interlocutori credibili. Alcuni di questi ultimi in realtà appaiono piuttosto prevedibili e telefonatissimi, tipo segretarie antipatiche e figure retoriche di  improbabili burocrati che chiedono a Paul dati formali per compilare schede d'ogni genere, provocandogli scontatissime crisi isteriche. La sensazione finale è quella di un'opera che (forse!) avrebbe potuto essere geniale se una regìa più sapiente avesse saputo sfruttare con più acume una condizione così particolare. Ma non è detto, d'altra parte, che fosse possibile fare di meglio. E allora il mio dito non è puntato tanto sul regista spagnolo Rodrigo Cortes, quanto piuttosto sulla scelta di un soggetto che, a seconda dei punti di vista, può essere giudicato IMPOSSIBILE (nella migliore delle ipotesi) e INSULSO (in quella peggiore). Nulla si può imputare comunque a Ryan Reynolds, che offre una prova convincente, tirata allo spasimo, angosciosa come il ruolo richiedeva. In quei dialoghi telefonici, poi, non è tutto così scontato. Qualche aspetto interessante viene sfiorato. Mi riferisco a toni e contenuti del dialogo tra il povero Paul "sepolto vivo" Conroy e tale Dan Brenner, che è un responsabile del Dipartimento di Stato (credo si chiami così). Costui, nel lungo colloquio, pone l'accento su aspetti interessanti. A un certo punto prova addirittura a mettersi nei panni dei ribelli-terroristi, e dice a Paul "cosa faresti tu se fossi povero e disperato in una paese in guerra?", al che Paul cos'altro potrebbe fare se non mandare il suo interlocutore a quel paese? Ma la cosa che più si rende evidente è il chiodo fisso da parte del rappresentante degli USA a "contenere" la faccenda, a non renderla pubblica, a non suscitare clamore, per l'ovvio timore di una figuraccia mediatica. Il che fa il paio con la condivisibile convinzione di Paul che se invece di un camionista là  sotto ci fosse stato un generale, ben altri sarebbero stati i mezzi messi a disposizione per le ricerche. Per quanto possa essere interessante indagare tra le pieghe di quelle parole e di quei dialoghi, resta comunque l'idea di un'opera "stiracchiata", di un'ora e mezza che doveva essere riempita ad gni costo. Anche ricorrendo a mezzucci tipo una patetica telefonata di Paul alla madre con l'alzheimer. E poi, tornando alla galleria di interlocutori telefonici che la sceneggiatura "apparecchia" per Paul,  soprattutto all'inizio, essi sono troppo grotteschi per apparire credibili: possibile che tutti, nonostante lui anticipi subito (ansimando concitato) la sua precaria situazione, non trovino di meglio che cazziarlo perchè urla troppo forte ed è maleducato?? E, altra cosa, anche una certa aria di "politicamente scorretto" che si respira a tratti, mi è parsa artefatta, diciamo poco consistente. Un commento a parte merita il finale, da alcuni ritenuto prevedibile, e che io invece ho trovato geniale, legato ad un colpo di  scena notevole, nella sua disperata deriva che fonde il drammatico col grottesco demenziale, una soluzione che sarebbe piaciuta non solo al maestro Hitchcock, ma anche al buon Richard Matheson che tanto amava le conclusioni bizzarre per i suoi meravigliosi telefilm "Ai confini della realtà". Concludendo. Un film che comincia con dei titoli di testa graficamente strepitosi e che termina con una trovata piuttosto efficace. Peccato che in mezzo ci sia 1h e 30' nè memorabile, nè entusiasmante. Un film che consiglierei solo a chi vuole provare un'esperienza "diversa". Un pò poco, quando un film si fa vedere solo per curiosità.
Voto: 6

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati