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I Wish I Knew

Regia di Jia Zhang-ke vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su I Wish I Knew

di alan smithee
8 stelle

locandina

I Wish I Knew (2010): locandina

MUBI

Sul modello un po' ibrido sperimentato con successo nel 2008 in 24 City, il gran regista cinese Jia Zhangke si prodiga, due anni dopo, in un approccio della metropoli di Shanghai raccontata attraverso una serie di interviste di personaggi per lo più anziani, testimoni diretti, o per interposta persona, dell'evoluzione degli ultimi 80 anni della grande città cinese, dai tempi in cui il centro costituiva il porto franco di collegamento con i commerci verso l'Occidente, fino alla fondazione, negli anni '20, del Partito Comunista Cinese, fino agli anni in cui, in pieni '70, Shanghai divenne il primo grande nucleo urbano a spingersi verso economie di mercato di stampo occidentale.

Il tutto senza dimenticare l'esperienza della città in ambito cinematografico, che la vide già dagli anni '30, epicentro di una macchina produttrice di opere fondamentali per la cinematografia dell'intero immenso stato-continente.

A fare da trait d'union alle diciotto interviste che caratterizzano il percorso del film, la musa del regista, ovvero l'attrice e compagna Zhao Tao, percorre silenziosa i centri urbani di una città che alterna apparati industriali altamente specializzati a dinamiche architettoniche all'avanguardia, come un angelo osservatore muto che diviene testimone di un processo di evoluzione che ha visto stravolgere i connotati, fisici e geometrici, della grande metropoli in pochi decenni.

E le memorie, quasi sempre drammatiche e macchiate di sangue di famiglie spezzate e divise, sia di alto rango, sia di origini popolari, sconvolte dai forti scombussolamenti storico-politici che hanno dato le fondamenta a quella che oggi si presenta come una città-baluardo dell'economia sempre in crescita di una nazione come la Cina, proprio negli anni della realizzazione del film accoglitrice organizzata e preparata della manifestazione clou delle dinamiche commerciali e produttive che è l'Expo, 2010 in quel caso specifico.

Jia Zhangke è un maestro nel celebrare la possanza della struttura urbana accomunata alle sorti di singoli individui e famiglie, che questa volta intervengono con testimonianze di vita drammatiche e struggenti, dal racconto delle quali trapela l'emozione di ricordi che il racconto fa tornare in vita in tutta la loro potenza evocativa di un passato turbolento pieno di contraddizioni e violenza.

La capacità di coniugare riprese e visuali tecnicamente perfette che sanno rendere poesia la perfezione geometrica di una urbanizzazione che unisce presente e futuro attraverso una sky line a dir poco avveniristica ed in continua mutazione, ai sentimenti e all'introspezione, rende particolarmente emozionante questo viaggio bi-direzionale, che parte da distante per arrivare all'oggi, e viceversa.

Molto spazio è dedicato al cinema, alle produzioni degli anni '40 e '50 attraverso il coinvolgimento di star ormai mature capitate per caso a far parte del mondo del cinema. Fino a ritrovare il gran cinesta Hou Hsiao-hsien impegnato a raccontarci la propria esperienza diretta con la città, maturata a fine anni '90 ai tempi della lavorazione del film Fiori di Shanghai (1998), in concorso al festival di Cannes quello stesso anno, girato negli studi cinematografici della metropoli, ove sono stati ricreati interi quartieri cittadini che ospitavano i vecchi bordelli di lusso conosciuti come "case dei fiori". 

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