Espandi menu
cerca
La nostra vita

Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film

Recensioni

L'autore

mc 5

mc 5

Iscritto dal 9 settembre 2006 Vai al suo profilo
  • Seguaci 119
  • Post 1
  • Recensioni 1059
  • Playlist 57
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su La nostra vita

di mc 5
10 stelle

Ecco il cinema italiano che preferisco! Un cinema che parla di Noi, che racconta l'Italia contemporanea partendo dai sentimenti della gente comune. Tutto qua. E molto altro certo, ma la sostanza è il carne e il sangue di persone autentiche raccontati da bravi sceneggiatori, messi in scena da talentuosi registi ed interpretati da ottimi attori. E, perdonatemi la retorica, ma quando vedo film come questo che vincono premi prestigiosi a festival internazionali ed incassano recensioni quasi unanimemente positive, beh, io mi sento anche un pò orgoglioso di essere italiano (una sensazione che è l'esatto opposto di quella che provo quando certi politici italiani rilasciano dichiarazioni imbarazzanti che tutto il mondo giudica). Rigore, senso della misura, profondità psicologica dei personaggi, vicende dolorose collocate su sfondi autentici e credibili, sguardo consapevole su amare derive sociali del nostro presente, osservazione impietosa delle problematiche che attraversano il mondo del lavoro, impotenza nella elaborazione del lutto e della solitudine, la famiglia come punto di riferimento che resiste anche ai mutamenti sociali, la lotta quotidiana per sopravvivere con dignità...Tutti questi ingredienti vengono amalgamati e "cucinati" a fuoco lento e proposti in tavola ad un pubblico che non potrà che apprezzare questo piatto dal sapore intenso e dal gusto forte e sincero. C'è qualcosa in questo film, di energico, aperto e sincero, che ti conquista fin dai titoli di testa, con Claudio ed Elena distesi sul letto che cantano a squarciagola una canzone di Vasco Rossi, la "loro" canzone. Sì, perchè la cosa che si afferra subito è che si tratta di due PERSONE e non di due PERSONAGGI. Sarà la bravura dei due attori, sarà la "mano" di  Luchetti, ma quei due "sposini" li percepisci subito nella loro umana carnalità. Poi, questo senso di autenticità, con l'evolversi drammatico degli eventi, ti si appiccica addosso. E di Claudio quasi ti sembra di percepirne il respiro. Dopo mi soffermerò sul cast, ma lasciatemi anticipare che un Elio Germano così carnale nella propria sontuosa foga espressiva, ci offre una performance gigantesca! Io voglio solo sperare che Elio, nell'ampio e luminoso futuro che ha davanti, sappia ancora regalarci prove di questo livello. E in proposito, se posso evocare qualche momento tra i più esaltanti del furore artistico di Germano, vorrei segnalare due sequenze. Innanzitutto quando, nel corso di un funerale, con le lacrime agli occhi urla disperato ancora quella stessa canzone.di Vasco. E poi lo sguardo perso nel vuoto, quei suoi occhi sull'abisso, nel momento in cui un'infermiera gli comunica una notizia tristissima: in quell'attimo lo spettatore prova un brivido, ha la percezione che fra la poltrona e lo schermo ci sia un cordone di emozione così robusto che sembra quasi di poterlo toccare. Ma, dato a Elio quel che è di Elio, sarebbe più che riduttivo limitare il senso di questo film alla sua sola (benchè esaltante) performance: è tutta l'impostazione (di sceneggiatura e di regia) ad uscirne a pieni voti, insieme ad un cast di supporto di livello straordinariamente elevato. A dire il vero, pur tra recensioni tutte positive, qualche riserva condivisibile qua e là l'ho colta. Ma: 1) è senza dubbio il film più riuscito di Luchetti  2) in ambito di cinema italiano resta un'opera memorabile. E, giusto a proposito di "cinema italiano", permettetemi una digressione sentita e sincera. Che parte da una domanda. Cos'hanno in comune i seguenti tre personaggi? 1) il professore goffo e imbranato, ma ricco di umanità dolente, di Valerio Mastandrea ne "La prima cosa bella" di Virzì  2) l'addetto al catering, stressato da una vita che gli va stretta e da una famiglia che lui ama ma da cui si sente soffocato, di Pierfrancesco Favino in "Cosa voglio di più" di Soldini  3) il manovale che, perso il senso della sua vita si trova solo come un cane a cercare nei soldi e nella rivalsa sociale uno sbocco sbagliato, di Elio Germano in "La nostra vita". Questi tre uomini secondo me, fatte le debite differenze di contesti e di psicologie, hanno tantissime cose in comune...tanto che, idealmente, mi piace fantasticare di vederli tutti e tre incrociare le loro esistenze in un unico film (!). In realtà sono frutto della mente di sceneggiatori splendidi, di quelli che prima di tutto AMANO i personaggi cui danno vita e forma. Ma sono soprattutto tre persone VERE, tre italiani credibilissimi, nei cui sentimenti, passioni e dubbi, ciascuno di noi spettatori non può fare a meno di riconoscere almeno una piccola parte di sè. E allora il cerchio si chiude: un cinema che parla di NOI. Che racconta come siamo fatti noi italiani contemporanei. Uno dei compiti primari del cinema nazionale non è forse questo? E dopo questa domanda retorica, vorrei idealmente abbracciare, in un gesto che significa riconoscenza, questi tre grandi cineasti che si chiamano Virzì, Soldini, Luchetti, invitandoli a continuare nel racconto di Noi e del nostro Paese. Che è poi quello che facevano i Germi, i Zampa, i Sordi, i Tognazzi, i Gassman, i Monicelli, i Zavattini e tutti tutti gli altri grandi Maestri della regia, della sceneggiatura e della recitazione, quelli che hanno reso indimenticabile il nostro Cinema. Ecco, io sono convinto che, così come oggi si guardano i vecchi film in bianco e nero con Sordi e Gassman per capire com'era l'Italia dei nostri nonni, fra qualche decennio a questa funzione assolveranno i film dei tre cineasti contemporanei che ho citato. E che si tratti di commedia o di dramma, badate, è solo un dettaglio: in entrambi i modi si può cogliere lo spirito di una Società. La macchina da presa di Luchetti insegue talmente stretto il volto di Germano da restituirne ogni palpito allo spettatore, generando grande coinvolgimento emotivo. A conferma ulteriore del felice modo di "girare" di Luchetti, posso dire che, per quanto mi riguarda, in certe sequenze (sia quelle nei cantieri che quelle che vedono famiglie riunite e tavolate) ho percepito quasi come di essere "presente" su quel set. Gran parte del film si svolge sullo sfondo di un cantiere edilizio, scenario famigliare a tutti noi. Le vicende di immigrati utilizzati in questo settore senza regole, i meccanismi oscuri di certi subappalti, sono tutte cose che conosciamo bene, o per esperienza diretta o perchè qualche conoscente ci ha riferito di casi autentici. Ho ancora negli occhi l'espressione severissima ed arcigna della solita signora Anselma dall'Olio che in tv ha accusato Luchetti di essere stato mosso da sentimenti "d'opposizione" (indovinate a CHI). La signora ha detto in particolare che "il regista non si può permettere di alzare il ditino per fare lezioni di morale". Cosa vuoi commentare di fronte ad opinioni del genere? Presumo che molti voi abbiano già visto questa pellicola: ebbene ditemi voi dove sta rintanato in questo film l'intento antiberlusconiano?! Ma no. Questo film è solo la storia di un uomo che, abituato alla prospettiva famigliare modesta ma dignitosa di quei tanti che (volenti o nolenti) si devono accontentare, ad un certo punto, rimasto da solo ad affrontare la vita, sceglie di porsi davanti ad essa "a grugno duro", armandosi di un cinismo rabbioso che non è nella sua natura, intravedendo la sola via di riscatto nel fare soldi anche praticando l'illegalità. A casa mia, signora dall'Olio, questo si chiama indagare e riprodurre la realtà, qua l'opposizione al suo "politico di riferimento" non c'entra una fava. Claudio è un uomo che si sentiva "attrezzato" ad affrontare la vita, ma che, dall'oggi al domani, si sente come una tabula rasa, svuotato di tutto, e allora ecco che scattano dei meccanismi di difesa che implicano il tirare fuori dal suo profondo il peggio di sè. Ma quando lui si accorge che il suo furore di rivalsa egoista lo ha condotto in un vicolo cieco, si rifugia nella comprensione dei parenti, trovandovi accoglienza. E qui bisogna puntualizzare due cose. Prima di tutto che Claudio è un uomo (nella sfortuna) anche fortunato, perchè nella vita vera mica tutti (anzi: pochi!) hanno questa possibilità. E poi c'è un problemino che parecchi critici hanno sollevato. Questo film ha il suo lato più discutibile nel finale, da molti giudicato eccessivamente "consolatorio". Mah. Io ci ho riflettuto, arrivando alla conclusione che se film fosse finito con un gesto estremo e tragico, forse l'accusa sarebbe stata  quella di prevedibilità. E finalmente veniamo al cast. Di Germano ho già detto tutto quello che c'era da dire. Isabella Ragonese. Non ci sono dubbi sul fatto che Isabella sia l'attrice italiana del momento. Tutti la cercano, tutti vogliono lavorare con lei, che è l'italiana più versatile, in grado di affrontare con medesima brillantezza ruoli e sceneggiature d'ogni genere. E poi ci sono dati che parlano chiaro: questa ragazza nel giro di due anni ha partecipato a sette film importanti, un risultato che ben poche attrici si possono permettere. Luca Zingaretti. Semplicemente perfetto nel tratteggiare questo vicino di casa che traffica in qualsiasi cosa sporca come fosse la cosa più naturale del mondo: e infatti ha la faccia tosta di affermare che se l'economia nazionale si ispirasse di più alla sua "microeconomia" (di spacciatore di quartiere) l'Italia sarebbe un paese migliore. Raoul Bova. In un ruolo dai toni trattenuti ma utilizzato qui in modo assolutamente geniale: ma a chi poteva venire in mente di affidargli il personaggio di un timidone sfigatissimo che con le donne ha seri problemi di comunicazione? Stefania Montorsi. Brava attrice (a cui aggiungerei donna affascinante) che da qualche anno si vede pochissimo in giro, e che forse non molti sanno essere stata la ex mglie dello stesso Luchetti. E infine colui che esce dal film come vincitore sul piano del talento attoriale, almeno quanto lo stesso Germano: Giorgio Colangeli. Ho sempre avuto un debole per questo attore e per la sua impronta sempre così sobria e al contempo autorevole. Io conservo un ricordo molto tenero di Colangeli, di una sera in cui, nel corso di una diretta tv, gli venne consegnato un premio importante e lui reagì commuovendosi visibilmente, al punto che mi sorpresi a commuovermi anch'io, immaginando che dietro quel professionista si nascondesse nella vita un gran bella persona. Molto ci sarebbe da dire anche sulla coppia di sceneggiatori più rodata d'Italia: Rulli e Petraglia. Chi bazzica con frequenza "cose di cinema" sa bene che esiste un "partito" di chi non sopporta un loro presunto "stile" nello scrivere storie: ecco, io non solo invece amo proprio questo "stile", ma nel sarcasmo di certi loro detrattori ho individuato un rancore che ha in sè qualcosa di reazionario. Concludendo. Regista, sceneggiatori, cast: un film che fa onore all'Italia del Cinema. E un personaggio (questo manovale di Germano) destinato a restare, per gli anni a venire, un ritratto umano indimenticabile.
Voto: 10

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati