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Another Year

Regia di Mike Leigh vedi scheda film

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La recensione su Another Year

di Peppe Comune
8 stelle

Tom (Jim Broadbent) è un geologo, Gerri (Ruth Sheen) una psicologa, felicemente sposati da molti anni, la loro casa situata alla periferia di Londra è come una sorta di rifugio sicuro per i tanti amici che non se la passano bene come loro. Tra questi ci sono Mary (Lesley Manville), che fa la segretaria all’ospedale dove lavora Gerri, una donna fragile alla perenne ricerca di un uomo che sappia amarla, e Ken (Peter Wight), un vecchio amico di Tom, dall’aria malinconica e con trascorsi d’alcolista non completamente superati. Coltivano amorevolmente il loro orto Tom e Gerri e nella loro casa c’è sempre di che mangiare per gli ospiti e del buon vino da servire. Hanno anche un figlio, Joe (Oliver Maltman), che fa l’avvocato a Londra e che un giorno gli porta a conoscere Katie (Karina Fernandez), la sua ragazza. Succedono anche cose brutte a Gerri e Tom, come la morte della moglie di Ronnie (David Bradley), il fratello di Tom, che loro decidono di ospitare nella loro casa per qualche giorno. Ma loro affrontano le cose sempre con serenità, con lucida consapevolezza, un atteggiamento che gli deriva dalla forza della loro unione.

 

 

Al cinema si può filmare la difficoltà di vivere per quella che è, guardandola direttamente in faccia, rappresentandone il rapporto di causa effetto che ne fa da premessa. Oppure, è possibile girare a largo sottintendendola in maniera evidente anche se è verso un rapporto pacificato con la vita che l’attenzione viene concentrata. E’ quello che fa in una maniera molto sofisticata Mike Leigh in “Another Year”, un film che, attraverso l’idillio coniugale di Tom e Gerri, ci conduce dentro la straordinaria difficoltà per ogni essere umano di costruirsi un soddisfacente equilibrio esistenziale. Mike Leigh si conferma un autore attento alle piccole storie prese nella loro più semplice dimensione ordinaria, alle relazioni umane che fanno e disfanno scenari di vita sempre diversi. Il bravo regista inglese è solito fare un cinema che sprigiona delle venature sociali anche solo rimanendo attaccato a minuti microcosmi domestici, incline a pedinare i suoi personaggi facendo emergere da lunghe inquadrature i tratti emblematici che li caratterizzano. In questo film, ha la capacità di “imprigionare” dentro singole inquadrature domestiche (alla Ozu mi verrebbe da dire, se con ciò non si corresse il rischio serio di apparire blasfemi) elementi “speculativi” tra loro differenti, come il piacere di stare insieme e la difficoltà di relazionarsi con gli altri, il conforto di una bella amicizia e la sofferenza sottaciuta per la felicità altrui, le bevute di vino in compagnia e il demone del disincanto, lo scorrere del tempo e delle stagioni e il procedere costante dei comportamenti.  

La vita non è per tutti generosa, c’è chi ha trovato un proprio equilibrio esistenziale e chi, invece, un equilibrio non riesce proprio a raggiungerlo, chi può assorbire in una raggiunta pacatezza d’animo ogni turbolenza che la vita può presentare e chi rischia di trasformare ogni accidente come una tappa devastante per la propria esistenza. Tom e Gerri incarnano  il tipo di coppia che sa di essere stata molto fortunata, certamente conscia che molto dipende dalla natura dei loro caratteri e dall’ inclinazione mentale determinata dai rispettivi talenti, ma anche consapevole che l’essersi incontrati ha facilitato le cose ad entrambi. Sono molto affiatati, con un grado di complicità coniugale che rasenta la perfezione. Sanno sempre come parlare, chi deve reggere il gioco a chi e quando è sufficiente uno sguardo per capirsi. Intorno a loro ruotano tutte persone a diverso modo deluse dalla vita e la loro casa è un porto sicuro per chiunque abbia necessità di ricevere a gratis un po’ di calore umano. Tutto questo però non gli impedisce di essere partecipi delle umane contraddizioni, ma il fatto è che loro cercano di essere dei portatori sani di quelle debolezze umane che a nessuno sono precluse, di disinnescarle a monte inserendole nel più complesso quadro dell’universo modo. Le cose succedono, l’importante è non lasciarsi assoggettare oltre il limite consentito dagli eventi. Un’attitudine questa che li porta a vivere in maniera “sentimentale” ogni accadimento che scandisce lo scorrere delle loro vite : a vestire di sacro ogni spazio del quotidiano. Perché è il quotidiano il loro spazio deputato, il teatro della vita dove nascono e muoiono le relazioni umane più disparate, dove lavorare costantemente e con amore un orto, dove avere una casa accogliente che può sempre offrire “da mangiare per tutti”, dove la scorrere delle stagioni li scopre sempre uguali a se stessi, indipendentemente dagli scenari che preparano, belli o brutti che siano. Perché è il quotidiano dove si compie per Tom e Gerri la lenta liturgia delle piccole cose. Ed è questo quotidiano che viene catturato con precisione dalla macchina da presa, che come un segugio cince d’assedio il piccolo microcosmo dove tutto si compie, ogni slancio emotivo, ogni eccesso passionale, ogni ferita che si riapre, ogni minuto che passa. L’abilità di Mike Leigh sta nel far emergere la smobilitazione degli affetti nel momento stesso in cui ci mostra la sincera attitudine di Tom e Gerri ad accogliere viandanti. Il punto sta nel fatto che l’alcova calorosa della coppia agisce per riflesso sulla generale mancanza di sicurezze di tutti gli altri (emblematico in tal senso è il fatto che il film cominci sul luogo di lavoro di Gerri, dove le persone cercano di trovare una soluzione ai propri problemi), la loro serena felicità appare quasi imbarazzante al cospetto dell’incapacità altrui di venire a capo delle proprie insoddisfazioni esistenziali. In quest’ottica, un ruolo centrale nell’economia del film è quello occupato da Mary (veramente brava Lesley Manville), la quale sembra accogliere con malcelata sofferenza la felicità dei suoi migliori amici, ma non perché sia cattiva o ne provi invidia, ma perché in essa vede riflettersi tutta la sua insoddisfazione alla vita. La camera da presa indugia spesso sul suo volto invaso di tristezza, sul suo inappagato desiderio di essere amata, facendone la persona che, nel mentre si insinua come un elemento di turbolenza nella serena esistenza della coppia,  accresce di senso la loro devozione alla vita. Quella vita che vale sempre la pena di essere vissuta, in ogni suo momento. Film di garbata raffinatezza, secondo lo stile di Mike Leigh.

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