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L'amore che resta

Regia di Gus Van Sant vedi scheda film

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La recensione su L'amore che resta

di FilmTv Rivista
6 stelle

L’amore non è più freddo della morte, è un dolcetto di Halloween da assaporare in attesa che il giorno finisca. Così è per i due protagonisti adolescenti dell’imperdibile L’amore che resta di Gus Van Sant, film di inaugurazione del Certain Regard di Cannes 2011. Figurette androgine, l’uno lo specchio dell’altra, Enoch (Henry Hopper, figlio esordiente di Dennis) e Annabel (Mia Wasikowska, l’Alice di Tim Burton) giocano a fare Harold e Maud, danzano sulla sponda dell’aldilà, assidui frequentatori di funerali, di morgue e di fantasmi. Il regista di Last Days torna a spiare l’espressione dei suoi teenager inquieti, ma non siamo nella vigilia macabra di Kurt Cobain, gli ”ultimi giorni” sono lunghi una vita, e il film fluttua in luoghi senza tempo, scivola nel look vintage di abiti anni 20 e 60, tra trine, merletti, jeans e t shirt. Atmosfera rarefatta di un Romeo all’ultima moda, un James Dean shakespeariano, e di una Giulietta malata di cancro terminale al cervello, pittrice di insetti e di uccelli, innamorata di Darwin e di uomini e coleotteri fratelli dello stesso mondo. Sorridente perché l’allodola che cantava per gli amanti suicidi ringrazia a nome suo di essersi svegliata ancora viva. Gus Van Sant sa orchestrare i volti diafani e catatonici di questi angeli ragazzini, Enoch e Annabel, soli, in assenza di adulti (lui ha perduto i genitori in un incidente d’auto, lei ha una madre alcolista), alle prese con il countdown che li separerà. E ci regala un melodramma in forma di commedia con l’aiuto dello spettro di un kamikaze 20enne, morto in battaglia, Hiroshi (Ryo Kase). Compagno invisibile di Enoch, concederà ad Annabel un ultimo consiglio, non andartene in silenzio, non fare come me. Lezione imparata quando si schiantò sul nemico senza prima aver consegnato la lettera d’amore alla sua bella. Nei rituali essenziali del suo cinema, Gus Van Sant allestisce una sinfonia andante con brio per l’addio della piccola dall’aspetto cangiante, zazzera bionda e vestito gotico di garza rosa. Una festa lunga tre mesi, il tempo per imparare il francese, diventare maestra di xilofono e far passare a Enoch la voglia di buttarsi nel fiume. Il club dei ragazzi morti, i poeti, ringrazia.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 41 del 2011

Autore: Mariuccia Ciotta

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