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L'amore che resta

Regia di Gus Van Sant vedi scheda film

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La recensione su L'amore che resta

di supadany
8 stelle

Lui, lei, il fantasma giapponese e Charles Darwin.

Gus Van Sant esplora ancora il mondo di problematici adolescenti con questa storia drammatica e di evoluzione personale raccontata e tratteggiata in tutte le sue forme in maniera originale e disincantata, una storia d’amore che si smarca dai soliti convenevoli di rito e che conquista per la sua spontaneità e la sua voglia di guardare oltre le apparenze o dati di fatto.
Enoch (Henry Hopper) e Annabelle (Mia Wasikowska) s’incontrano ad un funerale e la ragazza è subito attirata da questo ragazzo misterioso.
Non le rimane molto da vivere, mentre lui non sta vivendo da quando ha perso i genitori, insieme riusciranno ad affrontare al meglio quello che la vita ha predisposto per loro, riempiendosi le poche giornate che possono condividere insieme.
Amore e morte si compenetrano efficacemente in questo bel film di Van Sant.
Protagoniste sono due solitudini che s’incontrano e si aprono l’un l’altra per un ristretto lasso di tempo e che si aiutano vicendevolmente, e senza tornaconti, a capire la vita (lui) ed avvicinarsi alla morte (lei).
Due caratteri, molto ben rappresentati (seppur in modo diverso tra loro, più compulsivo lui, più temprata e tranquilla nonostante tutto, o forse proprio per questo, lei), vicini e distanti che tra dialoghi singolari (la morte si affronta senza far finta che non esista, d’altronde è un passaggio obbligato della vita stessa, con sfumature ironiche azzeccate), situazioni particolari (vedi per esempio la simulazione della dipartita di Annabelle) con solo alcuni momenti un po’ fuori tono (qualche sbottò di Enoch che comunque rientra nel suo percorso di acquisizione di coscienza), ma sono solo fugaci scampoli di una vicenda che invece trova per lo più vie di esposizione che lasciano il segno.
Aiutano a conseguire un brillante risultato una pregevole fotografia autunnale dalle tinte tiepide, una colonna sonora ballerina (nel senso di mutevole) firmata da Danny Elfman che amplifica sensazioni difficili da comunicare a parole ed i costumi che nel loro essere eccentrici amalgano e suggeriscono i caratteri di chi li indossa.
Bello anche il finale che arriva come deve essere, dove i ricordi valgono più di mille parole.
Direi dunque che trattasi di un considerevole lavoro, Van Sant dimostra ancora una volta di saper raccontare come pochi storie fuori dal coro ed esplorare con sguardo accorto, ma mai programmatico, mantenendo un equilibrio fuori dal comune.
Toccante, ma senza retorica o utilizzo di espedienti inflazionati, ed universale per il suo saper ondeggiare tra i diversi influssi in ballo (vita e morte, amore e rancore).
Sorprendente.
VOTO : 8/10.

Su Gus Van Sant

Regia notevole per come riesce a trattare i difficili toni del racconto, ma anche per la rilevanza estetica con molte scelte ardite davvero riuscite.

Su Mia Wasikowska

Ottimo ruolo, uno di quelli che non ti abbandonano per parecchio tempo, ma bellissima anche la sua interpretazione che conquista dalla prima all'ultima scena.
Bravissima.

Su Schuyler Fisk

E' la sorella maggiore della protagonista.
Ruolo semplice espletato con disinvoltura.
Più che sufficiente.

Su Jane Adams

Il ruolo della zia di Enoch non ha tanto spazio, ma almeno due scene importanti nelle quali è chiamata fortemente in causa.
Discreta.

Su Chin Han

Ruolo semplice semplice (il dottore di Annabelle).

Su Henry Hopper

Volto interessante e non potrebbe essere altrimenti visti i geni che si porta appresso.
Un pò troppo brusco in alcuni frangenti, ma ha tutto per far bene in futuro e già qui fa una buona figura, mostrando una personalità niente male.
Promettente.

Su Ryo Kase

Nei panni dell'amico immaginario del protagonista.
Discreto.

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