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Biutiful

Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film

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La recensione su Biutiful

di logos
9 stelle

Primo film interamente scritto e diretto da González Iñárritu senza la presenza della sceneggiatura di Arriaga. Una scrittura dunque per certi versi lineare, ma non affatto classica. E’ come stare sulle montagne russe, o meglio ancora su un pullman che si aggira per vie impervie, al tempo stesso dolci e inquietanti, e l’unica cosa che si deve fare, a questo punto, è o scendere, visto il tempo di ben più di due ore che ci attende, o lasciarsi andare come è giusto che sia, per farsi inondare da un film che puntando il suo sguardo su una Barcellona martoriata dal capitale globale, ci invita e ci costringe a entrare nei mondi reietti di questa città, tra superstizioni, sfruttamento di extracomunitari, corruzione della polizia locale per chiudere un occhio, e piccoli capocci, del luogo o extracomunitari anch’essi, che prendono in subappalto lavori edili per costringere poi i loro sottoposti a un’esistenza ancora più amara.

In questo mondo non ci sono i buoni o i cattivi, ma figure che lottano per sopravvivere, che giocano un equilibrio impossibile tra altruismo e sopraffazione pur di restare a galla nell’illegalità. Uxbal (interpretato da un grande Javier Bardem) è uno di questi, e il film insegue il cammino della sua esistenza oramai prossima alla fine per cancro alla prostata. La sua condizione non è delle più rosee, è in via di progressivo disfacimento, eppure... alza la testa a modo suo, non per erosimo o per chissà quale spirito edificante, ma semplicemnte perchè è un'esistenza che si desta alla morte.

Deve tenere a bada due figli, Ana e Mateo, mentre la sua ex moglie Marambra, affetta da un disturbo bipolare, è prima respinta e poi riaccolta in un’altalena di tira e molla perturbante, per lei, per lo stesso Uxbal e per i bambini. E’ Marambra che ama intensamente Uxbal, ma che poi abbandona i bambini durante la notte per andare a fare i suoi massaggi per le vie di Barcellona, o per avere qualche rapporto con il fratello di Uxbal; è sempre Marambra che chiede disperatamente di restare con Uxbal, salvo poi precipitare nelle sue crisi distruttive per sé e per quelli che ama. Ma Uxbal deve fare i conti anche con il suo lavoro sporco. Deve rimediare quattrini organizzando il lavoro agli extracomunitari senegalesi e cinesi, facendo da tramite corruttivo tra i sub-appaltatori e i poliziotti. In più, i rapporti con il fratello non sono buoni: li accomuna il fatto che devono togliere dal cimitero la salma del loro padre dietro rimborso, per via di nuove costruzioni commerciali imposte dal piano urbanistico che spazzerà il cimitero medesimo (bella metafora sul capitalismo che succhia la pelle non solo ai vivi ma anche ai morti) . Il loro padre era un anti-franchista, che se ne dovette andare dal paese per riparare in Messico e poi lì morire per polmonite. Il fratello di Uxbal pensa soltanto ad arraffare, mentre nel nostro protagonista c’è la consapevolezza che tutto quello che sta facendo, per quanto sia necessario a sopravvivere, non è sensato, soprattutto quando viene a sapere che la sua morte è vicina.

Vediamo allora un uomo che vuole continuare a vivere, ma la morte lo costringe a prendere coscienza della sua esistenza, dell’amore che ancora gli resta da dare ai suoi figli, alla sua ex-moglie, e a tutti quegli extracomunitari che indirettamente sono morti per causa sua (come i cinesi asfissiati dalle stufe elettriche che egli aveva comprato per tenerli al caldo) o rispediti al loro paese, a causa di una retata ripresa in tutta la sua drammaticità. Proprio la moglie di un espatriato verrà aiutata da Uxbal, la quale si prenderà a sua volta cura dei figli di lui, fino a quando, ricevuta una lauta somma di riconoscenza dal protagonista, se ne andrà, probabilmente per ritornare al suo paese nel Senegal (a me piace pensare che sia andata così, e non che all’ultimo momento sia tornata a casa di Uxbal, percè non c'è un'ingenua bacchetta magica che separi l'egoismo dall'altruismo; anzi pare che il regista, tra le tante cose, voglia proprio mettere in evidenza questo inestricabile intreccio, non solo principalmente nella figura del protagonista, ma anche in quella della sua ex moglie, del poliziotto socio, e della donna che si è presa cura dei suoi figli, ma che ora deve pensare a sè e alla sua vita). 

In più Uxbal non solo è attorniato dalla morte e ne è esistenzialmente consapevole, ma ha anche un rapporto telepatico con il mondo dei morti. Con il contatto fisico riesce a sentire gli ultimi pensieri dei deceduti, i loro desideri, le loro speranze, e per questa sua capacità si aggira tra un lutto e l’altro accettando, ma con diniego, compensi in denaro. Uxbal è un uomo con tutte le sue contraddizioni, colto durante i mesi che lo separano dalla sua dipartita. E in queste contraddizioni, si arrabatta come può, cercando di canalizzare la rabbia, di non esplodere, e di trovare un senso alla sua sofferenza fisica che diventa sempre più acuta, e soprattutto mettendo in ordine i conti da un punto di vista esistenziale.

 

Se di trama si può parlare in questo film, possiamo dire che essa ha uno stile panoramico sull’esistenza e su Barcellona nei suoi bassi fondi, dove si alternano momenti di apertura e di claustrofobia, di vita e di morte, di lucidità cosciente e di ombre oniriche proveniente dall’Es e dal mondo dei morti. Anche il tema del dialogo con i morti lo si può interpretare come una metafora laica, ma che sta ad indicare che la vita terrena, se ha un significato, è perché si regge nell’invisibile delle esistenze passate, non importa poi che tali esistenze passate non abbiano o abbiano una loro enticità oggettiva. Importa sapere, invece, che un’esistenza, vissuta fino in fondo nel proprio essere in possibilità, non può non confrontarsi con la possibilità più propria, certa e insuperabile, vale a dire la possibilità dell’impossibilità di ogni possibilità, che come tale è sempre presente, e come tale fonda le stesse possibilità, le apre a un qualcosa di altro, a un al di là, dove quel che è passato ritorna, e i figli incontrano i padri, e i padri incontrano i figli, e tutto ricomincia dall’inizio, perché l’inizio, il vero inizio, è soltanto alla fine, come nel cerchio di un anello prezioso, da custodire di generazione in generazione...  

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