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Tutti per uno

Regia di Romain Goupil vedi scheda film

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La recensione su Tutti per uno

di lao
6 stelle

Milana( Linda Doudaeva) e Blaise ( Jules Ritmanic) sono in vacanza insieme; sono entrambi alle soglie dell’adolescenza, lui non è ancora un uomo e lei non ancora una donna, eppure non sono più bambini: i loro corpi si sfiorano mentre guardano la pioggia dai vetri di una finestra formare strisce lunghe e sottili che si intrecciano e poi svaniscono, come fossero destini. E il destino lì riporta a quella finestra dopo anni e anni: hanno vissuto un esistenza lontano l’una dall’altra, siamo nel 2067, il paesaggio attorno a loro è mutato, le case sono bianche, asettiche, silenziose. Per riempire quel vuoto  a loro non resta che la memoria di quel momento lontano  di un’infanzia coraggiosa e felice: il film di Goupil è appunto il racconto di un’avventura vissuta da un gruppo di ragazzini a Parigi negli anni recenti in cui il governo di Sarkozy decide l’espulsione dei sans papier, bambini compresi. Se noi vivessimo nel migliore dei mondi possibile, i bambini avrebbero il loro paradiso, impenetrabile ai meschini interessi degli adulti; purtroppo così non è, e Blaise, Malena e i loro amici quel paradiso devono proteggerlo con la fuga. Malena è cecena, la sua famiglia non ha i documenti in regola e quindi dovrebbe lasciare il paese, se i suoi compagni non mettessero in atto un piano per salvarla.  “Les main en l’air” è di fatto la storia di una lotta disperata di un assedio, conclusosi con la resa incondizionata degli assediati: a braccare i piccoli eroi è non tanto la polizia di Stato bensì il senso di colpa per una felicità non consentita. La piccola cecena soffre per la vergogna di stare bene con Blaise e la madre di lui Cendrine ( Valeria Bruni Tedeschi) in campagna, lontana dalla città e dalla sua famiglia, ma su tutto il piccolo gruppo  i grandi proiettano un’ombra ingombrante. La forza dei piccoli sta però nella capacità di  estraniarsi e abitare un universo a parte, di cui poi una volta cresciuti e “regolarizzati” non possono fare a meno di provare nostalgia: il sentimento dell’eden perduto e il tentativo di delinearne i connotati è la parte migliore del film, nella quale lo spettatore dimentica il contesto e segue affascinato le peripezie della banda fra famigliole di topolini, liquirizie rubate e bagni sul fiume. Goupil si mostra qui consapevole che le rivoluzioni infantili non muovono da ragioni ideologiche o sociali quanto piuttosto dal gusto innato per la trasgressione: per questo relega sullo sfondo l’indignazione per la politica governativa verso gli immigrati e affida quasi esclusivamente alla passione civile dell’adulta Cendrine il ruolo di coscienza critica senza se e senza ma. Ma il lungometraggio fallisce proprio nel contrapporre alle genuinità dei ragazzini  un mondo adulto dogmaticamente chiuso fra convinzioni, paure, isterie e obbedienza acritica alle imposizioni governative. Per confronti e percorsi culturali suggeriti dal film cfv mio blog: http://spettatore.ilcannocchiale.it/post/2656940.html

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