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The Host

Regia di Joon-ho Bong vedi scheda film

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La recensione su The Host

di Antisistema
7 stelle

Di monster movie se ne sono fatti tanti ed eseguendo una ricerca veloce, si scopre che in oriente c'è una filmografia sterminata sull'argomento, anche se la stragrande maggioranza di questa roba non è mai giusta qui in occidente; Bong Joon-ho non temendo la ricca tradizione di kaiju movie, al suo terzo film dopo lo splendido capolavoro di Memorie di un Assassino (2003), decide di cimentarsi con un monster movie, girando questo The Host (2006), che verrà accolto da critiche più che positive (con tanto di esaggeratissimo 3° posto nella classifica del 2006 dei Cahiers du Cinema), ottenendo all'epoca il record di pellicola più vista in Sud Corea, che grazie a tale fortuna al box-office, è riuscita ad arrivare anche nel resto del mondo. 
Rispetto al thriller socio-antropologico precedente, con The Host siamo più nel territorio del cinema di genere, arrivando a sfruttare la figura del mostro come strumento per descrivere come la società sudcoreana si ritroverebbe ad affrontare una simile emergenza e le implicazioni del paese a livello internazionale, con le intrusioni massive da parte della super potenza degli Stati Uniti, dove questi ultimi di fatti sono a tutti gli effetti i manovratori di tutta la vicenda, a cominciare dalla creazione "involontaria" della creatura, nata a seguito della contaminazione del fiume Han per via di sostanze tossiche riversate in esso da un laboratorio militare USA presente nel paese, per poi voler gestire in prima persona tutti gli aspetti dell'emergenza, durante la quale il personale medico-militare sudcoreano viene visto dagli occhi del regista, come una ridicola massa asservita ad una potenza straniera, incapace di prendere in prima persona le redini del proprio paese. Ne esce un film giustamente anti-americano, come si evince anche dallo straniante finale, nel quale i politici sparano falsità mentre i due personaggi si prestano al bisogno primario di sopravvivere tramite l'atto del mangiare, ma l'invettiva risulta un tantinello ipocrita, poichè alla fine il regista a differenza del precedente e ben più incisivo Memorie di un Assassino, nel quale descriveva in modo eccelso ed inquietante la violenza e la degradazione morale del proprio paese, qui sembra in gran parte assolverlo tramite una mera satira bonaria, per traslare i vari problemi negativi dell'emergenza esclusivamente sulla troppa invadenza USA sulla propria nazione, senza la cui presenza  la Sud Corea a suo dire risolverebbe i suoi problemi, quando in realtà tutte le negatività sono in gran parte dovute ad una società ipercompetitiva, che ha abbracciato i precetti del capitalismo di matrice americana in chiave iper-estremista, marginalizzando i più deboli, i quali non a caso sono i vari protagonisti della pellicola. 

 


Gang (Song Kang ho) e suo padre Hie, gestiscono un negozio di calamari e rivendita di cibo in riva a fiume Han, mentre gli altri due figli sono Nam-il, un laureato spiantato in cerca di lavoro e Nam-joo, una tiratrice con l'arco che soffre sotto pressione quando deve dare il meglio di sè nel momento decisivo. Gang è la pecora nera della famiglia, poco sveglio, non molto intelligente (mancanza di proteine da piccolo secondo il padre), emotivamente instabile come la recitazione troppo caricata e a squarciagola del proprio interprete (ma in realtà di tutto il cast, il tono semi-serio di Bong non sempre risulta ben gestito, la grattata di palle da parte di Gang mentre il fratello si dispera è un tantino fuori luogo, così come la dormiveglia di quest'ultimo e della sorella, mentre il loro padre parla dei problemi di Gang), ben lontana da quella sarcastica intrisa di nero umorismo violento di Memorie di un Assassino, sui cui livelli ritorna solo nella mezz'ora finale purtroppo. L'uomo è stato lasciato dalla moglie e vive insieme a sua figlia Hyun-seo, la quale nel momento dell'attacco della creatura mutante uscita dal fiume, viene catturata dal mostro e portata nelle fogne. Bong mostra l'intera famiglia ed il suo mutamento progressivo legandolo alla ricerca spasmodica della creatura, inserendo di contorno un insieme di tematiche che spaziano dall'inquinamento alla disinformazione sino alla differenze di classe, troppa roba per una pellicola che alla fine poggia su questi quattro "falliti", in situazioni dallo sviluppo sempre più farraginoso quanto improbabile (il mostro e la conseguente emergenza nazionale, sono situazioni troppo grandi per rendere credibili certe ingenuità e svolte narrative), perchè per riuscire al meglio nella trattazione di tali argomenti sarebbe stato meglio adottare una narrazione di stampo altmaniano, con un punto di vista non univoco ma corale, per riuscire quindi a dare un ampio quando esaustivo ritratto sociale del paese alle prese con un'emergenza che non sa affrontare, poichè essa sta sfuggendo sempre più di mano. Bong per lo meno non si dimentica le basi del suo precedente capolavoro, il suo è un cinema sporco, lercio, sanguinolento, rivoltante, fatto di corpi ammassati, sudati, unti, feriti, maciullati, digeriti e quando non servono al momento rigettati per poi essere divorati più avanti; la creatura è il risultato di una mutazione e combinazione di varia fauna del fiume (pesci di acqua dolce, rana pescatrice e zampe di anfibi), che gli donano un design più "realistico" (buoni gli effetti speciali, mostrano il fianco solo nel momento finale, quindi non comprendo le critiche negative in proposito visto che il mostro si lega benissimo con l'atmosfera umida e plumbea dell'ottima fotografia di Kim Hyung-ku, che confeirsce un tono unto e sporco alla messa in scena) ed ancorato alla distruzione materiale e umana provocata dal mostro nelle sue scorribande, a cominciare dal tremendo attacco iniziale che passa da devastazioni inquadrate in tono semi-serio fino all'inquietante mattanza compiuta dalla creatura all'interno di un chiosco dove sono presenti numerose persone impossibilitate a scappare via. E' un buon film nessuno lo vuol negare, sopra la media, ma un passo abnorme indietro rispetto a Memorie di un Assassino e neanche paragonabile a Parasite, siamo più vicini ad una concezione di blockbuster all'americana (con tanto di 10 milioni di budget, una enormità per l'industria cinematografica locale). ma di stampo "autoriale", soprattutto per le scelte estetiche che si discostano nettamente dalle pellicole del genere di matrice Hollywoodiana come i nuovi Godzilla e Jurassick Park, leccati, patinati e tirati così a lucido da non rendere tangibile niente e rendere il tutto stra-finto e plasticoso. 

 

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