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Happy Family

Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film

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La recensione su Happy Family

di mc 5
10 stelle

Non avevo letto alcuna recensione quando mi sono apprestato ad entrare nella multisala della provincia bolognese nella quale ho assistito alla visione di "Happy family", dunque privo di qualunque pregiudizio nè positivo nè negativo. A questo aggiungiamo che la mia posizione verso Salvatores era pressochè neutra, dal momento che ammetto di essere scarso conoscitore della sua produzione artistica. Confesso con un certo imbarazzo che, pur avendo visto quasi tutti i suoi film, la mia memoria li ha in parte rimossi, preoccupante segnale di quanto essa si faccia ogni giorno sempre più vulnerabile. A parte gli ultimi tre discreti lavori ("Io non ho paura", "Quo Vadis baby" e "Come Dio comanda"), dei restanti conservo nella memoria solo vaghi dettagli sparsi (tipo il tormentone "Curre curre guagliò" da "Sud"). Devo dire che, per quanto riguarda l'impatto iniziale, la mia prima impressione è stata quella di una (piacevolissima) sorpresa. Davvero faticavo a credere si trattasse di un film italiano così poco italiano, così poco cafone, così poco terrone, così poco terra terra. Al contrario: vagamente "americano", elegante, delicato, raffinato, tranquillo, un pò letterario ma non pretenzioso, insomma per il panorama nazionale un'opera sorprendente, originale, molto interessante. Visto che, come accennavo, ricordo solo gli ultimi tre lavori firmati da Salvatores, va detto che (rispetto ad ognuno di quei tre) questo film si muove su territori completamente diversi (e se ci pensiamo bene in tutta la sua cinematografia ogni pellicola è a sè stante, differente da tutte le altre, Salvatores è un cineasta che non si FERMA mai su un genere per più di un film). Sotto molti aspetti questo è un film che denota da parte del regista un grande coraggio. Salvatores ha scelto una chiave raffinata e uno stile elegante, che ben pochi registi popolari oggi hanno l'ardire di affrontare. Ma non vorrei però si pensasse ad un prodotto snobistico, no, anzi è un'opera piacevole e simpatica, solo che (come dire) è impregnato di uno spirito romantico così delicato, quasi ingenuo, che rende il film lieve e malinconico, tanto da suggerire la percezione di un prodotto finale di alta qualità, un film prezioso, potenzialmente (forse) un cult. E questo è singolare per un film che esce a raffica, in centinaia di sale, insomma una grossa produzione italiana. E qui devo fermarmi un attimo per mettere a fuoco lo sguardo. Domandina da niente: come sta messo il cinema italiano? Focalizziamoci per il momento su quello più popolare (tralasciando giovani registi impegnati come Marcello o Guadagnino oppure i due casi del tutto eccezionali di Garrone e Sorrentino). Ebbene, io direi che peggio di così non potrebbe stare. Certo, ci sono le eccezioni. Tipo l'ultimo valido Ozpetek che però ha una filmografia troppo discontinua per poterci fare affidamento e va riscontrato di volta in volta. E, ancora, c'è il regista popolare più grande di tutti, Paolo Virzì, che di recente ha messo a segno il suo capolavoro assoluto. Tuttavia, guardandomi in giro, se escludiamo quel paio di eccezioni appena citate, vedo solo un deserto di squallore in cui ogni tanto appaiono miraggi deprimenti e/o volgarissimi. Quando uso il termine "deprimenti" ho in mente un regista ridotto ormai ad un fantasma di quello che fu, Pupi Avati, che ci ha regalato un ultimo imbarazzante prodotto del tutto irrilevante. Mentre quando parlo di "volgarità", beh qui la scelta è ampia. Ma vorrei chiarire che per "volgarità" io non intendo solo scrivere sceneggiature infarcite di parolacce e doppi sensi, ma anche -e soprattutto- la FURBERIA di quei registi che fanno carte false pur di assecondare il pubblico, che non fanno altro che FIUTARE da che parte tira il vento, che marciano spediti in un'unica direzione, quella del "botteghino facile". Ciò detto, però, aggiungiamo che è troppo facile prendersela coi Neri Parenti, coi Boldi, coi De Sica, insomma con la radicata malapianta dei cinepanettoni. In quei casi, almeno sappiamo con chi abbiamo a che fare, il "nemico" è riconoscibilissimo: un cinema popolare che non si vergogna di trascendere nel "cafonissimo", in un tripudio di luoghi comuni nei quali un pubblico italiota evidentemente speculare possa agevolmente riconoscersi. Ora, se detesto questo cinema, in realtà ne detesto molto di più un altro, per il quale è presente l'aggravante di ambire a possedere i crismi di una presunta qualità che è solo FURBERIA allo stato puro. Una furberia complessa e articolata, che utilizza anche raffinate tecniche di marketing, tipo ad esempio inserire nei titoli PAROLE che attirano l'attenzione del popolo bue come le api sul miele. Parole furbe che già da sole, per ciò che evocano, gonfiano il botteghino...tipo (che so) GENITORI oppure FIGLI. Okay, ho scoperto le carte. Mi riferisco al cinema di Giovanni Veronesi, da me fieramente detestato. Un cinema basso spacciato per medio-alto. Un cinema che illude il popolo delle multisale di accostarsi a qualcosa di impegnato. Un cinema che banalizza il quotidiano e l'attualità nuotando nei luoghi comuni del momento...però -attenzione!- lo fa utilizzando comici di sinistra (Bisio, Orlando, Littizzetto, i soliti, che sguazzano nel pescare consensi -e quattrini- "bipartisan"). Ho finito. Chiedo scusa per la lunga digressione, ma era necessaria per spiegare come questo nuovo Salvatores NULLA DI NULLA abbia a che fare con certo cinema furbo e calcolatore. Anzi, dopo la visione di "Happy familiy", si ha l'impressione di un Salvatores che abbia inteso marcare la propria differenza "aristocratica" rispetto ad un cinema italiota che sa essere solo o furbo o ammiccante. Già, il suo è forse un cinema vagamente snob, ma non vorrei essere frainteso, intendendo il termine in funzione di un voler rimarcare da parte del cineasta l'appartenenza ad un cinema "altro", che non vuole sporcarsi con la cultura becera e tanto "cheap" dei talent show televisivi e di tutte quelle banalità a cui Veronesi (uno a caso!) attinge magari fingendo di criticarle. Siamo di fronte ad un film che ci delizia fin dalle prime inquadrature di una bicicletta che attraversa la città, arricchite di soluzioni estetiche-grafiche che ci fanno ricondurre Milano alla Parigi "magica" del "Favoloso mondo di Amèlie". Ed è una visione piacevolissima e rilassante quella di Fabio De Luigi in sella alla sua bici che solca una Milano (fotografata con colori stupendi!!) invasa dal sole e sotto un cielo azzurrissimo in cui sta volando un misterioso gabbiano proveniente da chissà dove, quasi fosse un miraggio. E va detto anche che, per praticamente tutta l'ora e mezza di durata, si ascoltano in sottofondo un paio di brani di Simon & Garfunkel, a mò di tormentone, ma è un tappeto sonoro davvero emozionante, che contribuisce a creare un pathos malinconico insinuante, che fa bene al cuore. Okay, posso capire che il cinefilo snob si scateni subito ad individuare i "riferimenti colti", ma io dico: "andiamoci piano". Questi riferimenti fra l'altro sono così evidenti che ci arrivo perfino io che sono un cinefilo "basso" e non "fighetto": Wes Anderson (soprattutto i "Tenenbaum") e anche Woody Allen. Ma io, a parte questi "richiami" (peraltro "alti", raffinati e dunque impegnativi) forse con troppa enfasi evidenziati dai critici, ritengo molto più importante segnalare il carattere di forte originalità dell'opera di Salvatores rispetto ad una scena italiana che pare andare nell'opposta direzione, quella del facile consumo, benchè mascherato dietro temi d'attualità. Scelta, quella di Salvatores, assolutamente coraggiosa, considerando anche la sceneggiatura sofisticata e inconsueta. La trama è impossibile da raccontare, visto l'evolversi squisitamente pirandelliano della vicenda. De Luigi è Ezio, un moderno Pirandello, giovane autore alle prese con l'invadenza di una serie di numerosi personaggi a cui lui stesso ha dato forma, ma che poi finiscono con l'inseguirlo condizionandone pesantemente la vita. Il tutto raccontato con un garbo e un buon gusto adorabili, con qualche punta di autentica poesia. A tratti pare davvero impossibile di avere a che fare con un prodotto italiano. Saranno Simon & Garfunkel con le loro magiche atmosfere, saranno i richiami ai "Tenenbaum", sarà la storia sofisticata, ma la suggestione è quella di trovarsi di fronte ad un prodotto americano indipendente dei migliori, se non fosse per quell'accento milanese che predomina. E guardate che non ho detto una baggianata: il film è stato infatti proiettato in anteprima a Los Angeles dove ha riscosso consensi ed entusiasmo (corre voce addirittura di trattative per un possibile remake). Ecco, secondo me questo è proprio il tipo di film che stuzzicherebbe da morire il pubblico del Sundance. I diversi personaggi che popolano l'immaginario di Ezio sono raccontati tutti con cura e con simpatia, a formare una "commedia umana" composita e piacevolissima. La sequenza centrale del film è quella di una cena che vede raccolti attorno al tavolo tutti i numerosi interpreti. Ed è una lunga scena di impianto quasi da pièce teatrale, che dà modo ad ogni singolo attore di esprimersi al suo meglio. Ma c'è un'altra sequenza, dal sapore fortemente onirico, che ci regala in rapida successione una serie di immagini notturne di Milano che generano un impatto visivo di incredibile suggestione (anche grazie alla sublime sottolineatura del Notturno di Chopin), una "Milano di notte" come credo nessuna l'abbia mai mostrata prima d'ora. E mi incuriosisce pensare, di fronte a queste emozionanti immagini notturne, come abbia reagito il pubblico americano che ha visto il film in anteprima. Il cast. Beh, qui Salvatores è andato sul sicuro, affidandosi (a parte il sornione De Luigi qui bravissimo, in altri ruoli un pò meno) ai migliori attori italiani del momento, peraltro tutti valorizzati al meglio e tutti in ottima forma: Margherita Buy (incredibile! non fa la moglie cornificata e isterica!!), Fabrizio Bentivoglio (qui ancor più bravo del solito), Diego Abatantuono (in un ruolo pacioso e pacato, trattenuto e filosofeggiante, il personaggio del film che più mi ha ispirato simpatia). Da segnalare anche una Carla Signoris, "caricata" (come esigeva il copione) ai limiti del grottesco. E infine una graziosissima Valeria Bilello. Qualcuno la ricorderà come vee jay prima a MTV e poi sul canale All Music. Da allora Valeria è cresciuta, ha studiato regìa, prodotto qualche "corto", e adesso eccola al suo debutto come attrice co-protagonista (dopo una piccola parentesi con Pupi Avati): lei è carina e spontanea in questo ruolo che le sembra cucito addosso. Andate a vedere questo film. Sia perchè è originale e piacevole, ma anche per far capire idealmente a Salvatores che la sua scelta rischiosa non è caduta nel vuoto o nell'indifferenza. Come ha scritto Federico Pontiggia (uno dei miei critici favoriti): "UN PICCOLO FILM CHE RESPIRA (DI) GRANDE".
Voto: 10

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