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L'uomo nell'ombra

Regia di Roman Polanski vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'uomo nell'ombra

di ed wood
8 stelle

Avvincente thriller politico affidato alle abile mani di uno dei maggiori registi viventi e, assieme a Eastwood e pochi altri, uno dei ultimi dall’approccio e dal tocco genuinamente classici. C’è una trasparenza e una misura nella gestione di tempi e toni che oggi è sempre più rara nel cinema di genere. Una sceneggiatura intricata viene messa in immagini da Polanski con tutta la calma e la lucidità di questo mondo, senza disperdere un grammo di ritmo e tensione. Una punta di humour caustico fa capolino qua e là, come da tradizione hitchcockiana. E Sir Alfred ovviamente resta il punto di riferimento per opere di questo genere, senza per questo voler minimizzare la peculiare cifra stilistica di Roman. C’è sempre un uomo solo, finito suo malgrado (ma in questo caso, per denaro e per sfida) vittima di una perversa rete di macchinazioni volte a coprire vergognose faccende politiche internazionali. C’è di mezzo niente meno che l’ex premier britannico, i terroristi islamici e ovviamente la CIA. C’è lo spettro di Guantanamo, degli USA isolazionisti dell’era Bush (ma anche della allora nascente era Obama) e degli UK blair-iani collaborazionisti, per non dire servi dello Zio Sam. Nel costruire gradualmente un percorso di rivelazioni, secondo un crescendo emotivo di altissima scuola, Polanski utilizza in modo massiccio ma funzionale i notiziari televisivi, la presenza quasi documentaristica dei sit-in pacifisti, nonché moderni mezzi tecnologici come cellulari e navigatori satellitari, che si integrano alla perfezione con le vecchie foto e cartoline, costruendo un universo cine-spionistico dal fascino contemporaneamente retrò e avveniristico (sempre però indissolubilmente ancorato al problematico Presente di inizio millennio), come una sorta di “Tre Giorni Del Condor” aggiornato ai tempi della guerra al terrorismo. La stessa presenza del manoscritto come motore della vicenda costituisce simbolicamente un romantico ed anacronistico link ad una stagione passata e gloriosa del thriller politico. Si può dire che in questo film il sentimento del presente sia incanalato in forme eterne perché classiche: potrebbe essere quasi scambiato per un film degli anni 70, ma senza sembrare datato o vintage, così come fra 30 anni sarà probabilmente ancora attuale. E’ un film che, dietro la patina di cinismo, tiene alta la bandiera dell’indignazione morale e della denuncia, smascherando le aberrazioni della politica, del giornalismo e pure del mondo universitario (il personaggio di Emmett). Può essere discutibile il pre-finale complottista, mentre l’ultima inquadratura è puro genio. Perfetto tutto il cast, dove McGregor e Brosnan mascherano abilmente i loro limiti. Nessuna scena madre, ma un livello costante di suspence. Suggestiva ambientazione nel New England.

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