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Letters to Juliet

Regia di Gary Winick vedi scheda film

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La recensione su Letters to Juliet

di Stuntman Miglio
4 stelle

Possibile che ogniqualvolta la commedia rosa americana si avvicini al Bel Paese ne scaturisca fuori un prodotto pacchiano ed infarcito di qualunquismo e stereotipi di bassa lega? Questa volta è il turno di Verona e della campagna toscana nei pressi di Siena, itinerario vacanziero di un'antipatica giornalista che dopo aver risposto per gioco ad una lettera trovata nella loggia di Giulietta, si ritrova ad aiutare una signora britannica a trovare il suo amore italiano di cinquant'anni prima. Un pò per interesse, un pò per puro spirito romantico, la ragazza si lascia trascinare e coinvolgere da questa ricerca del cuore allontanandosi gradualmente dall' insopportabile promesso sposo per finire tra le braccia dell' altrettanto odioso nipotino inglese, accompagnatore scettico della suddetta dama. Banale e scontato, il film di Gary Winick è l'ennesima occasione mancata per consacrare Amanda Seyfried come nuova reginetta del genere nonostante la ragazza non abbia mai fatto nulla per risultare nient'altro che una gradevole presenza per la vista. Il suo girovagare indeciso e smarrito fra immancabili tour enogastronomici e stanze d'albergo è inconsistente così come lo sono le sue vicissitudini lavorative e sentimentali, l' interesse per l' intera vicenda svanisce subito dopo l' entrata in scena delle segretarie di Giulietta (Ranieri, Massironi e Vukotic fra le altre), un escamotage narrativo di un' idiozia più unica che rara. Per il resto ci toccano le tipiche ambientazioni da cartolina, una colonna sonora da dimenticare ed alcuni esempi di miscasting clamorosi come quello che travolge Gael Garcìa Bernal. Pietoso il finale con tanto di dichiarazione al balcone per la quale Shakespeare si sta ancora rivoltando nella tomba. Dieci volte meglio il ritrovarsi di Vanessa Redgrave e Franco Nero, semplice e senza fronzoli ammiccanti ma non sufficiente a salvare una pellicola già defunta in partenza.

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