Regia di Paul Schrader vedi scheda film
Adam Stein (J. Goldblum) è un mistero, una specie di prodigio della natura, un uomo carismatico, artista circense insieme surreale e profodamente concreto e sicuro, è l'ennesimo personaggio schraderiano che compie un cammino, paragonato spesso alla via crucis, partito e sostenuto dal peso di un'oppressione e che deve arrivare ad un compimento, e ancora una volta il protagonista ha il dovere morale di rimediare a qualcosa nei confronti di se stesso e degli altri, sia idealmente che concretamente.
Non c'è retorica di maniera in questa particolare incursione nelle conseguenze destabilizzanti e diaboliche dello sterminio nazista (i cui riferimenti sono in un bianco e nero glaciale inculcato nei ricordi, nelle fobie del presente che sono il comune denominatore tra lucidità e visionarietà e nelle proiezioni surreali del finale), l'asciuttezza ad ogni livello del film aumenta un senso di disagio e a volte di straniamento proprio per l'intersecarsi spontaneo dell'occhio della mdp con quello interiore di Adam, clown consapevolmente folle capace di comunicare con la bestialità dell'uomo e l'umanità di un cane, di assumere la parte sul palcoscenico e servirsene fuori da esso, anche e soprattutto per scalfire un varco nella personalità amorfa di David (T. Rapiteanu), un Mowgli alla rovescia che ha appreso solo la ferinità di animali dalle sembianze umane. D'altronde il clown sa afferrare e combattere l'assurdità del dolore con l'arma amara e straniante del riso, del grottesco, della caricatura, con un corto circuito che lascia sbalordito e senza parole il pubblico dello spettacolo, magari davanti ad una tomba mangiando fiori e terra come una bestia. Ridi, pagliaccio... 8
Gabriel Yared non sovrasta l'immagine, rimanendo in disparte con sobrietà con un tappeto soffuso, ma di routine.
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