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Alice

Regia di Jan Svankmajer vedi scheda film

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La recensione su Alice

di kotrab
8 stelle

E' più che naturale che l'estro di Jan Svankmajer abbia fatto suo il capolavoro di L. Carroll (già trattato genialmente da casa Disney), come è una sorta di germinazione spontanea quella a cui si sta cimentando il discepolo ideale del praghese, l'altrettanto grande (ma più discontinuo) Tim Burton.
Alice si trova catapultata, più che nella propria fantasia, nel mondo straordinario e innocuamente sinistro di Svankmajer. Alice (Neco z Alenky, ossia "Qualcosa di Alice") è il suo primo lungometraggio dopo un gran numero di corti eccezionali, coevo di Virile Games ed Another Kind of Love (1988): è quindi anche una summa delle sue creazioni, pupazzi animati con tecnica stop motion che trovano totale indipendenza (d'azione e si potrebbe dire di "pensiero") anche quando interagiscono con esseri umani od elementi naturali. Ma allora a pensarci bene, questi oggetti, essendo animati, diventano effettivamente essi stessi elementi "naturali", in relazione appunto ad un nuovo universo creato, e la differenziazione tra ciò che vive e ciò che è solo forma inanimata cade. Le "cose" di Svankmajer restano indifferenti al mondo umano oppure possono modificarlo a capriccio (come ne L'appartamento, del 1968).
In Alice, quindi, domina la componente meccanica: bisogna precisare però che anche se la materia acquista vitalità, ha pur sempre una parvenza straniante di irrealtà e di inautenticità: è un simulacro ulteriore di ciò che è già un simulacro, cioè la messinscena e l'immagine cinematografica. Ecco perché vedere il mondo di Svankmajer (e non solo) ci appare così tattile e contemporaneamente inconsistente e fragile.
In Alice sono poche le battute di dialogo, tutte per bocca della piccola protagonista sognante, della quale viene inquadrata in primo piano la bocca (topos del regista), simbolo insieme di materialità (il cibo) e di intelletto (l'oralità, appunto); la stessa Alice spesso si trasforma in bambola, complicando ulteriormente le intersecazioni tra i due mondi; qui però predomina il paese delle meraviglie, mentre nel futuro Otesanek (2000) la situazione sarà ribaltata e un tronco d'albero si animerà vorace e distruttivo nel mondo antropomorfo.
Non c'è posto per la musica (se non nei titoli di testa e di coda), perché ciò che fa da colonna sonora al film sono i rumori degli oggetti e dei movimenti: i cigolii, gli scricchiolii, i tonfi, gli sfregamenti, gli sbatacchiamenti, i crepitii, i ticchettii, gli accartocciamenti e via di seguito, sono la loro anima stessa e risultano amplificati dominando la scena. Sono le parole di questo mondo e insieme una partitura di musica concreta. 8 1/2
Su youtube, a pezzi ma completo.

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