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Yûkoku

Regia di Yukio Mishima, Masaki Domoto vedi scheda film

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La recensione su Yûkoku

di OGM
10 stelle

L'estetica del sacrificio è quel campo elitario in cui la religione abbraccia l'arte, la passionalità si sottomette alla disciplina e l'ideale si confonde con il desiderio. Il rito d'amore e morte è una danza celebrativa in cui  la mente conduce per mano il cuore, aiutandolo ad esprimersi secondo la sintassi di un codice condiviso. Nel teatro Nô giapponese, l'anima compare nuda; il corpo, nascosto da una maschera simbolica,  non è più il rivestimento individuale della persona, ma solo l'interprete dei segni gestuali tramite i quali l'interiorità si manifesta in maniera diretta e universale. Essere, sul palcoscenico, significa rappresentare; fare significa comunicare; ciò che gli attori/personaggi vivono deve trasformarsi in ciò che gli spettatori vedono e sentono sulla propria pelle. In questo film l'espressività si fa icona, senza però estromettere la fremente morbidezza dei sensi e il bruciante languore della disperazione: un equilibrio difficile da ottenere nel silenzio di un palcoscenico vuoto. Eppure Mishima riesce a dar voce ad un tesoro di infinito amore ed estrema fedeltà attraverso un'azione lenta e muta, trasfondendo la reboante forza di un proclama nella viscerale intensità della preghiera, in cui il principio diventa fede, ed il messaggio si trasforma in professione. L'evoluzione della storia segue una coreografia preordinata, ma non per questo meno vera e meno carica di vita: preordinato è, d'altronde, anche il monocorde ritmo dei battiti del cuore, che pure fanno da regia a tutto ciò che siamo.

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