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Nord

Regia di Rune Denstad Langlo vedi scheda film

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La recensione su Nord

di ohdaesoo
7 stelle

Ormai mi sono fissato con i film norvegesi e dopoDead SnowThe Troll Hunter Thale avevo voglia di 
cercarne un altro. Guardando nella lista di film norvegesi gentilmente postatami da Ciku mi sono ricordato di questo perchè mi era stato consigliato non tanto tempo fa.
Nord è un piccolissimo film che affronta con tenerezza, umiltà e un pizzico di malinconia tematiche importantissime come la solitudine e la depressione.
Come gli altri film norvegesi citati qui sopra è un ibrido, un film difficilmente catalogabile, a volte malinconico, altre comico, altre intellettualmente impegnato (ma sempre attraverso metafore).
E' un road movie atipico perchè racconta il viaggio, non solo spaziale, di Jomar verso il Nord della Norvegia per ritrovare suo figlio, il figlio avuto dalla donna abbandonata anni prima.
Jomar è solo, Jomar è depresso, Jomar non vorrebbe muoversi dalla baita dove, con la compagnia della sola tv, trascorre tutto il suo tempo (fantastica la trovata della tv in cima alle scale).
Ma la notizia di quel figlio lontano unita ad un incendio accidentale nella baita gli dò la forza di partire.
Comincia così un viaggio prima in motoslitta poi sugli sci che è anche viaggio metaforico di un timido ma importante tentativo di ritorno alla vita. Infatti non lo vedo come un classico coming in age, come una maturazione, ma più un ritorno a qualcosa che si è già stati. Maturando sì, ma un ritorno indietro.
La prima difficoltà è quel tunnel, sarà la prima prova di coraggio di tante piccolissime che Jomar dovrà affrontare.
Ma questo è un film sulle solitudini.
Prima l'amico che lo viene a trovare alla baita.
Poi la coppia nonna/figlia.
Poi il vecchietto al quale ruba la bussola.
Poi il giovane ragazzo.
Poi il vecchio nella tenda.
Tutte diverse solitudini, quella dell'uomo ferito, quella dell'anziana che ha paura di perdere la sua unica compagnia, la nipote, e per questo la tiene lontana da tutti lì con sè, quella della stessa nipote privata dell'adolescenza e dell'amicizia, quella del vecchietto che nemmeno si rende conto di quello che succede, quella, magnifica, del ragazzo che insieme ad un immenso dolore lo sta portando verso la pazzia (anche se questo episodio è di gran lunga quello più divertente specie per il fantastico e geniale modo di ubriacarsi), quella del vecchio nella tenda che a differenza dell'anziana nonna quella solitudine la vuole davvero, una solitudine, quella Finale, che vuole portare con sè fino alla fine (e quella scena in cui il vecchio se ne va è semplicemente meravigliosa).
Jomar, anche senza fare mai un sorriso, darà a ciascuno un pò di gioia e di compagnia e imparerà lui stesso qualcosa.
C'è un piccolo minuto in cui lui parla metaforicamente della depressione che vale più di interi film sull'argomento, con quell'emblematico "e io non mi sono alzato", piccola frase che racconta non solo uno stato d'animo, ma anche una rottura e un rimpianto devastante.
Il film non ha particolari picchi nè emotivi nè comici, è davvero piccolissimo in tutto, nella sceneggiatura, nei dialoghi, nel come vuole parlarti di cose grandi mantenendo il profilo basso.
Procede stanco, teneramente stanco.
E' solo la storia di Jomar che diventava cieco per via della neve.
Probabilmente perchè quel candore accecante della neve-che Jomar curava con giorni interi al buio- non è altro che la paura di restare accecati dalla vita e rifugiarsi nel buio della non vita.
Jomar, ex atleta che quel "e io non mi sono alzato" più ha portato all'esser grasso e morto dentro finisce la discesa con gli sci e arriva da lui.
Quel che sarà si vedrà.
Intanto è arrivato.
E non è poco, non è affatto poco.

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