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Regia di Rune Denstad Langlo vedi scheda film

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La recensione su Nord

di OGM
6 stelle

Tipico tentativo, non proprio riuscito, di realizzare un film d’autore. Questo road movie delle nevi, che, a causa della colonna sonora western e di varie analogie nel racconto, sembra una riedizione di Una storia vera in motoslitta, si arrampica a fatica su un mucchietto di poche idee, per lo più strampalate, fallendo vistosamente nell’intento di risultare surreale. Bent Hamer e Roy Andersson sembrano i modelli a cui Rune Denstad Langlo cerca lontanamente di rifarsi, ma si intravede anche qualche traccia di Kusturica, in un certo infantilismo di maniera che, in dati momenti, caratterizza il suo approccio narrativo. Tuttavia l’opera, nel complesso, appare alquanto informe e anonima.  L’atmosfera del nord è solo lo spazio bianco che, in senso letterale e figurato, circonda una storia piuttosto ermetica e cosparsa di ingiustificabili stranezze, che però non bastano ad aggiungere del pepe ad una vicenda assolutamente insipida.  Gli incontri e gli incidenti che inframmezzano il solitario viaggio di Jomar verso il villaggio in cui abita il figlio mai conosciuto, sono, di per sé, del tutto privi di interesse, e in nulla contribuiscono ad illuminarci sulla personalità del protagonista, un ex-campione di sci caduto in depressione e, a seguito di ciò, abbandonato dalla sua compagna.  La storia è, di fatto, un collage di episodi slegati come le pagine di un  fumetto sparse sul ghiaccio, che, qua e là, punteggiano il gelido deserto di finestrelle variopinte: una spruzzata di colore  che, però, rimane un elemento alieno, incapace di fondersi con l’anima del paesaggio. Questo film cerca invano di raffigurare il dolore e la solitudine ricorrendo al simbolismo (il fuoco) e all’allegoria (l’esotica rassegna dei personaggi di contorno): questi, che sembrerebbero espedienti espressivi invocati a supporto di una scelta minimalista, rimangono, però, come singoli pittogrammi a sé stanti,  che suggeriscono singoli concetti, senza però articolarli in un discorso. E ciò che si insinua, nello spettatore,  di fronte a questo itinerario così piatto e frammentato, è solo un’indistinta, e passeggera, sensazione di freddo.   

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