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Sul mare

Regia di Alessandro D'Alatri vedi scheda film

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La recensione su Sul mare

di passo8mmridotto
6 stelle

Mi manca Ventotene, nel senso che non ho avuto la fortuna di visitare questa affascinante isola al largo di Formia. In una sera come questa, intrisa di noia e di umidità che arriva dall'Africa, decido di vedere un film "riposante", poco impegnativo, che dia possibilmente la sensazione di fresco. "Sul mare" è il film giusto, penso. Non leggo la trama, ne guarderò pochi minuti, mi basteranno per farmene un'idea.

E invece lo vedo tutto, 140 minuti che tutto sommato volano via. Mi sembra di sbarcare a Ventotene con i turisti, e tutto mi sembra familiare, conosco diecine di porticcioli simili a questo, la gente è ospitale e curiosa, come in tutto il sud dell' Italia.

Il mare è stupendo, le coste mi ricordano quelle della mia isola. Il regista, Alessandro D'Alatri, cura molto le riprese in barca e quelle sottomarine. E poi c'è una tenera e sofferta storia d'amore, tra Salvatore (Dario Castiglio) pescatore del posto e Martina (Martina Codecasa) ragazza genovese amante delle immersioni.

D'Alatri racconta con serietà professionale il romanzo "In bilico sul mare" di Anna Pavignano. Niente di eclatante, la vita su un'isoletta non può dare tanto, a meno che non ci si sbizzarrisca in storie fantastiche poco credibili.

C'è l'innamoramento, il conflitto dei ruoli (lui pescatore d'estate e muratore d'inverno), lei aspirante giornalista con un futuro già tracciato, verso l'Erasmus a Barcellona e poi, chissà. C'è un tenero amplesso in mare aperto, e uno su una spiaggia deserta. Tutto appena accennato, niente erotismo, solo un piccolo amore tra adolescenti che a loro sembra grande, immenso.

D'Alatri ci regala una visita all'ex istituto penale di Ventotene, prima che venga trasformato in un hotel di lusso. Nei dintorni, i fichi d'india e la macchia mediterranea che quasi senti il profumo, che si mischia a quello della salsedine.

Poi l'abbandono, Martina che riparte per Genova, per non tornare mai più. L'addio tramite il telefonino.

Infine, il tragico epilogo, con un severo monologo del corpo di Salvatore che nuota nell'azzurro mare di Ventotene, vestito con una tunica bianca. Parla da morto, è caduto da una impalcatura mentre lavorava all'ex carcere. Lavoro in nero. Ma la chiamano morte bianca, dice pacatamente Salvatore, mentre nuota per raggiungere Genova e la sua Martina. Dovrebbero cambiare colore, a quel tipo di morte. Decide che "marroncina" andrebbe bene, dopo avere passato in rassegna i colori dell'iride.

Salgo idealmente sull'aliscafo, che mi riporta in Continente. E' stata una bella esperienza.

 

 

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