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Il figlio più piccolo

Regia di Pupi Avati vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il figlio più piccolo

di hallorann
8 stelle

Luciano Baietti nei primi anni novanta sposa la bolognese Fiamma dopo aver avuto con lei due figli, Paolo e Baldo. Li abbandona al termine delle nozze e dei festeggiamenti lampo per “scappare” nella natia Roma con il professor Bollino, un ex frate. Arrivati ai giorni nostri Baietti è a capo dell’omonima holding con il fido Bollino come amministratore delegato, braccio destro e cervello di un sistema finanziario fatto di società-scatole cinesi che comincia a scricchiolare. Intanto a Bologna la ex moglie e i figli sbarcano il lunario, Fiamma con l’amica americana Sheyla cantano e suonano come duo di un improbabile gruppo mistico chiamato Lypsos, Paolo fa il barista, Baldo è uno studente del Dams buono e candido. Nelle varie riunioni del cda della Baietti holding Luciano è con l’acqua alla gola, al che viene organizzato un matrimonio di convenienza con una futura candidata in politica. Un matrimonio evento mediatico per distogliere l’attenzione dai guai finanziari. La cosa sembra non bastare ed ecco l’idea di ripescare il “figlio più piccolo” in qualità di testimone di nozze. Baietti nel loro toccante incontro confida all’ingenuo e adorante Baldo che gli passa la mano del suo impero finanziario. Una montagna di debiti. Il giovanotto nella notte confessa tutto alla madre, la quale come lui sogna e realizza che la loro vita “troppo triste” finalmente cambierà.  Baldo al suo primo insediamento nel cda come nuovo presidente scopre la verità, la delusione è tanta, scappa ma Bollino lo riacchiappa assecondando il suo progetto di girare uno splatter trash western nelle campagne romane. Nel frattempo il matrimonio-show, dopo un primo annullamento, si farà ma i colpi di scena sono solo all’inizio.

 

 

Pupi Avati con IL FIGLIO PIU’ PICCOLO ritorna a graffiare in pieno territorio REGALO DI NATALE e seguito. Qui però va ben oltre i destini individuali. Con lucidità, spietatezza, sarcasmo e misura ci racconta una vicenda dei nostri tempi sui cosiddetti “furbetti del quartierino”, i finanzieri d’assalto senza scrupoli della new economy. E inoltre la volgarità, l’amoralità e lo squallore che ci circonda e ci sovrasta. La squisita (in)genui(ni)tà di Baldo contrapposta al cinismo del padre. La semplicità, l’affetto e l’ammirazione incondizionata di madre e figlio (la famiglia come unico nucleo di certezze senza cedere a moralismi cattolici) saranno il rifugio e la morte delle ambizioni e della spregiudicatezza di Luciano.

 

 

Il regista romagnolo non sbaglia un personaggio, una scena e una battuta, convince in toto, idem Christian De Sica (soprattutto nell’ultima parte) e allo stesso modo tutti gli altri (esilarante Maurizio Battista). Il debuttante Nicola Nocella, la “scemina” Laura Morante ma a svettare è la straordinaria interpretazione di Luca Zingaretti: il diabolico Bollino, mente creativa e criminale della holding, una sorta di asceta con sandali, occhiali a goccia e baffi. Una menzione speciale meritano anche le musiche del grande Riz Ortolani.

 

 

 

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