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Bubba Ho-tep. Il Re è qui

Regia di Don Coscarelli vedi scheda film

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La recensione su Bubba Ho-tep. Il Re è qui

di pazuzu
8 stelle

«Esiste veramente qualcosa al mondo oltre il cibo la merda e il sesso?»: è questa, probabilmente, la domanda che si pose Elvis Presley quando, giunto all'apice del successo ma logorato dagli stravizi e dallo stress che porta in dote, decise di barattare la propria identità con quella di Sebastian Haff, un suo sosia. A circa 20 anni da quella scelta radicale, il Re del rock'n'roll non ha ancora trovato una risposta: vive nell'anonimato e invecchia, dimenticato da tutti, in un ospizio di Mud Creek, in Texas, alle prese con una brutta infezione al pene; qui nessuno crede alla sua verità, nessuno tranne uno strano tizio di colore convinto di essere John Fitzgerald Kennedy e di esser stato dipinto di nero e rinchiuso lì per ragioni politiche; in seguito ad alcune morti sospette avvenute nella casa di riposo, i due si troveranno uniti nel dare la caccia a Bubba Ho-tep, una mummia egiziana vestita da cowboy che esce di notte per succhiare via l'anima, con metodi poco gentili, agli anziani ricoverati.
La trama del film parla da sola: nulla di ciò che racconta va preso sul serio, e i primi a non farlo sono gli attori e il regista stesso, Don Coscarelli, che, dopo aver conosciuto una certa notorietà tra gli adepti del genere horror grazie a quel gioiellino intitolato Phantasm, un B-movie da lui scritto e diretto a fine anni '70 con due soldi e tante idee e oggi annoverabile tra i cult del genere, era ripiombato rapidamente nell'oblio e sembrava ormai destinato a non uscirne più. Bubba Ho-tep è il film della sua rinascita, ed un vero e proprio one man show per Bruce Campbell, il mai dimenticato attore feticcio di Sam Raimi, impagabile protagonista dei due Evil Dead e del successivo Army of Darkness. Tratto dalla fertile penna di Joe R. Lansdale, vera e propria colonna della letteratura statunitense contemporanea, autore capace di spaziare dal western al noir, dall'horror alla fantascienza e al giallo, e di imprimere in ogni opera il marchio inconfondibile della sua scrittura caustica velenosa e carica di nerissima ironia, Bubba Ho-tep traduce in immagini come meglio non potrebbe il lato più fracassone e strampalato della sua poetica, proponendo una serie di situazioni eccessive che, lungi dall'essere gratuite, riproducono un immaginario retrò fatto di storie fantastiche che non hanno timore di premere con decisione sul pedale dell'inverosimile, presentando incubi a base di scarafaggi giganti conditi con dialoghi volutamente sopra le righe ma mai stucchevoli.
Bubba Ho-tep
, dunque, è esattamente ciò che sembra: un divertissement, un omaggio sincero e sentito alla cultura dei fumetti e del cinema da drive-in da cui Lansdale non ha mai nascosto di trarre ispirazione. A Coscarelli va riconosciuto il merito di aver sviluppato la traccia in maniera incisiva, senza sovraccaricarne inutilmente il versante orrorifico ma puntando con decisione su quello grottesco; a Campbell va quello di aver prestato ad Elvis il proprio volto e la propria buffa ed inimitabile fisicità in un'interpretazione carica di autoironia; un applauso anche a Ossie Davis, il JFK nero, spalla convincente e complice convinto in questa operazione goliardica e un po' folle.

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