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Il segreto dei suoi occhi

Regia di Juan Josè Campanella vedi scheda film

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La recensione su Il segreto dei suoi occhi

di GIANNISV66
9 stelle

In bilico tra giallo e storia d'amore, il film di Campanella si rivela un meccanismo perfetto in cui l'avvincente narrazione di un'indagine poliziesca si sovrappone a una storia di sentimenti inespressi ed irrisolti.

 

L'immagine sfumata di una stazione, un uomo che parte, una ragazza che corre sulla banchina per dargli un saluto, forse disperato, forse l'ultimo.

La scena iniziale de Il segreto dei suoi occhi contiene la reale essenza di questa pellicola, che si presenta come un giallo e che è in realtà una storia d'amore (ma non solo quella).

Juan José Campanella si diverte quasi a mescolare le carte dei generi (avvicinandone due tra loro così incompatibili), aggiunge poi una decisa nota di denuncia delle nefandezze appartenenti alla storia argentina recente, rischiando così di fare un pasticcio senza identità e invece realizzando un film ineccepibile, un meccanismo preciso dove la narrazione scorre fluida avvolgendo lo spettatore, e regalando pure qualche colpo di genio come una scena girata nello stadio del Racing de Avellaneda, con uno dei migliori piano-sequenza mai visti sullo schermo.

 

1999: Benjamin Esposito, assistente della procura in pensione, decide di rispolverare un caso mai risolto. Nell'Argentina del 1974, in bilico tra una democrazia traballante e una dittatura ormai dietro l'angolo, lo stesso si era ritrovato ad indagare su un agghiacciante caso di violenza carnale e omicidio su una povera ragazza, aiutato in questo dalla bella Irene, cancelliere del tribunale, ragazza di famiglia altolocata all'opposto del collega che invece è di umili origini.

Benjamin si innamora della compagna di lavoro e anche Irene non resta insensibile all'uomo di cui percepisce la dolcezza di animo sotto la maschera dell'aspetto burbero e rude dell'uomo di legge. Un amore destinato ad essere inespresso perché la differenza di classe è un ostacolo insormontabile e per Irene c'è in vista un matrimonio con un pari livello mentre per Benjamin c'è solo la prospettiva di una oscura carriera da funzionario della giustizia.

Trascorso dunque un quarto di secolo, con un matrimonio fallito e alle spalle e la solitudine come compagna, Esposito decide di riprendere in mano quell'indagine e ne rivive insieme alla ritrovata Irene (invecchiata ma sempre affascinante, imprigionata in un matrimonio senza amore) le fasi salienti, culminate con l'individuazione del colpevole ma con una conclusione amarissima: un poliziotto rivale e nemico del protagonista usa l'assassino come informatore in carcere e ne dispone quindi la liberazione per assoldarlo come guardia del corpo presidenziale, un chiaro sintomo del baratro in cui stava ormai precipitando il paese.  Benjamin sfugge per un caso fortuito a un tentativo di omicidio (e a farne le spese sarà il suo fidato assistente Pablo) ed è costretto alla fuga in provincia, sotto la protezione della potente famiglia di Irene, per evitare una morte che sembra ormai ineluttabile.

Nonostante sia passato così tanto tempo, le ricerche di Esposito lo portano finalmente alla scoperta di una verità sconcertante, in un finale in cui il trionfo della giustizia risulta solo apparente perché non può sfuggire a uno sguardo più attento la disperazione umana di cui impregnata la soluzione della vicenda (e non aggiungiamo altro per non rivelare troppo).

Disperazione alleviata in parte dalla scena finale che vede il riavvicinamento tra i due protagonisti, forse il preludio a quella felicità da troppo tempo inseguita e mai raggiunta.

 

La trama poliziesca, come detto poche righe sopra, è solo un pretesto, la narrazione è molto complessa e si sviluppa su più livelli: la descrizione della società argentina, la passione per il calcio (la strepitosa scena dello stadio ricordata a inizio recensione), le iniquità di un sistema che lasciava già trasparire le numerose crepe e si preparava al salto tragico nel buio della dittatura militare, e per finire l'amore senza speranza tra i due protagonisti, fatto di sguardi e di rimpianti.

Proprio il gioco di sguardi si rivela essere la fondamentale chiave di lettura per comprendere il significato di quest'opera: lo sguardo predatore che l'assassino lancia alla sua vittima in alcune foto (e che saranno l'elemento determinante per risolvere l'omicidio), lo sguardo disperato del marito della povera vittima, innamoratissimo della consorte e incapace di superare il lutto (cosa che colpisce così profondamente il protagonista da convincerlo a prolungare un'indagine data da tutti per conclusa), e gli sguardi pieni di sottintesi di Benjamin per Irene.

In questo sta il significato del titolo, e decida lo spettatore quali siano in particolare gli occhi a cui si riferisce.

 

Giusto riconoscimento va tributato alla prova degli attori, e tra un Ricardo Darìn (Benjamin) e una Soledad Villamil (che per la parte di Irene ottenne il premio Goya come miglior attrice rivelazione) bravissimi a dir poco, giganteggia uno strepitoso Guillermo Francella nei panni di Pablo Sandoval, braccio destro di Esposito e personaggio basilare nello sviluppo della  vicenda.

Considerato dalla critica un film minore rispetto agli altri candidati all'Oscar (Il Profeta di Audiard e Il nastro bianco di Haneke), Il segreto dei suoi occhi si rivela invece a una visione attenta un film dalla costruzione elaborata, per nulla banale e con la capacità di commuovere ed emozionare.

E non fosse altro per averci regalato una delle più struggenti scene di addio in una stazione ferroviaria, l'Oscar assegnato come miglior film straniero nel 2010 appare più che meritato.

 

 

 

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