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Fratelli in erba

Regia di Tim Blake Nelson vedi scheda film

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La recensione su Fratelli in erba

di mc 5
8 stelle

E' opinione diffusa che gli sceneggiatori di Hollywood stiano ormai da anni raschiando il fondo del barile, affidandosi sempre più di frequente a inutili remake, ad improbabili prequel, e insomma a qualunque cosa permetta loro di evitare di attingere ad una esaurita creatività. E il settore che più paga le conseguenze di questa spaventosa crisi creativa è quello della commedia. Settore in cui non si fanno che reiterare all'infinito i soliti clichès narrativi, primo fra tutti quello dei separati over 40 che si parlano addosso alla ricerca di un nuovo partner. Quando poi succede che un'ideuzza fa miracolosamente capolino, tutti ci si buttano a pesce col risultato di fabbricare nuovi clichès che inflazionano il mercato. Un esempio calzante è quello di tutta una serie di commediole insulse che hanno al centro il tema della maternità artificiale, con ridicole gag sulle provette, sulla inseminazione in laboratorio, etc. Ho fatto questo lungo preambolo perchè quando capita un Tim Blake Nelson (peraltro attore piuttosto noto in ruoli da caratterista) che s'inventa un copione come questo "Fratelli in erba", beh, come minimo merita un applauso. Tim ha avuto il grande merito di avere steso una sceneggiatura all'insegna della follìa, del paradosso, degli equivoci grotteschi, dribblando il rischio di proporre rimasticazioni di modelli abusati o obsoleti. Il film si presenta dunque in confezione frizzante e con un contenuto tutt'altro che banale (si riesce a parlare perfino di cultura filosofica classica con garbo e con brio!). A dire il vero, sconcertato da scelte artistiche discutibili da parte di Ed Norton nel recente passato, quando vidi in sala i primi trailers, il mio atteggiamento non fu dei più calorosi. Ebbene, dopo la visione, il mio giudizio è del tutto positivo. E proprio a proposito di Norton, dopo averlo visto negli improbabili panni di "Hulk", finalmente torna a muoversi in territori più idonei al suo istrionico talento. Anche perchè poi Norton, che conosciamo prevalentemente come attore drammatico (il capolavoro "La 25a ora" e il memorabile "American History X") dimostra qui di essere del tutto a proprio agio anche in ruoli brillanti, a patto che non si tratti di commedie sciocchine ed insulse (e non è certo questo il caso, anzi). Definire "Fratelli in erba" non è cosa semplice. Perchè è uno di quei film (rari e intelligenti) in cui dramma e commedia si accavallano di continuo. Certo, per semplificazioni attinenti al marketing, il film viene spacciato per "commedia" ma a questo sostantivo andrebbe affiancato un attributo il quale renda l'idea che siamo lontanissimi dagli standard più sciocchi e banali di questo ambito cinematografico. Diciamo allora che la definizione più calzante potrebbe essere quella di "commedia noir". Vi si narra di due gemelli, uno delinquentello che si è costruito una carriera a base di traffici illegali e  produzione di sostanze stupefacenti, e l'altro virtuoso e secchione insegnante di filosofia. Il primo dei due organizza, per uscire da un empasse economico in cui si è cacciato, un piano diabolico che prevede un omicidio e che dovrebbe coinvolgere anche (in funzione di alibi) il "fratello buono". Sullo sfondo, individui aggressivi e vendicativi che non perdono occasione per menare le mani ed inconsueti narcotrafficanti di provata fede ebraica. Il piano sembrerebbe destinato a funzionare, ma come era lecito attendersi, alcuni imprevisti lo fanno degenerare nel grottesco, non esclusi colpi di scena macabri e violenti. Ma anche in questi snodi un pò truci, a dominare è sempre un registro follemente leggero, che è poi ciò che rende intrigante la fruizione del film. Piccola parentesi per sottolineare l'importanza della colonna sonora, per lo più legata alla musica delle radici, alle tradizioni rurali, visto che lo sfondo è quello della profonda provincia americana. Nella soundtrack appaiono brani di gruppi illustri, dalla Band di Bob Dylan ai gloriosi Little Feat di Lowell George. Il brano più rappresentativo ("Lonely are the free") è firmato da una celebrità come Steve Earle, al quale è riservato peraltro un ruolo marginale nel film. Prima di chiudere la parentesi rock, mi piace segnalare che proprio in questi ultimi giorni il nome di Ed Norton è comparso sui giornali affiancato a quello di Bruce Springsteen, del quale è amico e fan, avendolo egli intervistato nel corso di un incontro di cui anche i nostri quotidiani hanno dato conto. Ho colto in talune recensioni una critica abbastanza chiara, cioè che il film non saprebbe mai decidersi se essere comico-brillante oppure drammatico-noir. Questione di facile soluzione. Si tratta di una scelta di registro evidentemente voluta. E che del resto si ispira con ogni evidenza ad un tipo di cinema che personalmente adoro: il mondo dei fratelli Coen, un pianeta meraviglioso dove il senso del grottesco avvolge ogni cosa ed ogni volto, dove il comico e il tragico non fanno che rincorrersi a perdifiato, generando un corto circuito  irresistibile per l'avventuroso cinefilo. Che poi, a veder bene nelle pieghe del film, si percepisce anche un altro "clima", quello di certo cinema indipendente in stile "Sundance", quello minimale dei sentimenti sussurrati. E in quest'ultima chiave, assolutamente eloquente è l'inquadratura finale sotto la pioggia (più "Sundance" di così si muore!). Chi ancora non ha visto il film si starà forse chiedendo "Ma che ci azzeccano i "sentimenti sussurrati" con un film pulp-grottesco?" Beh, proprio qui si rivela il talento di Tim Blake Nelson: nell'avere scritto una sceneggiatura "con gli attributi", dove le sfumature sono tante e tutte piuttosto riuscite. Tra le righe poi (anzi tra i fotogrammi), lo spettatore più attento non faticherà a cogliere gustosi momenti che mettono alla berlina certi atteggiamenti e mentalità che allignano tra la popolazione americana. Ad esempio l'ossessione del cittadino medio per le armi, la cui esigenza come strumento di difesa preventiva assume risvolti patologici. Oppure gli stereotipi della cultura ebraica che qui viene rappresentata parodiandone i luoghi comuni: l'ossessione per i riti religiosi, il tifo per l'ala estremista della politica di Israele, la proverbiale avidità, l'attitudine agli affari e ai traffici più o meno puliti. E, ancora, la cultura conservatrice e rozza della più profonda provincia americana, quel brodo culturale da cui peraltro ebbe origine un fenomeno come il Ku Klux Klan. Alla fine del film, si ha la sensazione di aver visto un pò di tutto. Aule universitarie, serre dove si coltiva scientificamente la marijuana, brutti ceffi e avanzi di galera, sofisticate disquisizioni su elementi di filosofia classica,  poetesse che afferrano sott'acqua pesci gatto a mani nude(!!), famigliole americane incupite dalla crisi economica, mamme stralunate e depresse, pushers arcigni, ebrei trafficoni, ammazzamenti truci compiuti con strumenti inconsueti...insomma una girandola di volti e situazioni (all'insegna del grottesco e del paradossale) che è l'antitesi della banalità. E veniamo al cast. Partendo proprio da quell'uomo spiritoso che è Tim Blake Nelson, che qui si è speso davvero al massimo: co-protagonista, co-produttore, sceneggiatore e regista. Un volto "un pò così" il suo, anche se con quell'aspetto non proprio rassicurante pare predestinato ad interpretare ruoli di avanzo di galera. Quanto a Ed Norton, c'è una cosa che è necessario dire. Sembra eccedere  in "gigionismo"...certe sue mimiche e posture paiono eccessive quasi al limite del ricolo. Eppure io ho in proposito una mia teoria che giustifica tali atteggiamenti sopra le righe: essi hanno senso solo se accompagnati alla recitazione in lingua originale...vederlo fare certe facce coniugate col doppiaggio italiano ho la sensazione che possa disperdere gran parte dell'effetto comico. Doverosa segnalazione per due partecipazioni molto speciali. Una sempre carismatica Susan Sarandon, anche se qui in un ruolo appena accennato, con un passato doloroso ma troppo poco indagato. Poi il veterano Richard Dreyfuss, in un personaggio anche questo forse troppo sommariamente delineato e che meritava un maggiore sviluppo. E infine un volto femminile del quale mi sono quasi innamorato, Keri Russell, un viso dotato di grazia elegante, raffinata, quasi aristocratica, qui sposato ad un ruolo scritto benissimo, dando vita ad una donna dalle molte sfumature e con una vena romantica che incanta lo spettatore. Gran bel personaggio, questa poetessa che ama citare Walt Whitman e che per hobby va a pescare sott'acqua catturando le sue prede a mani nude. Sarebbe interessante conoscerla nella vita reale, una tipa così. E magari innamorarsene come càpita al fortunato Ed Norton. E vorrei concludere con una nota personale. Il film non ha alcun divieto ai minori e dunque tutti lo possono vedere. Eppure...eppure...."qualcuno" ha pensato di sottoporlo ad una singolare forma di censura. Questo almeno è ciò che io posso dedurre dando un'occhiata sui quotidiani alla pagina delle cine-programmazioni nella mia regione. In parecchie multisale, infatti, il film non viene programmato di pomeriggio e, addirittura, in molte altre sale viene proiettato SOLO alle 22,30. Non posso fare a meno di collegare quanto appena detto con il soggetto del film, che ha come sfondo una azienda che produce artigianalmente marjiuana, sulla cui coltivazione viene fornito qualche dettaglio strettamente tecnico. Va però detto che questo riferimento costante alla "piantina" è condotto sul filo del gioco, basato su un registro narrativo brioso, improntato ad una deriva assolutamente caricaturale. E allora, che cosa si voleva perseguire, da parte di certi esercenti? Forse preservare la purezza del pubblico più giovane dalle insidiose suggestioni dello spinello tentatore? Oppure si temeva che il suddetto pubblico giovane si appuntasse sul taccuino i dettagli per un ipotetico manuale per la coltivazione della marijuana?
Ma per favore!!!
Voto: 8 e 1/2

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