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La prima linea

Regia di Renato De Maria vedi scheda film

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La recensione su La prima linea

di FilmTv Rivista
6 stelle

Alla fine si sono resi tutti conto che La prima linea di Renato De Maria non glorifica i terroristi, non è indulgente nei confronti delle loro azioni, non fa sconti sulla spirale di violenza che provocarono. Mesi di chiacchiere per niente. Ci voleva tanto ad aspettare di vedere il film? Storia liberamente ispirata al libro Miccia corta (Derive Approdi) che racconta il declino di Prima linea, la più grossa organizzazione terroristica italiana per numero di affiliati, della quale l’autore, Sergio Segio, fu la mente militare. Nel 1983 organizzò l’evasione della fidanzata Susanna Ronconi dal carcere di Rovigo, causando la morte accidentale del pensionato Angelo Furlan. Alle fasi di preparazione dell’attacco alla prigione si alternano le immagini del passato, e anche del futuro, dall’arresto di Sergio, il “Comandante Sirio”, a scendere fino alle prime azioni dimostrative e agli omicidi. Quello feroce e assurdo del giudice Alessandrini è ricostruito con estremo rigore. Principale sfumatura del film è la sobrietà. Certo alcune scelte sono discutibili: il silenzio sarebbe stato più opportuno del violino che suona mentre scorrono le immagini in bianco e nero delle stragi. Ed è sospetta la freddezza con cui l’evasione viene messa in scena, come a dimostrare l’inadeguatezza del cinema italiano per le scene d’azione, con relativa suspense. Però De Maria e gli sceneggiatori (Ivan Cotroneo, Fidel Signorile, Sandro Petraglia) rendono bene la dignità tutt’altro che letteraria dei personaggi sullo sfondo: le madri segnate, i padri dubbiosi, i compagni delle fabbriche che non condivisero le scelte assassine di quei ragazzi. In fondo sono loro, quelli che venivano sfocati nelle fotografie, ad avere fatto la Storia. Mancano, invece, gli anni 70, l’atmosfera di piombo dell’epoca, una scelta forse dovuta al clima politico e polemico di oggi, che ha indotto a essere reticenti sulla strategia della tensione. I produttori sono stati intimiditi fino a rinunciare al contributo pubblico. Si chiamano Andrea Occhipinti, Luc e Jean-Pierre Dardenne. I loro nomi mischiati a quelli degli attori, sui titoli di testa, sono la cosa più forte di tutto il film.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 46 del 2009

Autore: Mauro Gervasini

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