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Il concerto

Regia di Radu Mihaileanu vedi scheda film

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La recensione su Il concerto

di mc 5
10 stelle

C'è di che restare ammirati di fronte ad una pellicola che sa essere leggera, divertente, briosa ma al contempo grandiosa e maestosa come la musica immortale e immensa che ne commenta le immagini. Musica classica di quella eterna, epica e solenne evocata per una commedia brillantissima e frizzante come da tempo non se ne vedevano. Io stesso, che -ahimè- non ho mai visto il precedente "Train de vie", m'immaginavo un altro film. Immaginavo -non so se mi spiego- qualcosa di molto più naif e sempliciotto, la riproposizione di certi moduli di vita e di mentalità slavi, rimasticaticazioni del "modello Kusturica", insomma folklore derivativo. E invece ho visto un film lungo e complesso, frutto di un punto di vista preciso e di un ragionamento articolato rispetto all'Oggi e rispetto alla Storia. Adesso devo mantenere la calma e farmi forza, perchè mi sto per cimentare in un volo pindarico piuttosto ardito da cui non so se uscirò vivo, cioè tentare di stabilire un collegamento intellettuale tra il capolavoro di Giorgio Diritti "L'uomo che verrà" e questo film di Mihaileanu. Ebbene, io sono convinto che questi due splendidi film condividano in fondo una comune visione della Storia, un comune atteggiamento di grande umiltà e di desiderio di giustizia e rispetto nei confronti della povera gente. Sia Diritti che Mihaileanu assumono infatti il punto di vista di coloro che gli eventi della Storia (che siano la guerra oppure i grandi sconvolgimenti politici o le mutazioni storico-sociali) sono costretti a subìrli, non avendo che l'umiltà e l'impotenza da contrapporre ai Dittatori, ai Generali, ai Dirigenti di Partito, e alla loro arroganza e prepotenza. Diritti ha cercato di dire che la guerra fa schifo perchè si trascina dietro esplosioni di violenza incontrollata da ambo le parti e perchè può arrivare alla follìa di giustificare rappresaglie, vendette, ritorsioni, nell'ambito di un ciclo esasperato che non ha più fine. In altri termini, l'ottusità di chi antepone a tutto una supposta "ragion di stato", se ne frega di chi -in basso- deve subire la fame, la miseria, le umiliazioni. Il regista rumeno, più o meno, tende a dimostrare le stesse teorìe, attraverso la rappresentazione di un popolo russo che deve subire le conseguenze di follìe ideologiche e deliri di demagogìa in cui non crede assolutamente e che hanno il solo effetto di perpetrare il ruolo subalterno di poveri cristi che devono fare i conti ogni giorno con insormontabili difficoltà economiche. E questa gente del popolo matura una rabbia crescente vedendo il proprio tirare la cinghia contrapposto a ridicoli comizi in cui si continua ad esaltare un modello comunista che ha clamorosamente e rovinosamente fallito sotto ogni punto di vista: politico, storico, ideologico. Sotto questo aspetto, mi piace ricordare la scena all'inizio in cui si vedono quelle comparse, in mezzo ad un mare di bancarelle che smerciano ammenicoli e simboletti vari del comunismo, e che applaudono a comando ripetendo slogan fasulli imparati a memoria, arringati da pateticissimi individui impegnati in comizi-farsa. In questa triste immagine c'è la chiave per capire lo sfondo sociale che sta dietro la vicenda umana e sentimentale al centro del film. Lo sfondo di un regime che non è riuscito a realizzare nessuno di quegli ideali utopistici su cui poggiava i propri princìpi. A rappresentare in pieno gli umori del popolo, la frase sprezzante che Irina Filipovna (moglie del protagonista) sbraita all'indirizzo di un idiota funzionario politico, dicendogli che "non gliene frega niente del suo cazzo di partito". Ma, sempre in proposito, c'è un'altra sequenza molto più significativa. Ed è quando Filipov (il protagonista), visibilmente emozionato, espone la sua TEORIA DELL'ORCHESTRA come metafora di modello di civiltà e di comunità contrapposto al modello imposto dal Regime. E qui sta il cuore vero dell'opera, nell'ORCHESTRA intesa come autentica realizzazione di Modello Democratico. Una comunità in cui -attenzione!- trovano la loro perfetta attuazione quelle splendide parole di MARX qundo diceva: "a ciascuno secondo il suo bisogno, da ciascuno secondo le sue possibilità". Un principio, quest'ultimo, sublime quanto forse utopistico, ma che il Regime non ha saputo assolutamente realizzare. Lo stesso principio che guida la struttura e l'organizzazione dell'orchestra diretta dal Maestro Filipov, e che lì riesce a trovare una perfetta rappresentazione, con i musicisti che mettono in scena un impeccabile modello di SOLIDARIETA', in cui ognuno dà il suo contributo nel rispetto reciproco e dove si tende tutti a realizzare un meraviglioso concerto finale che sia la felice ed armonica sintesi del contributo di tutti. Tutto ciò viene rappresentato nel film attraverso il dramma di un uomo la cui reputazione e la cui dignità sono state calpestate dal Regime che ha inteso punirlo retrocedendolo da prestigioso Direttore d'Orchestra a uomo addetto alle pulizie. Ma quel Regime che lo ha umiliato ed offeso non ha minimamente scalfito l'intelligenza e la genialità di quest'uomo. Filipov infatti coglie al volo una curiosa opportunità. Egli, facendo montare nei minimi dettagli un grosso equivoco, riesce ad andare a Parigi, in un prestigioso teatro a dirigere un concerto molto importante. E sarebbe adesso troppo lungo descrivere le modalità con cui Filipov prepara il suo incredibile piano, che peraltro richiede di contattare tutti i vecchi componenti dell'Orchestra nella sua formazione originaria di prima che Filipov venisse degradato. Mi limito a dire che i vari orchestrali sono rappresentati dal regista con un tocco creativo geniale, che li rende umanamente piacevolissmi. Insomma, Mihaileanu racconta una storia appassionante, e lo fa con sapienza raffinatissima, mettendo in scena un mondo popolato di persone così simpatiche ed eccentriche che lo spettatore ne è conquistato in pieno. Non a caso, quando si sono riaccese le luci in sala, tra il pubblico che defluiva, la frase ricorrente era "che bel film!". Non posso fare a meno di sottolineare con vigore la bravura tecnica del regista, proprio nel senso delle inquadrature e dell'uso della macchina da presa, con spiccato riferimento alla lunga sequenza finale, quella del "concerto". A parte il fatto poi che in quella sede le nostre orecchie vengono deliziate dal dilagare superbo di una musica talmente sublime che quasi ci stordisce nella sua infinita ed inesprimibile bellezza.
Quella lunga sequenza finale, davvero degna di un regista eccelso, rappresenta per il protagonista una sorta di psicodramma attraverso cui rivive gli episodi più dolorosi della propria vita e che lo accompagna verso la riconciliazione col proprio passato. Ed è grazie a questa esorcizzazione dei propri sensi di colpa che Filipov ritrova un affetto famigliare da cui traumatici eventi lo avevano tragicamente separato. Geniale è anche il modo in cui Mihaileanu ha saputo (come un perfetto direttore d'orchestra!) "armonizzare" una storia drammatica contrappuntandola con personaggi divertenti, episodi della commedia più brillante ed autentiche piccole esplosioni di umorismo. Chi mi conosce sa quanto io ami un cinema cosiddetto "d'Attori". E qui chiedo scusa se mi dilungherò ma nel cast sono presenti interpreti troppo bravi perchè io possa ignorarli. Francois Berleand (nel film il direttore del teatro parigino, ha lavorato coi più grandi registi francesi, da Louis Malle a Claude Chabrol). Miou Miou (una colonna del cinema francese, popolarissima nel suo Paese). Anna Kamenkova (nel film la moglie di Filipov, attrice da noi totalmente sconosciuta, ma che qui ho apprezzato tantissimo). Valeri Barinov (nel film è Ivan Gavrilov, l'ostinato e ridicolo "uomo fedele al partito": altro attore mai visto prima, ma che qui offre una performance da standing ovation!). E un discorso particolare per un attore rumeno che interpreta un ruolo in fondo ridotto, ma che per il sottoscritto è quasi un mito da quando lo vidi un paio d'anni fa in "4 mesi, 3 settimane, 2 giorni" diretto da Cristian Mungiu. Si chiama Vlad Ivanov. Per chi di voi ha visto quell'ottimo film, il suo  ruolo -per me indimenticabile!!- era quello del loschissimo individuo che praticava aborti clandestini e poi pretendeva favori sessuali dalle sue pazienti. E per concludere, qualcosa di assolutamente imprevisto: un "giallo". Per me un autentico mistero che, non nascondo, mi inquieta anche un pò. Tra i "credits" del film appare anche un nome che non passa certo inosservato: Jacqueline Bisset, una delle attrici più brave e soprattutto affascinanti di tutta la storia del cinema . Secondo quanto riportano siti e giornali, lei dovrebbe ricoprire il ruolo di una certa "Betty". In realtà nel film, della Bisset non c'è neanche l'ombra. Io ho anche pensato ad una mia svista o distrazione, ma poi sul classico sito IMDB accanto al suo nome nell'ambito di questo cast, appaiono due paroline messe tra parentesi: SCENES DELETED. Ora, per quanto io abbia smanettato in internet, non c'è traccia su questo episodio oscuro. Perchè le scene girate con la Bisset sono state ELIMINATE? Qualcuno di voi ne sa qualcosa di più? Concludendo, io non ho nulla da aggiungere a quanto bisbigliava il pubblico in sala a proiezione appena terminata: "Che bel film!". PS: solo ora che ho concluso la recensione, mi accorgo di aver completamente ignorato la splendida Melanie Laurent. Rimedio subito. Lei è sempre più brava, sempre più intensa. Nei numerosi primi piani sul suo bel viso, osservate i suoi occhi: recita quasi più espressivamente con quelli che con la parola. Un prodigio d'attrice (...ed è appena agli inizi!).
Voto: 10

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