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L'uomo che verrà

Regia di Giorgio Diritti vedi scheda film

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cantautoredelnulla

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'uomo che verrà

di cantautoredelnulla
8 stelle

L'amarezza di questo film non può smettere di pervadere i miei pensieri. I partigiani, i tedeschi, la lotta armata, la sopravvivenza. Vedo affacciarsi alla mente questi pensieri più o meno scollegati, il dolore che attraversa la vita di centinaia di persone e la mia vita di spettatore impotente. So che tutto questo è esistito e mi spaventa. Io stesso, come uno dei personaggi della storia, non avrei il coraggio di sparare, non vorrei mai imbracciare un fucile. E qual è la fine che gli viene riservata? La morte, tra i primi. Non è una novità, la morte. Intendo dire, è la fine di tutti. Però l'omicidio ha in sé qualcosa di cruento e inaccettabile e non è forse la morte in sé, quanto l'autodistruzione che l'uomo riserva per se stesso perpetrata con indifferenza, col distacco dalla ragione e dall'emozione. Ma se siamo in grado di agire senza giudicare noi stessi e perdendo il contatto con quello che siamo, qual è la differenza tra noi e un leone che sbrana la sua preda? Qual è la differenza tra una mina antiuomo e l'essere umano? Sono ai poli opposti, con scopi opposti, eppure uguali. Se basta innescare per esplodere, se basta agire per avere una reazione uguale e contraria, spingere per respingere, dov'è l'essere umano? Non è stato forse studiato, insegnato e spiegato che la superiorità dell'essere umano è che tra l'azione che subisce e la sua reazione c'è il libero arbitrio, la coscienza di sé e la possibilità di decidere? Non c'è stato insegnato che l'astrazione è una delle qualità rarissime negli animali che appartiene a tutti gli uomini? E così c'è un tedesco che vuole salvare da un eccidio una donna perché gli ricorda la moglie, ma poi ammazza senza pietà un bambino che piange e anche quello poteva essere suo figlio. I tre protagonisti che più mi hanno colpito sono il Silenzio di Martina, questo muro di cui abbiamo bisogno per non credere che ciò che vediamo sia la realtà, per non potere mai giustificare le efferatezze della specie umana; il Padre, che fugge dalla morte, come può, con la speranza di ritrovare la vita e appena apprende della morte delle sue fondamenta, non esita a farsi suicidare dagli aguzzini, pronti ad ammazzare, pronti a reagire e a ricoprire il proprio ruolo, come da copione, non da essere umano; e infine i ringraziamenti dei titoli di coda, tanti, forse non ne ho mai letti così tanti. Quanto si deve alla storia, agli uomini, ai nostri predecessori, se oggi noi siamo quello che siamo? Se crediamo di essere rispettosi degli altri e per questo migliori di chi non lo è, quanto dobbiamo ai nostri genitori e ai nostri nonni? Quanto a chi prima di loro educò chi educò a sua volta loro? Questi infiniti ringraziamenti che chiudono il film sono la memoria condivisa che non dovremmo mai dimenticare e che dovremmo rievocare e mostrare a chi nega, a chi crede che tutto ciò sia frutto di una manipolazione politico-culturale. La storia che è raccontata in questo film, questa storia reale testimoniata dalle fosse comuni forse chiarirebbe le idee a qualcuno. L'uomo che verrà avrà il coraggio di rompere il silenzio e di scegliere, anche se la scelta è la più difficile e la più dolorosa, da che parte stare e difendere la propria scelta ricercando, in un canto atavico, la forza dell'amore più grande e incondizionato che unisce una madre a un figlio, l'uomo alla vita.

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