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Manhattan

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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La recensione su Manhattan

di Serum
6 stelle

 

Nella filmografia di Allen Manhattan riveste per me un ruolo particolarmente infausto, perché vedendolo provai per la prima volta quella sgradevole sensazione che accompagna praticamente tutta la sua recente produzione, riassumibile con la semplice frase:"Ma io questo film l'ho già visto!". In questo caso l'opera si chiamava Io e Annie, probabilmente la madre della commedia brillante contemporanea, di cui Manhattan costituisce una semplificazione (eufemismo per non dire banalizzazione): perché se in quel caso una storia d'amore piuttosto convenzionale veniva sezionata disordinatamente e ricostruita in prospettiva del suo esito finale, qui la stessa identica cosa (sono i medesimi personaggi in situazioni decisamente simili con addirittura, a tratti, gli stessi dialoghi riproposti in forma leggermente diversa) viene raccontata linearmente, senza alcuna intuizione rilevante che riesca a colpirmi ed anzi andando ad aggiungere la classica formula, vecchia come il cucco, del triangolo amoroso. La voglia di creare un parallelismo fra le vicende dei personaggi ed un'analisi estetica di New York (e quindi in qualche modo della contemporaneità) per quanto mi riguarda fallisce totalmente, arenandosi in dinamiche da commedia romantica che nel cinema del regista erano già arcinote ed in una veste decisamente più originale e coraggiosa: troppo facile emozionare con la Rapsodia in Blu (e quanto invece era raffinata e commovente la riflessione finale di Alvy Singer...), troppo comodo tornare da Mariel Hemingway dopo che l'altra ti ha dato il benservito (sia chiaro: la scena in sé è adorabile, ma davvero è sufficiente che una diciassettenne un po' sciocchina dica "bisogna avere un po' di fiducia nella gente" per chiudere il discorso?) e troppo forzatamente classicheggiante immergere tutto in un nostalgico bianco e nero (e anche qui: il lavoro di Gordon Willis è spettacolare, ma non stiamo parlando di Tarkovskij e questo film non è Andrej Rublev, non bastano particolari momenti visivamente suggestivi per nobilitare il risultato). Ciò che resta è una commedia con Allen in splendida forma: motivo più che sufficiente per fargli meritare una visione.

 

 

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