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Il riccio

Regia di Mona Achache vedi scheda film

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La recensione su Il riccio

di billykwan
8 stelle

Viviamo in un mondo fatto d’immagine, anzi in un immenso acquario dove ci muoviamo come pesciolini rossi, per usare le parole di Paloma. I pesciolini rossi vivono con isterica frenesia la quotidianità, parlano ma non ascoltano, guardano senza vedere. I pesciolini rossi sono supponenti, innamorati di loro stessi e dei propri microcosmi. Per i pesciolini rossi Paloma è una dodicenne intelligente ma con problemi di socializzazione, Renée null’altro che una portinaia scontrosa e invisibile, Kakuro un gentiluomo giapponese cui perdonano l’eccentricità perché accompagnata da un cospicuo conto in banca. Paloma non parla coi pesciolini rossi, si limita a filmarli per realizzare quello che sarà il suo testamento spirituale, perché Paloma ha deciso di suicidarsi il giorno del suo dodicesimo compleanno, perché non intende trascorrere l’esistenza in una teca.
Ma gli animi sensibili hanno un’affinità di fondo, un qualcosa che li porta ad avvicinarsi e a scoprirsi, al di là dell’estrazione sociale. Paloma e Kakuro intuiscono che Renée non è altro che un riccio, che dietro le punte irsute cela un’umanità ricca di cultura. I due entreranno nell’intimo del riccio e gli faranno abbassare le difese e ne coglieranno la bellezza. Renée imparerà a volersi più bene, Paloma troverà due persone con cui parlare, Kakuro qualcuno con cui condividere.
Il finale tragico aiuterà Paloma a capire la vita e l’incontro con due persone speciali le darà la speranza che da grande, più che un pesciolino rosso, potrà essere una principessa.
L’esordiente Achache confeziona una pellicola intimista, giocata sui toni lievi della commedia per sorprendere con un finale inaspettato. E’ un film sulla crescita, sull’osservare e sullo scoprirsi, contro i pregiudizi e le sovrastrutture, ed è un film sulla speranza che ci insegna che vivere è coltivare il proprio animo.

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