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Il riccio

Regia di Mona Achache vedi scheda film

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La recensione su Il riccio

di mc 5
10 stelle

C'era una certa attesa in giro per l'arrivo di questo film, soprattutto da parte di chi aveva letto il romanzo originario da cui è stato tratto (e io non sono fra questi). Meglio sorvolare poi sulle recentissime polemiche che hanno visto l'autrice Muriel Barbery dissociarsi pubblicamente dal risultato finale, giudicandolo estraneo allo spirito della propria opera. Dichiarazioni di questo tenore lasciano sempre l'amaro in bocca, anche se la mia opinione tenderebbe a sposare la teoria secondo cui Madame Barbery aveva firmato un contratto in cui cedeva alla produzione il diritto di utilizzare il suo romanzo e a questo punto trovo il suo lamento sia tardivo che poco opportuno. A meno che dietro questo atteggiamento della Barbery non vi siano altri calcoli economici che preferirei non approfondire. Comunque sia, il giudizio di uno che non ha letto il libro, e cioè il sottoscritto, è non solo positivo ma addirittura entusiasta. Siamo ancora reduci dalla celebrazione (termine da intendersi in senso squisitamente laico) delle Feste di fine anno e pellicole come questa, nella probabile intenzione di produttori e distributori, si inseriscono in ambito di esaltazione di buoni sentimenti e di buoni propositi alla soglia di un nuovo decennio. Eppure ci sono diversi stili e diversi toni possibili nell'esprimere le attitudini più positive e solidali cui sono ispirati i buoni rapporti fra esseri umani. Prendiamo in esame i film in questi giorni nelle sale. Troviamo un film come "Hachiko" che ricatta ignobilmente lo spettatore, ricorrendo ad un subdolo repertorio che lo aggredisce neutralizzando ogni possibile resistenza alle lacrime. Ma per fortuna c'è anche questo "Riccio" che induce lo spettatore a commuoversi, ma attraverso un processo di riflessione che nasce dalla proposta di due universi interiori (due donne), raccontandone i lati più segreti, le insoddisfazioni, le aspettative, le percezioni più intime. Lo spettatore, di fronte al delinearsi di due personalità così complesse e sfaccettate, non può che farsi coinvolgere e stringere con le due protagoniste una sorta di patto di solidarietà e condividerne la ricerca di una difficile serenità. Ad aiutare gli spettatori in questo meccanismo di identificazione, un tono complessivo estremamente delicato e lieve che oltre a funzionare egregiamente sul piano narrativo, rende la visione assai godibile. La sceneggiatura è dunque piuttosto agile nel favorire il disvelarsi di due personalità ricche di sfumature complesse, di angoli non smussati, di percezioni di infelicità, di rassegnazione ma non di sconfitta. C'era una frase, attribuita ad un famoso poeta, che ogni tanto mi piace riproporre in queste mie recensioni, e mi sembra sia questo il caso di evocarla, naturalmente adattandone il contenuto al sesso femminile delle due protagoniste:"Nessuna donna è un'isola". E infatti la sceneggiatura ci propone due donne apparentemente lontanissime, diverse per età, censo e storia umana alle spalle. Una è una quasi dodicenne che vive con estremo disagio un'esistenza in cui essa non vede sbocchi, all'interno di una famiglia ricca che le vuole bene secondo criteri affettivi comuni ma che in realtà non si sforza minimamente di capirla, di interpretarne le bizzarrie, di penetrarne la solitudine. In effetti, da spettatori non possiamo che restare almeno un pò perplessi di fronte ai tre famigliari che questa ragazzina si ritrova accanto. Tre esemplari di esseri umani uno più balordo dell'altro. Una madre completamente succube di terapie psicanalitiche e di farmaci antidepressivi che ne fanno una donna totalmente insicura, immatura, incapace di affrontare la vita e che si maschera dietro una insopportabile aria da svampita. Il marito è un politico importante talmente preso dal suo lavoro da essersi imposto una personalità rigida e incapace di sciogliersi nell'umanità dei sentimenti. E infine c'è la sorella maggiore della protagonista, sciocca e assai limitata nei propri orizzonti, totalmente incapace di vedere più in là del del proprio piccolo mondo borghese. Bella famiglia, eh? Ecco. Come pensate che possa sentirsi, compressa dentro un simile ambiente, una ragazzina iper sensibile, iper intelligente, iper curiosa? E' inevitabile che maturi un suo speciale meccanismo di reazione. Diciamo che giunge a formulare un'analisi estremamente disincantata del mondo che la circonda e questa sua disillusione, che la fa apparire a tratti fredda e quasi cinica, la spinge ad individuare una soluzione finale che culminerebbe -secondo i suoi meticolosi piani- nella catarsi di un progettato suicidio da attuarsi al compimento del dodicesimo anno d'età. E l'altra donna? Altro personaggio problematico. Vedova 54enne che fa da sempre la portinaia e che vive questo suo mestiere come una specie di "ruolo definitivo totalizzante" che lei si è cucita addosso, quasi una gabbia che lei stessa si è costruita come fosse una sorta di rifugio dove potersi crogiuolare nella malinconica bambagia della propria inadeguatezza ed infelicità. In pratica una persona che vive male ma che dà l'impressione di "essere contenta così". In realtà questa signora nasconde dietro questa maschera di pacificata rassegnazione una inconfessabile esuberanza di sentimenti e una voglia inaudita di amare e di essere amata. Siamo di fronte ad un personaggio splendido, pieno di sfumature non sempre percepibili, di piccoli gesti impacciati, di sguardi interrotti, di movimenti che si bloccano per poi ripartire. Immaginate un pò quali sconvolgimenti, quali tempeste del cuore, si possano scatenare in lei, quando nella sua esistenza rassegnata e grigia, piomba improvvisamente una singolare figura di corteggiatore, un vedovo giapponese dai modi gentili e sapienti che, con estremo tatto e gentilezza, riesce a valorizzarne la bellezza interiore (ma anche esteriore!). Il film descrive questa "tempesta emotiva" e la fibrillazione con cui la donna vive questa novità, in modo assolutamente strepitoso, attraverso una serie di primi piani del suo viso, tra l'esterrefatto e il riflessivo, che divertono e catturano lo spettatore. Ma l'altro aspetto che contribuirà a mutare definitivamente la personalità di questa donna è l'incontro con la ragazzina. Il fatale contatto tra due persone così insoddisfatte e soprattutto chiuse nella propria abitudine a subire un mondo quotidiano in cui non si riconoscono, non può che generare un corto circuito che produrrà effetti miracolosi in entrambi i personaggi. Anche perchè poi nessuna delle due è ciò che sembra essere. Una ragazzina eccentrica e solitaria che nasconde una personcina in cerca di affetto e di qualcuno che si sforzi di comprenderne le aspirazioni. Una portinaia taciturna e rigida che pare aver rinunciato a godere dei lati belli della vita e che nasconde una persona in cerca di qualcuno che la liberi dalla propria "opacità". Le due donne fanno ognuna le proprie mosse, anzi in realtà è la ragazzina che osa per prima entrare nella stanza della burbera portinaia (stanza metaforica oltre che reale, un rifugio strabordante di libri). Insomma, fatalmente, le due donne, dopo essersi annusate, cominciano ad aprirsi reciprocamente, confessando l'una all'altra la propria autentica natura, generando un effetto di "mutuo soccorso" reciproco che coinvolge e commuove lo spettatore, il quale fatica a trattenere le lacrime alla sequenza in cui le due protagoniste, abbattuta ogni residua barriera, si abbracciano calorosamente, liberando voglia di affetto e di solidarietà. Ma c'è una cosa che vorrei chiarire. A mio avviso (lo dico perchè su questo punto ho già letto pareri opposti al mio, era inevitabile) il film è dignitoso nel senso che non è assolutamente ricattatorio, per intenderci non si arruffiana il pubblico col fine di ESTORCERGLI la lacrima. Dunque nessuna furberia, ma tanta (tanta) delicatezza. E una profonda umanità che ha modo di estrinsecarsi in maniera clamorosa e sorprendente nel colpo di scena finale, che coglie di sorpresa ogni persona in sala (che non abbia letto il libro, ovviamente). Questo "evento" finale riesce ad imprimere all'opera uno spirito ancor più emozionante, che si materializza sui titoli di coda in un ultimo pensiero affidato alla ragazzina: si tratta di una frase di quelle che ti toccano il centro del cuore; anzi, sarebbe forse il caso, subito fuori dalla sala, di annotarsela su un bloc notes, perchè essa non vada dispersa o rimossa...sarebbe un peccato. (PS1): Ho omesso di riferire sul cast. Pazienza. I nomi delle due attrici li potrete leggere sulle schede del film che potrete trovare un pò ovunque. Voglio solo avvertirvi che si tratta di due attrici talmente brave che potreste correre il serio rischio di innamorarvene. Come è capitato a me. (PS2): Solita domanda: ma perchè diamine noi italiani non riusciremo mai a fare un film così? ..maledetti cineasti francesi: vi amo. (PS3): Vi piacciono i gatti? E la cioccolata fondente? Se entrambe le risposte sono un "sì", apprezzerete in modo speciale questo film. (PS4): Questo è un film che fa "incontrare" le persone anche fuori dallo schermo, in sala. Infatti, all'uscita, io mi sono ritrovato a discutere amabilmente del film con persone che non conoscevo assolutamente. Quindi ho anche fatto nuove amicizie. Bello, no?
Voto: 10

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