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The Blind Side

Regia di John Lee Hancock vedi scheda film

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Karl78

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La recensione su The Blind Side

di Karl78
7 stelle

Non c’è troppo da dire a mio avviso, cinematograficamente parlando, a proposito del film in questione. È uno come tanti, un pelo meglio o un pelo peggio dipende un po’ da molti fattori non ultimo il nostro personalissimo gusto o stato emotivo del momento. Preferirei quindi concentrarmi più su altro. Ad esempio sul perché in Italia non sia arrivato in sala e sul perché probabilmente avrebbe avuto una fredda accoglienza (ma non è detto), comunque (ma non è detto nemmeno qui, a meno che non ci si voglia fermare alle valutazioni della critica) accompagnato da risatine, da ‘non sono nato ieri e la so lunga’ e da immancabile senso di superiorità morale.

 

The Blind Side è il tipico film tutto sommato ‘buonista’ che rassicura il pubblico americano. E infatti al pubblico è piuttosto piaciuto. Alla critica un poco meno, anche per evidenti questioni ‘tecniche’ – nonostante abbia regalato l’Oscar a Sandra Bullock – più che ‘ideologiche’, ma comunque non lo ha nel complesso demolito. In Italia mi pare sia piaciuto meno o comunque meno 'convintamente', anche se è difficile dire non essendo stato distribuito in sala. E non a caso. Non a caso perché nell’opinione diffusa italiana, a me pare, non esiste che una famiglia di benestanti repubblicani si prenda un cazzo di negro in casa praticamente senza colpo ferire. E il siparietto su quanto la famiglia adottiva influenzi o meno le scelte universitarie del negretto, anzi del negrone, è ritenuto appunto un siparietto, una macchietta, una questione al massimo di secondaria importanza. Non è così in USA.

 

La libertà di scelta, per quanto possa esser condizionata e anzi proprio per questo, è ritenuta cosa seria, e proprio gli eventuali condizionamenti, provengano essi dallo Stato, dal mercato, dal censo, dalla cultura, dalle relazioni di vario potere e rapporti di forza, sono causa di diffuso, ampio e continuo dibattito (e sorvoliamo sui vincoli biologici, genetici, cognitivi e su fino alla natura deterministica dell'universo che arrivano a porre in dubbio la possibilità e l'esistenza stesse della 'libertà di scelta', se non come illusione). In Italia diciamocelo… no. O lo sono all’acqua di rose. La responsabilità personale ci puzza, e in qualche modo anche le questioni inerenti libertà, autonomia e intraprendenza della persona, dell’individuo. Che ci pensi lo Stato via, si delega (è vero che esistono eccellenti realtà di associazonismo ma altrettanto che associazioni private, della società civile, che si occupino di assistenza e solidarietà ma pure associazioni in genere, anche sportive, sono in costante calo in Italia, almeno dai dati di cui sono a conoscenza).

 

Negli USA è un po’ diverso. La cultura diffusa, di ascendenza 'liberale', tende a limitare e perimetrare molto di più l’azione dello Stato anche in questo, e a delegare alla società civile. Il singolo, o il singolo in associazione e cooperazione, deve - idealmente almeno - responsabilizzarsi e farsi carico di certi problemi, soprattutto se la situazione socio-economica glielo permette. Portatori di tale visione si trovano 'tradizionalmente' più tra repubblicani e cosiddetti libertarians che non tra i liberal democratici – che auspicano tendenzialmente un intervento maggiore da parte dello Stato: welfare state vs welfare society qualcuno ha scritto, anche se in realtà le due cose non si escludono ma per buona parte degli schieramenti è piuttosto questione di misura, di limiti appunto. Di conseguenza, quel che qui da noi può sembrare una favoletta buonista e irreale, per quanto in effetti reale, lì lo è meno. È presente uno zoccolo duro, piuttosto diffuso, che in tutto ciò ci crede, ci crede fermamente, ci crede consapevolmente, e lavora affinché si realizzi.

 

A mio giudizio, in linea generale, farebbe comunque bene agli italiani riflettere su certe questioni, pur poi nella diversità inevitabile di risposte e di soluzioni. Poi fate vobis…

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