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L'amore e basta

Regia di Stefano Consiglio vedi scheda film

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La recensione su L'amore e basta

di spopola
8 stelle

Stefano Consiglio con questa sua nuova opera, conferma di avere davvero il passo giusto per realizzare interventi cinematografici sulla realtà  (preferisco chiamare così il suo documentario L’amore e basta) degni di nota e di interesse: ha dalla sua la semplicità della chiarezza, e soprattutto l’idea forte di un pensiero che si concretizza in un evidente e stratificato lavoro di preparazione che porta poi ad elaborare il tutto con una pragmaticità sorprendente. Insomma, va dritto al bersaglio e lo centra con straordinaria acutezza priva di sbavature e di compiacimenti.
Le sue domande sono acute e dirette, secche, precise, e senza troppo girarci intorno, sanno andare dritte al nocciolo della questione, pretendendo risposte ugualmente chiare ma al tempo stesso articolate e prive di mistificazioni. Tutto risulta così spontaneo, naturale, anche coraggioso, senza che nessuno (né chi organizza la chiacchierata, né chi risponde) senta la necessità di camuffarsi o di nascondersi dietro le parole, poiché si parla del sentimento, di che cosa significa aver deciso di stare insieme, di essere una coppia, del primo incontro … di come è nata la passione… del pudore del primo bacio, del progetto condiviso di essere una famiglia. Nessuna pruderie dunque, né sotterranei sensi di "curiosità perversa", ma la spontaneità di parlare delle proprie storie così analoghe nell’esposizione  delle cose, da confondersi perfettamente con quelle della cosiddetta “normalità”, poiché non è lo status quo di un orientamento sessuale che può modificare o differenziare la forza del legame dell’unione  di due vite (non importa quanto dura, se un mese, un anno o tutta una vita: fino a che esiste e unisce, sempre amore è e non ci possono essere altre parole per definirlo, e forse a volte proprio per le difficoltà che incontra ad estrinsecarsi, a palesarsi in queste circostanze che stentano a farsi riconoscere ed accettare,  risulta essere semmai più indomito, come ogni rapporto contrastato insegna.
Sono nove interviste le sue, ad altrettante coppie non omologate (voglio essere gentile e utilizzare questo termine per definire un fatto che di anomalo ha soltanto il mancato riconoscimento non solo giuridico della liceità di “esistere", almeno qui da noi in Italia, schiacciati come siamo sotto il torchio di un’idea di famiglia unidimensionale che non è più al passo con i tempi e forse non lo è mai stata) raccolte e raccontate un po’ in giro per l’Europa, cosi da marcare cin maggiore evidenza prorpio le differenze, di pensiero, dal profondo e "martoriato" sud sicilianese alla ridente Spagna dell’era Zapatero, transitando per Francia e Germania e ancora in altri lidi, tutte di un a lucidità estrema e assolutamente prive di strumentalizzazioni ,poiché lo sguardo non è di parte, non ci sono interessi privati da difendere, visto che il regista è dichiaratamente eterosessuale, ma non viziato dal preconcetto, e così può spaziare a piacimento per indagare  a tutto campo e scoprire che non c’ è niente di perverso e pauroso dentro le storie di coppie che si amano ma sono dello stesso sesso…  nulla che possa spaventare così tanto il bigottismo della stupidità.
L’amore e basta in definitiva (e mai titolo fu più azzeccato), perché è proprio di questo che si parla, e se le unioni sono gay,  riguardano due uomini o due donne, è un fatto ininfluente, personale, che merita rispetto e accettazione, poiché il quadro che ne risulta, pur con le diverse posizioni (per esempio rispetto all'ipotesi "figli" ci sono, e giustamente, inevitabili divergenze) è di assoluta “normalità” (di pensiero, di sentimento e di progetto di vita, intendo).
Per Consiglio e i suoi collaboratori, gli uomini, le donne che ha di fronte, quelle con le quali dialoga  e indaga, sono soltanto delle persone “degne di rispetto e di attenzione” né più e né meno delle altre che non sono additate nè messe all'indice, e non certamente fenomeni da baraccone da “studiare” con la curiosità supponente di chi li considera un’anomalia un po’ perniciosa da cui difendersi.
L’indagine, (il film ) è dunque utile e necessaria, poiché oltre a raccontare una verità ineludibile, ci fa ancor di più comprendere l’abisso di arretratezza in cui il clericalismo bigotto ci ha precipitato e ci tiene relegati.
Le storie sono tutte in positivo, ovviamente (non poteva essere altrimenti, visto la tematica scelta) ma non per questo meno esaustive per asserire senza possibilità di smentita, che se variano le inclinazioni sessuali (e non è una scelta cime si vorrebbe far intendere, perché, come giustamente risponde a una precisa domanda  uno degli intervistati, “se ci fosse stato concesso di scegliere avremmo certamente optato per l’eterosessualità, poiché  avremmo avuto una vita con molti ,ma molti meno problemi e discriminazioni” . Ma vaglielo a far capire al papa e ai governanti…. e a tutti gli altri saccenti “portatori” del verbo…

Al di là del commemnto salace chdel quaqle non ho potuto fare a meno, un’opera didattica ben impaginata (vivacizzata da gustosi siparietti animati e da un’appropriata introduzione con il contributo di Luca Zingaretti su testi di Massimo Nove) che meriterebbe una circolazione adeguata e capillare,  a partire (perché no?) proprio dalle scuole…. Ma è pretendere troppo? Immagino di si,  visto come siamo messi, ma io ci provo a lanciare la provocazione, poiché se Consiglio non è di parte, lo sono io, e non me ne vergogno, ed ho dovuto per questo subire vessazioni emarginanti che mi fanno ancora male.

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