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The Hole

Regia di Joe Dante vedi scheda film

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La recensione su The Hole

di mc 5
8 stelle

Ci sono dei registi in cui ognuno di noi ripone la propria fiducia, cineasti verso cui nutriamo un senso di complicità. Per quanto mi riguarda, sicuramente Joe Dante è fra questi. Egli ha realizzato una serie di film che certo non si possono definire capolavori, ma che offrono spunti interessanti, opere che ispirano simpatia, in gran parte destinate ad un pubblico giovane, con frequenti incursioni nel terreno dell'horror ma sempre visitando il genere con sapienza e sovente anche con ironìa. Potremmo quindi definirlo un artigiano con l'occhio rivolto molto più al piacere e alla passione per il "genere" che ai meccanismi del box office e alle leggi di Hollywood. Nello specifico, più che ai "Gremlins" (l'opera che ha contribuito a decretarne la vasta popolarità), io resto legato in particolare alla sua pellicola di culto per eccellenza, il mitico "L'ululato". Apprezzo il suo "gusto" speciale nel fare cinema, uno sguardo complice che condivide quasi sempre coi fans ed estimatori. E questo suo ultimo lavoro, "The Hole 3d", non fa eccezione. Con buona pace di chi ha voluto individuarvi un Dante minore o un Dante senza novità. D'altra parte questa è un'opera che si pone come emblematica di un genere, come una visitazione di una serie di elementi che appartengono al più classico stile teen-horror. Popcorn horror? Può essere, ma io non pronuncerei questo giudizio col tono di chi emette una sentenza di condanna. Ci sono registi (e fra questi citerei anche il grande Wes Craven) che quando dirigono film "paurosi" ma coniugati in salsa giovanile, paiono acquisire un vigore particolare, come se loro stessi si stessero divertendo parecchio a sbizzarrirsi nel ripercorrere territori già sfruttati ma a cui aggiungono brillantezza e frizzante ironìa. Proprio ciò che caratterizza quest'ultima opera del "maestro" Joe Dante. Solita casa dove si nascondono entità minacciose VS solita famigliola americana, probabilmente obamiana, composta da un frugoletto curioso e da un adolescente rockettaro, nonchè una malinconica mammina bionda con un passato coniugale sbagliato che le ha lasciato molte cicatrici. Solite cose, okay, ma proposte da Dante in una chiave gradevolissima, divertente, piacevole. C'è poco da fare, Dante possiede ormai un'esperienza tale che un film del genere può permettersi di dirigerlo inserendo il pilota automatico. E pazienza se qualcuno si aspettava qualcosa con maggiore spessore o un'opera leggermente più impegnativa. Ciò non sposta comunque di un millimetro che Dante rimane un piccolo genio di quel cinema che potremmo definire di "intrattenimento e paura", anche se non perderei del tutto la speranza che Joe torni un giorno a sorprenderci con qualcosa di realmente terrorizzante. A questo proposito, devo confessare che mi sono perso quel paio di sue recenti opere da lui dirette nell'ambito della serie "Masters of horror" e delle quali si parla piuttosto bene in giro, dunque in felice contrasto con coloro che sposano la tesi di un Dante in declino. Vorrei cominciare ad affrontare il film partendo da un paio di dettagli che hanno pochissimo peso nell'economia complessiva della pellicola, ma che rappresentano quel "quid" che rafforza quella complicità cui accennavo tra Dante e i suoi fans. Mi riferisco ad una tv che trasmette immagini del mitico "Godzilla", ma soprattutto ad un cammeo fulmineo ma che ai cinefili strappa un sorriso compiaciuto, cioè l'apparizione di un tizio che consegna pizze a domicilio: per pochi secondi vediamo il volto perplesso di Dick Miller, anziano attore feticcio di Joe Dante, nonchè noto caratterista della vecchia guardia hollywoodiana. La storia l'ho accennata prima, ed è così esile che la si può sintetizzare in due righe. Una famigliola americana trasloca, proveniente da Brooklyn, in un piccolo centro della provincia. Nella cantina della nuova dimora campeggia una botola che da subito porta oscurissimi presagi di sventura, materializzati in un pupazzo malefico. Ma, come si può immaginare, il film ci vuole soprattutto comunicare la solita teorìa che "le vere paure sono dentro di noi", che le vere minacce sono da individuare nei conti in sospeso col nostro passato irrisolto, in pratica che i mostri siamo noi coi nostri fantasmi mentali. Idee e argomenti, come si vede, per nulla sofisticati e molto famigliari a chi abbia già una pur minima frequentazione del genere. Il tipo di film in cui solo uno sprovveduto può cercare l'elemento di novità, e in cui l'importante è che il film "stia in piedi", cioè che non si vàrchino i confini del ridicolo. E in questo senso "The Hole 3d" ha tutte le carte in regola per funzionare dignitosamente. E non a caso, appena uscito, è subito balzato al primo posto del nostro box office; solitamente non mi interessano questi dati numerici, ma stavolta c'è un motivo di soddisfazione reale: Dante ha scalzato dalla vetta degli incassi del weekend uno dei film più cretini e più insulsi mai realizzati, il vomitevole "Sex and the city 2". Il cast? Beh, sono tutte facce che mi erano prima d'ora ignote, ma tutti comunque piuttosto bravi a ricoprire ruoli che, peraltro, non è che richiedessero sforzi attoriali particolarmente impegnativi, se si esclude forse il dolente personaggio della madre, interpretato da un'affascinante Teri Polo. Ma è necessario segnalare la presenza di un ospite speciale, il veterano Bruce Dern (per la cronaca padre di Laura Dern), nei panni di un vecchio svitato e inquietante. Ciò detto, posso solo aggiungere che il film dura appena un'ora e mezza, non annoia per niente, e scivola via piacevolmente. Nello spazio che mi resta vorrei affrontare un tema che in sede di recensione di "Final destination 3d" avevo dimenticato di sviluppare. L'argomento è quello della visione tridimensionale. Premettendo che, nel caso del film in questione, tale sistema è stato usato con molta parsimonia (e diciamocelo: si poteva anche farne a meno), il punto però è un altro. E precisamente: cosa diavolo sta accadendo nelle sale italiane attrezzate al 3d?? Io è da parecchio che ho riscontrato qualcosa che mi ha reso fortemente perplesso e da quest'ultima visione ho ricevuto ulteriore conferma. Anche questa volta ho voluto vedere il film in due diverse multisale e...credetemi, non ci sto capendo più niente. In una delle due sale la visione è stata funestata e penalizzata da quel fottutissimo "filtro scuro" che determinava un tale "effetto notte" che a tratti mi impediva perfino di distinguere i contorni dei volti, come se tutto il film si svolgesse in una sorta di fastidiosa penombra. La seconda successiva visione (in altra sala) si è rivelata invece pressochè perfetta, dotata di adeguata luminosità che mi ha finalmente consentito una fruizione in pieno relax. Io, a questo punto cosa devo pensare? Non so se sia la verità, ma l'ipotesi che posso formulare è una soltanto: che esistano esercenti i quali, per tirare al risparmio, utilizzano impianti 3d di scarsa qualità tecnica. Però, i soldini del sovrapprezzo per gli occhialini, li incassano eccome.
Concludendo. Amo il cinema di "avventura-paura" di Joe Dante perchè dentro ci posso trovare tracce di Corman e Disney, di Hitchcock e Bava. Un'idea di cinema che si colloca agli antipodi rispetto al Nulla Fracassone di "Iron Man". Amo i perdenti. Preferisco i soldatini di piombo alla Playstation. Fanculo i Supereroi, cialtroni quando agitano i muscoli, ridicoli quando fanno gli spiritosi, patetici quando fanno la parodìa di sè stessi. No. Io sto con Joe e le sue botole.
Voto: 8 e 1/2

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