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Lourdes

Regia di Jessica Hausner vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Lourdes

di laulilla
7 stelle

la libertà di Dio e i dubbi di chi soffre

 

Jessica Hausner, regista austriaca quasi sconosciuta in Italia e tuttavia gratificata per questo film (presentato a Venezia nel 2009) da un European Film Awards, racconta la solitudine profonda e incolmabile degli infermi che vanno a Lourdes nella speranza di trovare finalmente la liberazione miracolosa dalla malattia e dal dolore. 

Lì ogni cosa è studiata per accoglierli: non mancano i volontari che li aiutano negli spostamenti, né i preti che ne confortano l'anima, né i luoghi predisposti per il loro soggiorno, né gli ospedali ben attrezzati, ma l’impressione che l'efficientissima macchina organizzativa lascia in noi che vediamo il film è che non si possa offrire agli infelici un vero e solidale sostegno, perché il dolore più lancinante non proviene dal corpo, ma è dato dal senso di ingiustizia che coglie ogni malato grave, quando riflette sul proprio individuale destino e lo confronta con quello dei suoi simili, risparmiati dal morbo. 

Alle loro domande (non diverse da quelle che tutti noi prima o poi nella vita ci poniamo, riflettendo sulla morte), non arriva risposta, perché una risposta, probabilmente, non è possibile.

 

“Dio è libero”, dirà il sacerdote a chi gli chiede ragione della guarigione improvvisa e imprevista della giovane non credente protagonista Christine (Sylvie Testud), che sembra ingiusta, a fronte del persistere della malattia in chi è a sua volta malato e ugualmente sofferente e ha sempre onorato e pregato Dio.
Se da un punto di vista teologico e filosofico la risposta è ineccepibile, essendo Dio l’essere incondizionato per definizione, bisogna ammettere però che non è una risposta sufficiente a risarcire chi della libertà di Dio si sente quasi vittima. L’altra domanda correlata è infatti quella, presente a sua volta nel film, circa il rapporto fra l’onnipotenza e la bontà di Dio: perché Dio, l'essere infinitamente buono e onnipotente, permette tanto dolore?

 

Christine non chiede altro che di vivere, facendo ciò che fanno gli altri giovani e che la sua crudele sclerosi le ha negato da troppo tempo: amare, ballare, progettare la propria vita...Anche gli altri malati non chiedono altro e vivono come un’ingiustizia il “miracolo” che sembra improvvisamente aver graziato solo lei.

 

Che cosa bisogna fare per tenere il dolore lontano da noi? la Chiesa, ancora una volta, non può che ricordare, senza convincere, che sono le anime, non i corpi l'oggetto privilegiato delle sue cure, in contraddizione sia con l’apparato medico e terapeutico che sorge intorno al luogo sacro, sia col mercato diffuso e consentito di acqua benedetta nelle bottigliette, di immagini consacrate, di ogni tipo di souvenir kitsch.

 

Il gigantesco rito propiziatorio di massa, che si ripete negli anni e nei secoli, è, dunque, soprattutto uno strumento di organizzazione del consenso e una esibizione di potere?

 

La regista,  descrivendoci questa realtà, non dà giudizi: ne prende atto e comunica impressioni, dubbi, sensazioni, ma non ha soluzioni da proporre ciò che, secondo me, va considerato un merito, perché induce lo spettatore a esercitare il proprio personale senso critico e a rifuggire dalle semplificazioni comode.
Film insolito, privo di retorica apologetica, ottimamente interpretato.

 

 

 

 

Recensione riscritta per questo sito

già pubblicata su Mymovies

il 13/02/ 2010

 

 

 

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